Riusciranno i compagni Mélenchon e D’Alema a far perdere Macron e Renzi?
Ha ragione Mieli quando chiede ai sinistri: “Ma perchè non vi fate le vostre primarie?”
Riusciranno i nostri eroi, intesi come il compagno Jean-Luc Mélenchon e il compagno Massimo D’Alema, a fare perdere Emanuel Macron in Francia e Matteo Renzi in Italia, ovvero gli unici due leader progressisti che nei rispettivi paesi sembrano in grado di opporsi al fascismo lepenista e allo sfascismo grillino? E di condurre pertanto orgogliosamente alla vittoria Marine Le Pen e Beppe Grillo? Mi auguro vivamente di no, ma i due si stanno impegnando molto seriamente.
L’uno, in Francia, dice ai suoi di non scegliere tra l’ex-ministro socialista e Marine Le Pen; l’altro, in Italia, deride le primarie dem appena svoltesi e sta alacremente lavorando a far saltare il Campo di Giuliano Pisapia, trasformandolo nella sua personale ridotta.
Non sappiamo Mélenchon, ma certamente D’Alema, in altri tempi avrebbe definito tali comportamenti “settari”, “minoritari”, “estremisti”. E, dall’alto della sua conoscenza del mondo comunista, avrebbe evocato la sciagurata teoria del socialfascismo che la terza internazionale impose ai partiti comunisti e che contribuì notevolmente alla vittoria del fascismo su scala europea.
Tale teoria postulava che il nemico principale non fosse il fascismo ma i partiti socialdemocratici che disarmavano le masse. E che quindi diventavano il nemico principale perché senza togliere a loro la guida del proletariato questi non avrebbe mai fatto la rivoluzione, unico modo per sconfiggere il fascismo.
Prima di essere abbandonata per seguire la strada dei fronti popolari e dell’unità antifascista la sciagurata teoria addusse lutti e danni gravissimi. Il Partito Comunista Italiano non ne fu immune, ma, forte degli insegnamenti gramsciani sull’egemonia, ne fu meno contagiato.
Nei suoi anni giovanili il compagno M. queste cose le insegnava, con molte ragioni devo dire, a noi che ci pensavamo molto più a sinistra di lui, e che consideravamo lui un grigio burocrate e la sua Fgci un’accolita di flaccidi riformisti. Molti di noi cambiarono per fortuna idea già in quegli anni, ma altri no.
Sicché, allorquando toccò a D’Alema guidare la sinistra, prima da leader del Pds, poi da presidente del Consiglio, senza passare né da elezioni primarie né da elezioni secondarie, e tentò di guidarla oltre i confini della sua tradizione, sposando la Terza Via di Tony Blair, il socialfascista da abbattere divenne lui: nemico dei sindacati, guerrafondaio, venduto.
L’accusa sanguinosa fu quella di aver “snaturato” la sinistra, di volere a tutti i costi l’inciucio con il centrodestra di Silvio Berlusconi. Così quando oggi vedo il suo sosia, perfettamente replicato da Sabina Guzzanti, inchiodare Matteo Renzi con gli stessi chiodi, spero sempre che il vero compagno M. irrompa sulla scena e sveli la clamorosa impostura.
L’altra attività cui i compagni del compagno M. si dedicano con molta solerzia è la demolizione delle primarie. Così il professor Gotor con il ditino alzato fa i conti in casa altrui: e quanto sono diminuiti i votanti, e le nostre si che erano vere primarie, e questo è un plebiscito, altro che democrazia.
Una cantilena così insensata che a un certo punto, anche il placido e controllatissimo Paolo Mieli, custode della religione terzista, dalla Gruber, rivolto al punkagrillino Andrea Scanzi (presente fisicamente) e ai vari Bersani, Gotor, Civati, Fratoianni, Ferrero, D’Alema etc…, evocati in spirito, ha esclamato: “Ma perché invece di fare le pulci alle primarie degli altri, non fate le vostre primarie? Perché non mobilitate tutti quegli elettori che secondo voi aspettano solo la vostra chiamata per rifondare la sinistra?”.
I gazebo li mettiamo noi.
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