mercoledì 4 gennaio 2017

Ma non erano entrambi sindaci rivoluzionari?

Dopo De Magistris anche Appendino userà i voucher

Lavoro
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I sindaci di Torino e Napoli rivelano la doppia morale politica: criticano i buoni lavoro, ma allo stesso tempo li utilizzano
 
La polemica sull’uso dei voucher si condisce di un nuovo ingrediente: l’uso incontrollato da parte della Pubblica amministrazione per erogare servizi, in particolare da parte dei Comuni. Ci sono due esempi, su tutti, su cui vale la pena porre l’accento per via della loro venatura politica. L’utilizzo dei buoni lavoro da parte del Comune di Napoli guidato da Luigi De Magistris; e quello di Torino con la sindaca del Movimento 5 Stelle, Chiara Appendino. Entrambi i casi, infatti, rivelano una doppia morale politica e mettono in luce l’eccessiva polemica ideologica che in queste settimane sta ruotando attorno al tema.
Il primo, il Masianello, ha aderito ufficialmente – con tanto di delibera in giunta – alla raccolta firme della Cgil per il referendum abrogativo degli stessi voucher. Ma è lo stesso Comune di Napoli che se n’è servito per pagare alcuni suoi collaboratori, facendone perfino un uso distorto. Qualche settimana fa, il suo assessore al Lavoro ha affermato: “Non condividiamo lo strumento, tuttavia abbiamo deciso di non privare i nostri cittadini dall’opportunità di godere di un contributo economico”.
L’altra, la sindaca bocconiana, rappresenta un Movimento anch’esso da sempre contrario ai buoni lavoro (in un post del blog pentastellato dell’anno scorso si legge: “I voucher hanno fatto sprofondare verso il basso il lavoro che una volta era tutelato dai contratti. Chi era in nero è rimasto in nero”). E oggi li userà per pagare alcuni giovani mediatori culturali.
Ma al di là delle contraddizioni ideologiche, dal dibattito in corso in questi giorni emerge chiaramente la necessità di una riflessione sul tema. Il governo ha annunciato un tagliando per evitare gli abusi, con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che non esclude nuovi interventi nei prossimi mesi se gli effetti prodotti dalla tracciabilità (introdotta lo scorso ottobre) non basteranno. E ieri il segretario della Cgil Susanna Camusso è tornata a ribadire con forza che i voucher vanno aboliti, paragonandoli ai pizzini mafiosi, e ponendosi di fatto in contrasto con la visione meno radicale della Cisl, il cui segretario Annamaria Furlan ritiene possano essere modificati, non eliminati.
Di certo se ne occuperà il Parlamento alla riapertura della prossima settimana: il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, ha già calendarizzato per l’11 gennaio l’esame delle cinque proposte di legge di riforma dei voucher. Con l’obiettivo non di abolirli – ha messo più volte in evidenza – bensì di correggere le storture dello strumento per farne “una buona legge”.
E a fare da sfondo c’è l’attesa per la decisione della Consulta (l’11 gennaio) sull’ammissibilità dei tre quesiti referendari promossi dalla Cgil. Uno di questi, com’è noto, chiede proprio l’abrogazione dei voucher. Se i giudici costituzionali dovessero ammettere il quesito, il Parlamento avrebbe comunque il tempo necessario per legiferare e neutralizzare l’ennesima consultazione popolare.

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