Dopo l'attacco di Berlusconi, Renzi calma i suoi, ma si sente solo sulle riforme. Se non fosse per Napolitano
Pubblicato: 24/04/2014 21:34 CEST | Aggiornato: 24/04/2014 21:43 CEST
"Calma e gesso, sarà sempre più così in vista delle europee. Sono fibrillazioni elettorali. Noi non rovesciamo il tavolo". Matteo Renzi cerca di calmare i suoi al termine di una giornata di fortissime fibrillazioni sulle riforme. C'erano le dissidenze dei senatori Dem capitanati da Vannino Chiti, ma a sera si aggiunge anche la stangata di Silvio Berlusconi secondo cui "la riforma del Senato così com'è non è votabile". Per la prima volta, il premier si sente solo sul fronte delle riforme costituzionali. Ma può contare su Giorgio Napolitano...
Da una parte, i lavori in corso per favorire una mediazione che prepari l’incontro di martedì a Palazzo Madama tra Matteo Renzi e la fronda dei ‘dissidenti’ Pd sulle riforme, con in testa l’ex Ds Vannino Chiti. Dall’altra, la consapevolezza, sempre più forte ogni giorno che passa, che il governo non riuscirà ad ottenere dal Senato la prima lettura del ddl sulle riforme costituzionali entro le europee del 25 maggio. E’ la cornice nella quale si inserisce un ruolo attivo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per favorire il processo di riforme avviato dal governo. In mattinata il capo dello Stato ha ricevuto Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato. Domani, in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile, riceverà al Colle i rappresentanti delle Associazioni combattentistiche e d’arma, proprio loro che hanno preso posizione ostinata e contraria al piano di riforme dell’esecutivo. Una scelta con vizi ideologici che Napolitano certo non approva e che domani potrebbe stigmatizzare. Ma forse tutto questo non basta. Tanto che dalle fila renziane c’è chi come Roberto Giachetti scrive al premier per chiedergli di far “saltare il tavolo di questo ceto politico” e tornare al voto. E il premier? E' sensibile all'argomento, ma per ora frena.
Come era nelle aspettative del governo, il capo dello Stato sta facendo di tutto per oliare il meccanismo riformatore che si è inceppato a Palazzo Madama sullo scontro con la pattuglia dei senatori di minoranza firmatari del testo Chiti, alternativo a quello presentato dal ministro per le Riforme Maria Elena Boschi perché chiede un Senato ancora elettivo. L’incontro di questa mattina tra Napolitano e Finocchiaro è servito per tentare di mettere a punto una griglia di mediazione in modo da arrivare alla presentazione di un testo base in commissione martedì prossimo. Lo scoglio più grosso sta nel fatto che il governo appare indisponibile a mediare sulla non elettività della nuova assemblea, che in effetti è uno dei quattro paletti irrinunciabili stabiliti da Renzi. Anche se ci sono pontieri al lavoro per favorire una riconciliazione proprio su questo punto, come il lettiano Francesco Russo che propone l’elezione dei senatori contestualmente a quella dei consiglieri regionali. L’idea piace a Chiti, ma dal governo ancora non è arrivato l’ok. E c’è poi un’altra possibilità: quella di rivedere il testo del governo senza toccare i quattro paletti irrinunciabili (non elettività, Senato senza indennità, senza potere di votare la fiducia ai governi e le leggi di bilancio) ma accordando con l’opposizione interna del Pd delle modifiche all’Italicum, da mettere a fuoco dopo le europee che – stando ai sondaggi – dovrebbero declassare Forza Italia al terzo posto dopo Pd e Grillo. E non è un caso se oggi anche Berlusconi si dica disponibile a rivedere il patto sull’Italicum.
Ma il punto è che, mentre vede allontanarsi la possibilità di approvare le riforme in Senato prima delle europee, mentre vede sfumare l’obiettivo che si era dato all’inizio dell’avventura a Palazzo Chigi, Renzi è combattuto. Da un lato, si prepara a gestire le critiche per il mancato risultato, prevedendo che una grossa fetta di responsabilità sarà imputabile a più che probabili azioni di ostruzionismo da parte dei cinque stelle, oltre che al ruolo di Chiti, che infatti viene già additato come ‘frenatore’ dalle parti del governo. Dall’altro, la tentazione è di usare l’eventuale fallimento del ‘test riforme’ per far saltare il tavolo e andare al voto con il Consultellum. Oggi, il radical-renziano Roberto Giachetti ne fa tema pubblico in una lettera al presidente del Consiglio. “Certo – scrive il vicepresidente della Camera - con questa legge elettorale bisognerà fare un'altra maggioranza di coalizione ma sono sicuro che i rapporti di forza saranno molto migliori per il Pd e poi almeno avrai il diritto e la possibilità di guidare un governo con un gruppo parlamentare coeso e leale. Pensaci Matteo: chi te lo fa fare? Facciamo saltare il tavolo di questo ceto politico e ascoltiamo gli elettori!". Matteo ci pensa. Ma per ora la spada di Damocle del ritorno al voto la usa per redarguire i “frenatori” e far loro intendere che, se fanno saltare le riforme, salta tutto e in Parlamento non ci tornano. "Noi si va avanti senza cedere alle
fibrillazioni elettorali, forti anche dei sondaggi", dice Renzi, commentando con i suoi la lettera di Giachetti: "Si lavora a Palazzo Chigi su economia, scuola, lavoro e pubblica amministrazione".
Ma il punto è che, mentre vede allontanarsi la possibilità di approvare le riforme in Senato prima delle europee, mentre vede sfumare l’obiettivo che si era dato all’inizio dell’avventura a Palazzo Chigi, Renzi è combattuto. Da un lato, si prepara a gestire le critiche per il mancato risultato, prevedendo che una grossa fetta di responsabilità sarà imputabile a più che probabili azioni di ostruzionismo da parte dei cinque stelle, oltre che al ruolo di Chiti, che infatti viene già additato come ‘frenatore’ dalle parti del governo. Dall’altro, la tentazione è di usare l’eventuale fallimento del ‘test riforme’ per far saltare il tavolo e andare al voto con il Consultellum. Oggi, il radical-renziano Roberto Giachetti ne fa tema pubblico in una lettera al presidente del Consiglio. “Certo – scrive il vicepresidente della Camera - con questa legge elettorale bisognerà fare un'altra maggioranza di coalizione ma sono sicuro che i rapporti di forza saranno molto migliori per il Pd e poi almeno avrai il diritto e la possibilità di guidare un governo con un gruppo parlamentare coeso e leale. Pensaci Matteo: chi te lo fa fare? Facciamo saltare il tavolo di questo ceto politico e ascoltiamo gli elettori!". Matteo ci pensa. Ma per ora la spada di Damocle del ritorno al voto la usa per redarguire i “frenatori” e far loro intendere che, se fanno saltare le riforme, salta tutto e in Parlamento non ci tornano. "Noi si va avanti senza cedere alle
fibrillazioni elettorali, forti anche dei sondaggi", dice Renzi, commentando con i suoi la lettera di Giachetti: "Si lavora a Palazzo Chigi su economia, scuola, lavoro e pubblica amministrazione".
Napolitano intanto, che al cammino delle riforme istituzionali ha legato la conclusione del suo secondo mandato al Colle, fa la sua parte. Domani, dopo la cerimonia all'Altare della Patria cui parteciperà anche il premier Renzi, il presidente della Repubblica parlerà di Costituzione con le Associazioni combattentistiche e d’arma, invitate al Colle per l’anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo. Proprio ieri, nella chat via twitter, il premier ha risposto alle perplessità dell’Anpi di Brescia sulle riforme costituzionali del governo: “Da iscritto all'Anpi dico che questa è una polemica incomprensibile. La riforma costituzionale va nella direzione dei valori che tutti noi difendiamo”. Non è escluso che il presidente della Repubblica riprenda il concetto, convinto che sia quanto mai urgente scendere nel merito delle riforme piuttosto che limitarsi a remare contro. In questo, con Renzi c’è sintonia, certo. Ma tutti gli sforzi per raggiungere il risultato, in quel triangolo tra Quirinale, Palazzo Chigi e Senato, si scontrano con le difficoltà sul campo, a cominciare da Forza Italia, la prima a mettere in dubbio la possibilità di arrivare ad un voto sulle riforme costituzionali prima delle europee.