Taglia le liste d’attesa, “punito” dai vertici dell’ospedale
Articolo pubblicato il 26 maggio 2013
Un medico della Sanità pubblica che inventa un protocollo per accorciare i tempi delle liste d’attesa senza alcun onere aggiuntivo. Un’amministrazione sanitaria che anziché premiarlo lo sanziona. La storia di Giorgio Fanni, 65 anni, dirigente medico e aiuto corresponsabile del reparto Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale San Giovanni di Dio di Cagliari, dove lavora dal 1991, è una tipica storia sarda e italiana. Una efficace e triste sintesi dell’eterna lotta tra la burocrazia e il talento. Il dottor Fanni ha accettato di raccontarla aSardinia Post. Per lanciare un messaggio semplice e forte: “Vorrei dire che occorre impegnarsi in prima persona, e attivamente, per costruire una civiltà più adeguata ai nostri bisogni. Senza scoraggiarsi davanti alle difficoltà che si incontrano durante il nostro percorso. Mi piacerebbe, nel mio piccolo, fornire un esempio di impegno civico. Non servono dichiarazioni di intenti o solidarietà, serve un semplicemente un supporto concreto. Quello dei fatti”.
Dottor Fanni, come inizia la sua storia?
“Nel gennaio 2010 il direttore della clinica mi affida l’incarico di responsabile di diversi servizi, tra cui l’ambulatorio generale 8, nel quale si esegue la prima visita ostetrico-ginecologica. Preso atto della lista di attesa, decido di migliorare il servizio con l’ampliamento dei giorni di apertura e della fascia oraria. Nel giro di un mese, grazie a questo, è stato possibile azzerare le liste d’attesa. Risultato ottenuto con l’impegno del solo sottoscritto. Senza un locale specifico e senza l’ausilio di altro personale. Ho raccolto i dati in vari report, in cui si potevano leggere i miglioramenti, le criticità e le proposte. E dopo li ho presentati all’azienda.
E cosa è successo?
“A quel punto ho chiesto la possibilità di accorpare, tramite un’unica prenotazione e un unico ticket, la visita medica, con l’ecografia e la colposcopia (ricordo che per legge è possibile fare fino a otto prestazioni con un unico ticket di 46.15 euro). Ciò avrebbe consentito di avere diagnosi tempestive e cure più efficaci, oltre a rassicurare la donna anche da un punto di vista psicologico. La maggiore criticità era, infatti, rappresentata dalla diluizione dei tempi d’attesa nei tempi dell’iter diagnostico. Se una paziente si rivolge alla nostra struttura – salvo non sia un caso urgente – inizia con una visita generale, alla quale seguono ulteriori accertamenti diagnostici, come ad esempio l’ecografia e la colposcopia, effettuati in altri ambulatori. Risulta difficile arrivare ad una diagnosi e ad una cura, perciò, in tempi adeguati”.
Procedure lente, ma dettate dalla necessità di contenere i costi…
“Non è esattamente così, perché alcuni miglioramenti si possono ottenere con la riorganizzazione delle risorse in uso. Volontà e determinazione, nonché la valorizzazione delle risorse umane e tecniche che si hanno, in qualunque campo, portano a risultati significativi”.
Ma per l’eliminazione delle liste d’attesa c’è un apposito piano della Regione, elaborato dall’assessorato alla Salute.
“Certo che c’è. Nell’agosto del 2011 lessi sul giornale di questo piano dell’assessore De Francisci che, con un budget di 21 milioni di euro, aveva l’obiettivo di porre fine alle liste d’attesa mediante la riorganizzazione strutturale dei servizi. Un’intenzione in perfetta sintonia con quanto io avevo già messo in pratica da venti mesi, senza però alcun budget aggiuntivo. E siccome quello stesso piano chiedeva il contributo di tutti gli operatori, inviai alla De Francisci un report sulla mia esperienza. Ero convinto che contenesse suggerimenti utili a come contenere i costi e che fosse nello spirito del suo progetto”.
Quale è stata la risposta della De Francisci?
“Nessuna. Non ho ricevuto risposta”.
E l’Azienda a questo punto che cosa ha fatto?
“Per ragioni di trasparenza e correttezza avevo inviato per conoscenza la lettera indirizzata alla De Francisci anche ai dirigenti dell’azienda i quali mi hanno chiesto formalmente di rivolgere in futuro tutte le mie comunicazioni al direttore della clinica. Da quel momento i rapporti si sono incrinati”.
Cioè?
“Sulla mia proposta di accorpamento degli esami, silenzio totale. La cosa mi ha creato un profondo disagio. A quel punto ho deciso di fare l’unica cosa che era in mio potere, ovvero portare le mie tariffe del servizio privato svolto in ospedale, il servizio intramoenia, a un livello paragonabile a quello del ticket del Centro unico di prenotazione. Era un modo per continuare a garantire alle pazienti gli standard qualitativi offerti dalla nostra clinica e non dilatare ulteriormente i tempi diagnostici. Ho quindi divulgato un documento ufficiale e pubblico, cioè la tabella riguardante le prestazioni dei diversi medici che operavano intramoenia. Con mio stupore, però, l’azienda, nonostante avesse già accettato la riduzione delle mie tariffe, mi ha accusato di comportamento lesivo nei confronti della struttura, per promuovere un interesse personale. Per questo ha deciso di sanzionarmi con una sospensione dal servizio per quindici giorni, senza retribuzione”.
Per “promuovere un interesse personale”?
“Sì, ed è la cosa che mi ha offeso di più dopo aver onorato per trentasei anni, con la mia professionalità, l’azienda di cui faccio parte. Trentasei anni nei quali mai ho ricevuto un rimprovero. Diversità di vedute sull’organizzazione dovrebbero rientrare in una dialettica costruttiva e non dovrebbero essere viste come una sterile volontà di contrapposizione. I vertici dell’azienda sapevano bene di aver da me ricevuto comunicazioni tempestive e collaborative su quanto facevo”.
E com’è finita?
“Dopo un fallito tentativo di conciliazione, ad aprile ho ottenuto dal tribunale di Cagliari l’annullamento totale della sanzione e la condanna dell’azienda alle spese legali”.
Che riscontro ha avuto, invece, dall’utenza?
“Una piena soddisfazione per i miglioramenti apportati. È forte nei cittadini il desiderio di una maggiore informazione e di un maggior coinvolgimento nelle dinamiche diagnostico-terapeutiche. Le domande più frequenti sono: perché il privato può garantire tutti gli esami nell’immediato mentre nel pubblico ci vogliono tanti mesi? O ancora: perché non si può accedere tramite Internet alle liste d’attesa di ogni singola struttura ospedaliera? E perché non si trovano le giuste segnaletiche per raggiungere i diversi ambulatori? Insomma, l’utenza lamenta la carenza o l’assenza di supporti informativi che consentano di muoversi in maniera autonoma e soprattutto celere all’interno delle strutture ospedaliere”.
Cosa intende fare adesso?
“Solo il mio lavoro. Cioè continuare a supportare le donne e i pazienti più in generale, perseguendo l’obbiettivo di accorpare nel pubblico i diversi esami, così come avviene nel privato. Lo faccio per permettere a chi non ha risorse economiche adeguate di potersi curare dignitosamente ed efficacemente. Non sono l’unico a portare avanti questa battaglia. Ormai numerose e in continua crescita sono le pazienti stanche di sentirsi estranee all’organizzazione sanitaria e che rivendicano l’intenzione di partecipare attivamente al cambiamento”.
Per dirla in poche parole: i pazienti vogliono essere informati.
“Proprio così. L’informazione è il punto chiave. Per questo sto allestendo con dei professionisti e dei volontari un punto informativo che si chiama “Dimensione Sanità”. Alcuni giorni fa abbiamo aperto ad Uta, tra un po’ lo faremo a Cagliari. “Dimensione Sanità” sarà un centro d’ascolto e d’informazione alla salute: sulle prassi da seguire da parte del paziente e sui diritti garantiti dalla legge. Diritti che, troppo spesso, rimangono lettera morta”.
Davide Fara
a interessi privati e,non pubblici.
pur non conoscendola personalmente le lascio tutta la mia stima per quello che ha tentato di fare, incentivandola a non fermarsi!
Se ci fossero più medici come lei, il nostro diritto alla salute sarebbe tale.
Un caro saluto
Celeste Covino
Presidente
CCSVI-Campania Onlus
Cara Simona, lei non condivide perchè in Sardegna/Italia toccare lo status quo è un tabú, sopratutto perchè si va a modificare i privilegi di cui godono pochi a discapito della maggior parte dei cittadini.
Sulla De Francisci non si puó far altro che valutare i risultati che porta…..
Ma forse lei è un intoccabile. A differenza mia e di chi ha cercato di migliorare il servizio sanitario e quindi il servizio sanitario reso al cittadino. Voi dirigenti parlate di efficacia ed efficienza, ricordando che solo uno dei termini riguarda l’economia, ma non gliela devo mica spiegare io la differenza.
Regalate pure questa sanità ai vostri concittadini e ai vostri figli e nipoti. Vi ringrazieranno dello scempio.
Glielo dice una che prima di essere una dipendente ASL è stata una paziente con un tumore. Ed è grazie a gente come lei, che condivide tali posizioni, che avrei dovuto aspettare 9 mesi prima di essere visitata dal servizio pubblico.
Mentre nel privato, convenzionato, il giorno dopo avevo una diagnosi certa.
La performance delle aziende sanitarie si misura tenendo conto di diversi parametri. Evidentemente lei e chi le firma la busta paga soffrite di amnesia o forse nel momento che all’università il docente spiegava questi concetti eravate fuori a fumarvi una sigaretta.
O forse nemmeno ve li hanno spiegati, guai a rendere il futuro personale troppo edotto, si rischia poi di avere dietro le poltrone e i camici impiegati e dottori che potrebbero avere idee innovative non in linea con la mission aziendale.
E comunque Simona la vorrei informare che dopo la 833 ci sono state altre due riforme sanitarie. Si cerchi le fonti e si faccia una sana lettura di diritto. E dei diritti dei cittadini.
Charles Peguy
(Frase di J. F. Kennedy, che Giovanni Falcone amava ripetere)
(under a government which imprisons any unjustly, the true place for a just man is also a prison)
La disobbedienza civile, Henry David Thoreau
Abbiamo solo bisogno di più gente onesta.”
Benedetto Croce
Saluti
Questo è il parere di un sardo che vive in lombardia e ha operato nella sanita per 42 anni,oggi pensionato mi dedico all’ ONLUS del mio paese. Voglia gradire i sensi della massima stima.
predominano sul buon senso e altruismo. Non si fermi la prego.
Un caro saluto
Tonino Tronci. Agente di Vigilanza “Nuova Sicurvis”. Cagliari.
Dott.Prof. Masia Mauro
vanno bene.il cittadino deve essere spolpato.deve essere cavia.alla fine schiacciato se ci arriva
Questa non mi é sembrata una grande cosa perché il nostro medico-filantropo in questo modo ha fatto solo risparmiare qualcosa alle pazienti con qualche soldino in tasca, che magari sono state servite prima, ma non si è minimamente curato di quelle pazienti in precarie condizioni economiche ed esentate dal ticket, le quali per essere visitate hanno
dovuto fare comunque una lunga fila.
E poi, pochi o molti, i soldi sono entrati nelle sue tasche e non in quelle del’Azienda che gli paga lo stipendio con la quale, di fatto, si è messo in concorrenza
con il suo volantinaggio.
Il problema di fondo, purtroppo, non é la tariffa discount del filantropo ma quello
scandaloso dell’esercizio della libera professione intramuraria ovvero la cosiddetta attività intramoenia dei medici.
Una follia che non esiste in nessun, dico nessun altro ambito del Pubblico Impiego e che distoglie energie e tempo all’attività dei medici a servizio del Servizio Sanitario Nazionale,
-non importa la tariffa praticata-
e questa si che allunga, di fatto,
le liste d’attesa.
Non penso proprio che stiamo parlando
di Gino Strada ma di ben altre cose.
La verita’ e’ sovrana e alla lunga trionfa sempre
La vita e’ breve ma l’arte e’ lunga
Sulle cosiddette direzioni generali non voglio sprecare nemmeno una parola
Con affetto
Un collega di Genova