Amnistia, chi esce? Berlusconi no. Farla è difficile, non farla costa 1,5 mld
Pubblicato il 9 ottobre 2013 14.08 | Ultimo aggiornamento: 9 ottobre 2013 14.08
ROMA – Indulto e amnistia, ma chi esce? Di certo non Silvio Berlusconi, in primis perché non è e non sarà rinchiuso in nessun carcere e, in secundis, perché la sua condizione, i suoi reati e i suoi processi rendono il suo profilo quasi certamente incompatibile con quello di chi di queste misure potrebbe beneficiare. Se qualcuno uscirà di galera per via di amnistia questo non sarà certo Berlusconi. Ma sarà amnistia?
Non è detto, anzi non sta scritto da nessuna parte che alla fine sarà amnistia. E’ molto difficile se non addirittura improbabile che Pdl e Pd si mettano d’accordo in Parlamento sui reati e le pene da amnistiare oppure no. Si tende infatti a pensare che l’amnistia sia generala, per tutti e per tutto, una specie di condono penale una assoluzione plenaria dalla legge impartita dallo Stato. Non è così, anzi è tutto il contrario: amnistia e indulto valgono per i reati e per le pene che stabilisce il parlamento e solo per quelli. Non è “tana libera tutti”. E’ il Parlamento con maggioranza di due terzi che decide chi liberare. Quindi non sta scritto da nessuna parte che alla fine sarà amnistia.
E se amnistia non fosse? Allora o un miracolo sfoltirà le carceri italiane entro e non oltre il 20 maggio 2014, oppure a quella data tutti i settantamila e passa detenuti che saranno “ristretti” in carceri come quelle italiane avranno diritto a chiedere risarcimento allo Stato italiano. Avranno diritto e certezza di ottenerlo. Insomma si può comprensibilmente essere contrari ad ogni forma di amnistia, occorre anche sapere che costa circa un miliardo e mezzo di risarcimenti da pagare. Un miliardo e mezzo di tasse: anche questo è un argomento.
La situazione delle carceri italiane e le condizioni dei detenuti che vi risiedono sono inaccettabili. Una questione antica cui l’ultimo indulto, datato 2006, aveva messo una pezza ma che ora, a distanza di 7 anni, è nuovamente irrimandabile. Il Presidente Giorgio Napolitano lo ha ricordato alle Camere, i grillini hanno letto il messaggio come un’ancora di salvezza per il condannato Berlusconi e, il condannato in questione, ha invece letto le parole del Quirinale come una specie di presa in giro. La realtà dei fatti è però che, Berlusconi a parte, o entro maggio 2014 l’Italia trova una soluzione al sovraffollamento delle carceri, o sarà costretta a pagare multe pesanti ed affrontare cause milionarie. Perdendole.
In ogni caso, che si finisca ad amnistia o indulto, con ogni probabilità il Cavaliere non otterrebbe nulla. Per l’ottimo motivo che sulla sua testa pendono una molteplicità di reati, gravi, e quelli per cui è stato già condannato, cioè i reati fiscali, sono sempre rimasti fuori da queste misure. In ultimo poi, come ha sottolineato la ministra Anna Maria Cancellieri, è il Parlamento che dovrà definire il perimetro delle misure ed già noto che il Pd stopperà qualsiasi tentativo pro Berlusconi dovesse comparire anche perché, per l’approvazione di amnistia ed indulto, occorrono i due terzi dei voti favorevoli.
Nelle carceri italiane sono rinchiusi 64 mila 758 detenuti, a fronte di una capienza di 47 mila 615. Non serve un esperto matematico per comprendere la gravità e l’insostenibilità della situazione. Carceri sovraffollate, letti a castello che arrivano al quinto livello, pochi spazi e conseguenti difficoltà igieniche. Condizioni che uno Stato di diritto non potrebbe e non dovrebbe permettere. Ma questo è, per alcuni versi, il meno. Anche chi dei diritti dei detenuti se ne infischia allegramente, non può restar sordo a ragioni di altro tipo, ragioni puramente economiche.
I detenuti delle carceri italiane hanno mediamente a disposizione 3 metri quadri ciascuno. Una condizione assimilabile alla tortura per l’Europa e una condizione che va sanata. Innumerevoli volte il nostro Paese ha chiesto proroghe per mettersi in regola. E innumerevoli volte gli sono state concesse, ma non l’ultima. Entro maggio dell’anno prossimo siamo ora obbligati a provvedere e, qualora non ottemperassimo, oltre alla multe continentali andremmo incontro alle cause per risarcimento che tutti i detenuti potrebbero intentare, molto probabilmente vincendole. Il conto, assolutamente a spanne, si aggirerebbe per le casse dello Stato, cioè per tutti i cittadini che pagano le tasse, sul miliardo e mezzo di euro. Un motivo più che valido per porsi il problema del sovraffollamento.
Ragioni di convenienza quindi, oltre che ragioni di civiltà, impongono al nostro Paese di fare qualcosa. Ma siccome in Italia non accade nulla senza che di mezzo ci finisca il Cavaliere, nemmeno il tempo per Napolitano di segnalare ufficialmente il problema, che già i grillini hanno cominciato a gridare all’inciucio. Certo, non è da escludere che il Pdl proverà in Parlamento a infilare qualche beneficio per il suo quasi ex leader, ma è altrettanto verosimile che non ci riuscirà.
Decidere a quali reati e a quali pene indulto e amnistia si applicano, è infatti un compito che spetta al Parlamento. Poco o nessun senso hanno quindi le accuse preventive dei 5 Stelle che saranno chiamati, anche loro, a decidere il perimetro delle misure che andranno discusse. Chiamati anche loro perché, per approvare misure simili, nel Parlamento italiano non basta la maggioranza semplice, ma occorre la maggioranza dei due terzi dei voti. Il Pd poi ha già fatto sapere che vigilerà sull’introduzione di possibili cavilli “pro-Silvio” e, nonostante la manifestata preoccupazione grillina, l’unico rischio reale è che una contrapposizione Pd-Pdl su amnistia ed indulto porti ad un nulla di fatto e alle successive cause e multe miliardarie.
Insomma per comprendere Berlusconi l’amnistia prossima ventura dovrebbe essere costruita ad personam, nelle normali amnistie un condannato come Berlusconi non c’entra. Dovrebbero ficcarcelo a forza due terzi del Parlamento. Non c’entra Berlusconi nell’amnistia neanche a spingere perché i reati finanziari sono sempre stati fuori dal perimetro dell’amnistia e non c’entra perché ogni amnistia prevede un tetto di pena massima erogabile per reato oltre il quale amnistia non c’è. Tre, quattro anni di pena al massimo. Ma frode fiscale prevede fino a sei anni, corruzione per induzione prevede fino ad otto, prostituzione minorile fino a 12. No, Berlusconi non c’entra, non “esce” per via di amnistia, l’amnistia non lo comprende.
I reati per cui Berlusconi è condannato mai o quasi sono stati oggetto di amnistia. Per quanto riguarda l’indulto, che a differenza dell’amnistia cancella la pena ma non il reato, è una misura questa che non riguarda le pene accessorie. Venisse cioè approvato mentre il Cavaliere è ancora affidato ai servizi sociali, potrebbe da questi liberarsi, insomma non scontare la pena dell’affidamento, ma l’interdizione dai pubblici uffici, vera pena per Berlusconi, rimarrebbe tale e quale a come è.
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