«Controllate singole caselle di posta sul server», accusa l'ex dissidente a 5 Stelle dopo lo scoppio del Mailgate riferendosi all'azienda Wr Network SRL
«Dopo i quattro giorni in cui i loro tecnici hanno lavorato sul server, io e il tecnico della Camera lo abbiamo ripristinato e il registro eventi, una traccia che non si può cancellare, riportava che erano state fatte azioni per controllare singole caselle di posta»: dopo quattro giorni di silenzio finalmente Massimo Artini parla del Mailgate del MoVimento 5 Stelle e fa un’accusa precisa, anche se non si sa quanto credibile, a proposito dell’accaduto. Sostiene Artini in un’intervista a Repubblica che sul server che teneva su il sistema di email indipendente con cui una trentina di parlamentari tra tutti gli eletti del MoVimento 5 Stelle comunicavano tra di loro le operazioni della società indicata dalla Casaleggio, la torinese Wr Network SRL sono rimaste nel registro eventi e da lì i grillini hanno scoperto che erano state controllate le caselle di posta. L’accusa è finalmente circostanziata, anche se non si sa quanto sia credibile, e questo permette per lo meno di capire un po’ di più sugli eventi che hanno preceduto l’espulsione di Artini e Pinna e avviato poi l’esodo del gennaio scorso. «Indagate piuttosto sul portale parallelo che aveva creato per far lavorare la commissione Difesa. Era identico a quello ufficiale e per accedervi bisognava inserire gli stessi nome utente e password che usiamo sul blog. Avrebbe potuto rubare quei dati, è questa la vera storia», sostiene invece Ivan Della Valle accusando Artini.
In attesa della completa chiarificazione della storia però ci sono molti episodi, riepilogati oggi nell’articolo di Tommaso Ciriaco e Annalisa Cuzzocrea, che hanno insospettito e fatto infuriare soprattutto quelli che oggi sono fuori dai 5 Stelle. Parla ad esempio Walter Rizzetto, che oggi fa manifestazioni con Fratelli d’Italia:
«Ma c’erano sempre due operatori della Comunicazione con una telecamera – ricorda Walter Rizzetto – una volta stavo per mettere loro le mani addosso. Usarono anche la scusa di un documentario della tv danese, ma era chiaro che cercavano dissidenti». Lo conferma un insospettabile, l’ortodosso Andrea Colletti: «Non c’è niente di male: chi ha paura di quel che dice ha qualcosa da nascondere».
O Lorenzo Battista, oggi nel gruppo delle autonomie:
«Quando i consiglieri cinquestelle di Bologna si facevano la guerra – ricorda Lorenzo Battista, ormai fuori dal M5S – qualcuno mandò la conversazione privata a Casaleggio. La pubblicò sul blog, nascondendo i nomi. Magari Gianroberto non legge le mail, ma c’è sempre qualcuno che gliele riporta».
Oppure ancora Rizzetto:
Le registrazioni in assemblea non esauriscono le battaglie a colpi di nastri. Un controllo ossessivo che diventa paranoia, se è vero il racconto di Rizzetto: «Un giorno Villarosa, allora capogruppo, si accorse di essere registrato. Ci fu una lite violenta. La questione finì sul tavolo di Casaleggio».
Mentre questa è la testimonianza di Campanella, anche lui oggi al Misto:
Non c’è differenza tra ortodossi e dissidenti quando si tratta di raccogliere informazioni contro un rivale. Guerre tra bande a colpi di dossier in Campania, Calabria e Puglia. Il senatore espulso Francesco Campanella ne sa qualcosa: «A un incontro notturno nel meet up di Palermo criticai Casaleggio. All’alba lo sapevano a Roma. Ci aveva pensato il collega Nuti, presente alla riunione, con un report inviato a Milano».
È bene sottolineare che la comunicazione del M5S alla Camera come al Senato è regolarmente diretta dalla Casaleggio Associati, visto che è Milano che sceglie i componenti della Comunicazione che decidono chi deve andare in tv, chi deve esporsi con i giornalisti e chi deve rimanere nelle retrovie.
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