domenica 17 gennaio 2016

Papa Francesco in Sinagoga a Roma. Ruth Dureghello: "Mai più indifferenza contro i crimini"

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Papa Francesco nel quartiere ebraico di Roma in visita al Tempio Maggiore, terzo Papa alla Sinagoga di Roma dopo Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986 e Benedetto XVI sei anni fa, il 17 gennaio del 2010. 
Giunto a Largo XVI ottobre, il Papa è accolto dal presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello, dal residente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei), Renzo Gattegna, e dal presidente della Fondazione Museo della Shoah, Mario Venezia. Il Pontefice depone i fiori sulla lapide che ricorda la deportazione degli ebrei romani nel 1943 e percorre poi Via Catalana, fino all'effige in ricordo di Stefano Gai Taché, il bambino ucciso nell'attentato terroristico del 1982. Anche qui depone una corona di fiori e incontra la famiglia Taché e i feriti nell'attentato. Quindi raggiunge a piedi il Tempio Maggiore: sulla scalinata incontra il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni e insieme entrano nella Sinagoga dove, con la Comunità romana, sono presenti esponenti di diverse Comunità ebraiche d'Europa.
"Con questa mia visita - ha ricordato Bergoglio - seguo le orme dei miei Predecessori. Papa Giovanni Paolo II venne qui trent'anni fa, il 13 aprile 1986; e Papa Benedetto XVI è stato tra voi sei anni or sono. Giovanni Paolo II, in quella occasione, coniò la bella espressione 'fratelli maggiori', e infatti voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede". Nel dialogo interreligioso, ha aggiunto, "è fondamentale che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode, che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda e cerchiamo di collaborare". "E nel dialogo ebraico-cristiano - ha sottolineato il Pontefice - c'è un legame unico e peculiare, in virtù delle radici ebraiche del cristianesimo: ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune (cfr Dich. Nostra aetate, 4), sul quale basarsi e continuare a costruire il futuro"
"EBREI FRATELLI MAGGIORI NELLA FEDE" - "Voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede" ha ribadito papa Francesco rivolgendosi alla comunità ebraica durante il suo discorso nella Sinagoga di Roma. "Tutti quanti apparteniamo ad un'unica famiglia, la famiglia di Dio, il quale ci accompagna e ci protegge come suo popolo", ha affermato.
"NO AD OGNI FORMA DI ANTISEMITISMO" - "Il Concilio, con la Dichiarazione Nostra aetate, ha tracciato la via: 'sì' alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo; 'no' ad ogni forma di antisemitismo, e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano". "Né la violenza né la morte avranno mai l'ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell'amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita" ha proseguito papa Francesco nel suo discorso alla Sinagoga di Roma.
"Il 16 ottobre 1943, oltre mille uomini, donne e bambini della comunità ebraica di Roma furono deportati ad Auschwitz. Oggi desidero ricordarli col cuore, in modo particolare: le loro sofferenze, le loro angosce, le loro lacrime non devono mai essere dimenticate. E il passato ci deve servire da lezione per il presente e per il futuro
"Il popolo ebraico, nella sua storia, ha dovuto sperimentare la violenza e la persecuzione, fino allo sterminio degli ebrei europei durante la Shoah. Sei milioni di persone, solo perché appartenenti al popolo ebraico, sono state vittime della più disumana barbarie, perpetrata in nome di un'ideologia che voleva sostituire l'uomo a Dio", ha detto il Pontefice. "La Shoah - ha aggiunto - ci insegna che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana e della pace". "Vorrei esprimere la mia vicinanza ad ogni testimone della Shoah ancora vivente; e rivolgo il mio saluto particolare a coloro che sono oggi qui presenti", ha quindi detto rivolgendosi ad alcuni ex deportati presenti nel Tempio."
LA COMUNITA' EBRAICA - "Mi sento di poter dire che ebrei e cattolici, a partire da Roma, debbono sforzarsi di trovare assieme soluzioni condivise per combattere i mali del nostro tempo", è quanto ha affermato la presidente della Comunità Ebraica di Roma Ruth Dureghello, nel saluto a Papa Francesco in Sinagoga. "Abbiamo la responsabilità - ha proseguito - di rendere il mondo in cui viviamo un posto migliore per i nostri figli"
"Papa Francesco, oggi abbiamo una grande responsabilità di fronte al mondo", ha spiegato la presidente. "Di fronte al sangue sparso dal terrore in Europa e Medio Oriente, di fronte al sangue dei cristiani perseguitati e agli attentati perpetrati contro civili inermi, anche all'interno dello stesso mondo arabo, di fronte agli orrendi crimini compiuti contro le donne", ha aggiunto. Indicando i sopravvissuti alla tragedia della Shoah, in prima fila nel Tempio di Roma, Dureghello ha sottolineato come "la Memoria non è un esercizio di autoconsolazione per riparare agli orrori commessi". "La memoria del più grande genocidio della storia dell'uomo la teniamo viva affinché nulla di simile possa ripetersi. Questo - ha concluso - il nostro impegno più grande per il futuro e per le nuove generazioni".

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