Armi, il mercato non si inceppa mai
Vale 11 miliardi comprese le munizioni. La azioni Smith & Wesson +35%, Sturm Ruger +61%. L'S&P 500 ha guadagnato solo il 24%.
Quello sul secondo emendamento della Costituzione americana, quello che garantisce ai cittadini il diritto di possedere armi da fuoco, è un dibattito vecchio di decenni, in cui sono entrati con alterne fortune tutti i presidenti della storia recente. Compreso Barack Obama, che ha dovuto fare i conti con tragedie che hanno sconvolto la coscienza degli americani, come il massacro nella scuola di Sandy Hook, a dicembre 2012, quando persero la vita 27 persone, di cui 20 bambini.
Solo nel 2014 sono numerose le sparatorie finite sulle pagine dei giornali, come quella nei due centri ebraici di Kansas City, costata la vita a tre persone, quella alla Purdue University, in Indiana, e quelle ravvicinate in un cinema di Tampa, in Florida, e in una scuola in New Mexico.
Ciò non basta a convincere gli americani a fare un passo indietro, mentre il mercato delle armi da fuoco continua a crescere.
LE AZIENDE DEL SETTORE NON CONOSCONO CRISI. Chi non conosce crisi sono le aziende del settore: complice la paura di un giro di vite del Governo sulle armi da fuoco (chiesto a gran voce da Obama dopo le stragi dell’anno scorso a Sandy Hook e nel cinema di Aurora, ma scontratosi con l’opposizione repubblicana in Congresso) negli Stati Uniti c’è stata una corsa agli acquisti di pistole e fucili.
Nel 2013 i titoli delle società produttrici di armi hanno registrato a Wall Street performance migliori di quelle del mercato azionario nel suo complesso proprio grazie al timore di un’imminente regolamentazione più stringente.
La crescente domanda ha fatto balzare del 35% le azioni di Smith & Wesson (le vendite sono cresciute del 50% nei primi due trimestri dell’anno fiscale 2013 e del 40% nei secondi due) e del 61% quelle di Sturm Ruger, mentre nello stesso arco di tempo lo S&P 500 ha guadagnato il 24%.
Solo nel 2014 sono numerose le sparatorie finite sulle pagine dei giornali, come quella nei due centri ebraici di Kansas City, costata la vita a tre persone, quella alla Purdue University, in Indiana, e quelle ravvicinate in un cinema di Tampa, in Florida, e in una scuola in New Mexico.
Ciò non basta a convincere gli americani a fare un passo indietro, mentre il mercato delle armi da fuoco continua a crescere.
LE AZIENDE DEL SETTORE NON CONOSCONO CRISI. Chi non conosce crisi sono le aziende del settore: complice la paura di un giro di vite del Governo sulle armi da fuoco (chiesto a gran voce da Obama dopo le stragi dell’anno scorso a Sandy Hook e nel cinema di Aurora, ma scontratosi con l’opposizione repubblicana in Congresso) negli Stati Uniti c’è stata una corsa agli acquisti di pistole e fucili.
Nel 2013 i titoli delle società produttrici di armi hanno registrato a Wall Street performance migliori di quelle del mercato azionario nel suo complesso proprio grazie al timore di un’imminente regolamentazione più stringente.
La crescente domanda ha fatto balzare del 35% le azioni di Smith & Wesson (le vendite sono cresciute del 50% nei primi due trimestri dell’anno fiscale 2013 e del 40% nei secondi due) e del 61% quelle di Sturm Ruger, mentre nello stesso arco di tempo lo S&P 500 ha guadagnato il 24%.
3,4 MILIONI DI ARMI PRODOTTE, FATTURATO DA 11 MILIARDI. I numeri parlano da soli. Negli ultimi otto anni negli Stati Uniti sono stati prodotti in media ogni anno 3,4 milioni di armi da fuoco, di cui 1,4 milioni di fucili e 777.000 pistole, con un giro d’affari complessivo annuale di 11 miliardi di dollari, tra armi e munizioni. Stando ai dati raccolti da Bureau of Alcohol, Tobacco, Firearms and Explosives, l’agenzia federale che indaga sui reati federali relativi all’uso, alla produzione e al possesso di armi da fuoco ed esplosivi, e dall’Internal Revenue Service (Irs, il Fisco americano), l’industria delle armi da fuoco dà lavoro a oltre 36.000 persone, mentre sono 465 le aziende che producono e vendono armi.Inoltre, stando agli stessi dati, il 32% delle famiglie americane possiede almeno un’arma da fuoco.
Una curiosità: secondo il New York Times durante le elezioni presidenziali del 2012, la National Rifle Association (Nra), la potente lobby delle armi, ha speso circa 14 milioni di dollari per fare campagna contro il presidente Obama, acceso sostenitore di leggi più severe sul possesso e la vendita armi da fuoco.
Una curiosità: secondo il New York Times durante le elezioni presidenziali del 2012, la National Rifle Association (Nra), la potente lobby delle armi, ha speso circa 14 milioni di dollari per fare campagna contro il presidente Obama, acceso sostenitore di leggi più severe sul possesso e la vendita armi da fuoco.
LA CAMPAGNA DA 50 MILIONI DI BLOOMBERG. Uno dei più accesi sostenitori di regole più severe è Michael Bloomberg, ex sindaco di New York e promotore di un’iniziativa da 50 milioni di dollari per contrastare il potere della Nra. Bloomberg, che già ha speso milioni di dollari per campagne analoghe anche quando era primo cittadino, ha lanciato “Everytown for Gun Safety”, campagna volta a sensibilizzare politici e opinione pubblica sulla necessità di maggiori controlli e limitazioni.
In particolare l’ex sindaco chiede che sia ampliato l’obbligo di “background check”, il controllo delle informazioni finanziarie, lavorative, mediche e penali per tutti gli acquirenti di armi, a livello statale e federale. Il gruppo ha scelto 15 Stati dove agire, tra cui quelli più refrattari a limitazioni del secondo emendamento come Texas, Montana e Indiana. Scontata l’opposizione della Nra: la maggiore organizzazione americana a sostegno delle armi da fuoco ha un fatturato annuale di circa 256 milioni di dollari.
In particolare l’ex sindaco chiede che sia ampliato l’obbligo di “background check”, il controllo delle informazioni finanziarie, lavorative, mediche e penali per tutti gli acquirenti di armi, a livello statale e federale. Il gruppo ha scelto 15 Stati dove agire, tra cui quelli più refrattari a limitazioni del secondo emendamento come Texas, Montana e Indiana. Scontata l’opposizione della Nra: la maggiore organizzazione americana a sostegno delle armi da fuoco ha un fatturato annuale di circa 256 milioni di dollari.
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