giovedì 21 gennaio 2016

Non parlo, non vedo, non sento.

Quarto, il caso non è chiuso: i contraccolpi nel Direttorio

M5S
Da sinistra Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico in un fermo immagine preso dal video in diretta streaming sulla pagina Facebook dello stesso Roberto Fico. Roma, 12 gennaio 2016. ANSA/ FACEBOOK ROBERTO FICO +++ NO SALES - EDITORIAL USE ONLY +++
Le dimissioni di Capuozzo sono accolte come una liberazione dal Movimento. Ma i nodi da sciogliere rimangono ancora, a partire dagli equilibri interni al vertice del M5S
Le dimissioni del sindaco Rosa Capuozzo sono state accolte come un atto liberatorio dai vertici del Movimento Cinquestelle. Innanzitutto, perché sperano che in questo modo Quarto scompaia ben presto dalla cartina geografica della politica e dei media. Condurre una campagna elettorale per le comunali con la bufera ancora in corso sarebbe stato difficilissimo. In questo modo, invece, il M5S proverà a incassare questo passaggio come un punto a proprio favore, contrastando piuttosto il Pd nei comuni in cui pesano sui suoi amministratori provvedimenti giudiziari, o anche solo vaghi sospetti.
Quello che anche i Cinquestelle sanno, però, è che il caso Quarto ha cambiato forse irrimediabilmente l’immagine stessa del Movimento e gli equilibri di potere al suo interno. Prima di tutto perché gli elettori di tutta Italia si sono resi conto che non esiste una politica buona e incorruttibile contrapposta a una sporca e collusa. O quanto meno, non è possibile identificare la prima con un singolo schieramento e la seconda con tutti gli altri: anche il M5S ha – come tutti – difficoltà nel selezionare in maniera capillare la propria classe dirigente, soprattutto nei territori più a rischio. Le cinque stelle, simbolo di massima affidabilità, si sono dimostrate quindi un bluff.
Collegato a questo aspetto, ce n’è un altro che avvicina il Movimento alle altre forze politiche e che con il caso Quarto è emerso più forte che mai. Anche tra i grillini c’è chi comanda e chi no (uno non vale uno) e le fazioni interne sono vive e spesso in lotta tra loro. In questa occasione, a farne le spese potrebbe essere Alessandro Di Battista. Il Dibba, infatti, ha provato a sfruttare la situazione per rafforzare la propria posizione all’interno del Direttorio, a scapito di Luigi Di Maio e Roberto Fico, coinvolti direttamente – almeno sul piano politico – nella tempesta di Quarto. Passata la buriana, il ruolo centrale soprattutto del vicepresidente della Camera esce confermato e non mancherà certo l’occasione per ricordare al collega romano il ruolo giocato in questa vicenda.
Come Di Battista, anche un nutrito gruppo di senatori cinquestelle avrebbe voluto approfittare della vicenda per infliggere un colpo al Direttorio e chiederne un rimpasto. Un tema che non è stato del tutto spazzato via, ma per il momento rimane congelato in attesa che si calmino le acque. Se ne riparlerà dopo le amministrative, forse. Per il momento, infatti, le dichiarazioni a tratti contraddittorie di Capuozzo – anche di fronte alla commissione parlamentare Antimafia – e l’incertezza che ancora rimane sul piano giudiziario non consentono fughe in avanti. Ma il caso Quarto, dentro il Movimento, è tutt’altro che chiuso.

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