Quanto tempo servirà per discutere gli emendamenti, perché il governo non metterà la fiducia e perché il M5S preferisce arrampicarsi sugli specchi pur di non votare una legge che dice di volere (ma che ha paura di approvare)
Per mesi abbiamo cercato di spiegare a quelli del Family Day che quello che sostengono che succederà grazie alla legge sulle Unioni Civili non ha nulla a che fare con il DDL Cirinnà. È stato un lavoro istruttivo, perché ha messo in luce come molte delle polemiche riguardo ai pericoli delle Unioni Civili non abbiano alcun riscontro con la realtà dei fatti e della legge che è in questi giorni – senza non poche fatiche – in discussione al Senato. Finalmente di quello che dicono Adinolfi e la Miriano non si interessa più nessuno, perché ora spetta al Parlamento decidere se la legge si farà o meno. Al Senato però il PD non ha – da solo – i numeri per far approvare il DDL Cirinnà, e non li ha nemmeno il Governo, visto che il NCD del Ministro degli Interni Alfano ha detto che voterà contro. Nei giorni scorsi in Aula è successo questo: la Lega ha presentato cinquemila emendamenti (salvo poi ritirarne la maggior parte per lasciarne in piedi 580) e il senatore Dem Marcucci ha presentato un emendamento canguro per rendere inutili gli emendamenti ostruzionistici della Lega. A quel punto Alberto Airola del M5S ha annunciato che i pentastellati non voteranno il canguro, guadagnandosi il plauso di Adinolfi e costringendo il PD a rinviare nuovamente la discussione in Aula.
Gli errori di Di Battista sulle Unioni Civili
In seguito a questa decisione il MoVimento è stato bombardato dalle critiche di tutti coloro che si aspettavano un’assunzione di responsabilità dal partito di Grillo. Ma evidentemente è qualcosa che non è ancora nelle loro corde, e come ha detto di Di Battista, quella sulle Unioni Civili è solo una legge come tante altre, pazienza quindi se non si farà. I Cinque Stelle sono stati accusati a vario titolo di tradimento perché, tra l’altro, in seguito all’approvazione del Popolo della Rete sul portale ufficiale delle votazioni a cinquestelle si erano impegnati a votare la Cirinnà. Così facendo però stanno solo affossando la legge, perché lo sanno tutti che il PD in Senato non ha i numeri per farla da solo, come ha spiegato due giorni fa la deputata PD Giuditta Pini. Per uscire dalla palude nella quale si sono ficcati con l’unico obiettivo di non fare un favore a Renzi ieri i Cinque Stelle hanno fatto salire in cattedra, letteralmente, il loro pezzo grosso della comuncazione: Alessandro Di Battista. Il quale, come un bravo maestrino (ricorda tanto Renzi quando spiegò la buona scuola) con tanto di lavagna e pennarelli colorati ha spiegato che se la legge non si fa è tutta colpa del PD, il partito più grande che c’è (come dice Dibba), è spaccato al suo interno
Di Battista spiega che loro non sono disposti a votare il canguro perché, pur essendo a favore della legge così com’è, non vuole avallare il ricorso allo “stratagemma” che eliminerebbe gli emendamenti leghisti ma anche quelli dei cattodem del PD. Voi direte, il M5S lo fa per amore del dibattito parlamentare, che è il sale della democrazia. No. Il M5S ammette, per bocca del suo portavoce, che della legge sulle Unioni Civili non gli interessa nulla perché quello che vogliono dimostrare è che il PD è frantumato al suo interno. Cosa della quale – ça va sans dir – nessuno ne parla e pochi ne sono al corrente. Ma cosa significherebbe votare l’emendamento canguro di Marcucci?
Significherebbe votare un emendamento che modifica il ddl riproponendo un testo identico, che fa in modo che la legge risulti formalmente riscritta e nella sostanza torna intatta com’era prima cancellando gli altri emendamenti. Ovvero, significherebbe votare quella legge che i Cinque Stelle si sono detti disposti a votare a patto che non venisse modificata. Quindi la sostanza dei fatti è questa: il M5S vuole votare (perché così hanno deciso gli attivisti) la legge a patto che sia lasciata così. Allo stesso tempo il M5S preferisce rischiare la possibilità che la legge salti (o che venga modificata) solo per far vedere che il PD è in difficoltà (cosa che è nota dal 2013). Ne consegue che se la legge venisse in qualche modo modificata da uno degli emendamenti il M5S non la voterebbe lo stesso perché a quel punto non sarebbe la stessa legge di prima.
Crimi e la favola dei dieci giorni per approvare la Cirinnà
Ma non è finita qui perché Di Battista allora, dopo averci spiegato per cinque minuti l’ovvio (tra l’altro contraddicendo molte delle argomentazioni grilline sull’autoritario Renzi) chiede che il Presidente del Consiglio metta la fiducia sulla legge. Ora, ci sono due motivi per cui Renzi non metterà la fiducia sulla Cirinnà. Il primo è che il Governo è diviso su questa legge, come vi ricorderete NCD fa parte del Governo e non è favorevole alla legge sulle Unioni Civili. Mettere la fiducia non farebbe passare la legge più rapidamente come sostiene Di Battista, farebbe cadere il Governo (con la conseguenza che la legge non verrebbe approvata). La seconda ragione è che Renzi sa, come lo sanno tutti gli italiani che si ricordano i colloqui tra PD e M5S per la formazione di un Governo, che i pentastellati non voterebbero mai la fiducia a Renzi. Di Battista chiede che Renzi metta la fiducia sulla legge solo per mandare a casa Renzi. Questo giusto per chiarire quanto abbiano a cuore la legge sulle Unioni Civili. Il pallone quando se lo portano via?
Quando credi di aver sentito tutto ecco che arriva Vito Crimi, persona informata sui fatti visto che è un Senatore della Repubblica. Eppure nel suo post anche Crimi sta raccontando una versione della storia che non corrisponde a quella reale. Innanzitutto come spiega sempre la molto paziente deputata Pini per poter discutere tutti i 777 emendamenti della Cirinnà senza contingentamento dei tempi, ovvero lasciando a ciascun gruppo parlamentare la possibilità di parlare dieci minuti per ogni emendamento, potrebbero servire 77.700 minuti, ovvero 54 giorni (e non dieci come sostiene Crimi). Questo solo se il Senato lavorasse 24 ore al giorno sette giorni su sette. Per due mesi.
Poi Crimi però parla anche della legge Boccadutri, riferendo che i 204 emendamenti presentati dalle opposizioni furono votati – e respinti – in poco meno di due ore. Peccato che Crimi finga di non sapere che il paragone con la Boccadutri non regga perché in quell’occasione, al di là di Lega e M5S tutti gli altri partiti erano favorevoli, non hanno fatto interventi e hanno così velocizzato i tempi. Su questa legge invece senza i Cinque Stelle il PD non ha la maggioranza necessaria per farla approvare. Ma soprattutto, il numero di gruppi che sono a sfavore della legge (e che quindi prenderanno più tempo per parlare) è di molto superiore ai favorevoli (7 a 3). È comodo e pretestuoso parlare parlare della legge “che dà i soldi ai partiti” come esempio del fatto che quando vuole il PD sa muoversi rapidamente. Certo, per farlo bisogna credere alla storia che anche quella volta la situazione al Senato era identica a quella della Cirinnà. Ma non è così, e Crimi lo sa bene, visto che c’era.
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