mercoledì 3 maggio 2017

Matteo Salvini è andato a farsi la solita gita elettorale al Cara di Mineo, e non ha resistito a fare quello che gli viene meglio: lo sciacallo. Peccato che nessuno degli ospiti di Mineo abbia ricordato al Capitano che quel centro fu inaugurato da Roberto Maroni nel 2011
GIOVANNI DROGO
Il segretario della Lega Nord Matteo Salvini ha passato la note al Cara di Mineo (Catania). La buona notizia è che è sopravvissuto e che nessuno gli ha fatto del male. La cattiva è che oggi Salvini sta inondando Facebook di foto che servono a dimostrare che i migranti ospitati a Mineo sono dei parassiti. Per Salvini, che dopo una notte a Mineo ha capito tutto, il grande centro d’accoglienza è solo “un centro commerciale di carne umana, che non integra nessuno”.

Quando Roberto Maroni ha inaugurato il Cara di Mineo

Salvini non ha perso occasione per attaccare le ONG che soccorrono i migranti nel Mediterraneo. L’accusa è la solita: sono in combutta con gli scafisti per far arrivare i migranti nel nostro Paese. Di questo grande business dell’immigrazione un perno importante è appunto il Cara di Mineo che ospita oltre tremila immigrati. È vero che a Mineo ci sono parecchi problemi, noti non solo ai giornali ma anche alla magistratura. Però Salvini curiosamente dimentica che il centro di Mineo fu inaugurato da Roberto Maroni nel 2011.
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E c’è da rilevare che la possibilità che le 400 villette del “Residence degli aranci” diventassero un ghetto erano chiare fin da subito. Il fatto che si sia trasformato in un suk dove prosperano situazioni di illegalità era stato previsto. I risvolti giudiziari della questione, quelli legati all’utilizzo dei fondi pubblici per la gestione del centro, sono invece emersi dall’inchiesta di Mafia Capitale. Ed è curioso che nelle inchieste di Mafia Capitale sia finito anche il sistema di finanziamento alle cooperative che gestivano i campi Rom di Roma. Anche in quel caso la Lega in passato ha fatto piovere milioni di euro.

Matteo Salvini, il turista “per caso” a Mineo

Quella del Capitano della Lega Nord non è la prima visita a Mineo (ci andò ad esempio nel settembre 2015). Salvini al Cara ci va regolarmente e per fini meramente elettorali. In un certo senso per Matteo Salvini andare a farsi un giro a Mineo, farsi i selfie in giro per Bruxelles dopo un attentato o andare dai terremotati nella neve è la stessa cosa.
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La storia del “Villaggio della solidarietà” di Mineo dovrebbe far capire che Salvini non può presentarsi come un semplice turista. Il partito di cui Matteo Salvini è segretario infatti è coinvolto nell’apertura del centro e anche se Salvini glissa dicendo che “fu aperto in maniera provvisoria quando c’era la guerra in Libia. Poi doveva essere chiuso” questo non sposta di una virgola il problema.
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Come già quando Salvini visitava i campi Rom armato di “ruspa” anche in questo caso si sofferma sulle prove dell’opulenza dei migranti. Parabole, vestiti, trolley:
Ho osservato abusi di vario tipo: si vendono televisori a schermo piatto, stereo, telefonini, scarpe nuove, pantaloni, ma soprattutto quello che contesto è che questa sia integrazione. Sono centomila euro al giorno, spesi male per gente che non scappa dalla guerra

Qual è il modello di integrazione di Salvini?

Salvini arriva al punto di affermare che non è integrazione quella che si vede a Mineo. Il che è verissimo, visto che è un ghetto. Ma non si capisce quale modello di integrazione abbia in mente la Lega, quel partito che solitamente agita lo spauracchio del Piano Kalergi e della “sostituzione di popolo”.
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Della storia delle persone fotografate da Salvini non sappiamo nulla. Non sappiamo se hanno fatto richiesta d’asilo, se lo otterranno, che cosa fanno per vivere o se sono dei pericolosi criminali. Ma non è importante, perché per il leader della Lega Nord sono tutti parassiti o peggio ancora invasori. Come nella migliore tradizione dei razzisti è lo stereotipo che conta: i profughi che scappano dalla guerra non possono avere quelle facce o quei vestiti. L’ultima immagine è emblematica: Salvini accusa i profughi di non lavorare, di non essere produttivi. Da che pulpito, onorevole Salvini, proprio un grande lavoratore come lei.

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