La non notizia sulle pensioni di reversibilità
Il governo nella delega sul sostegno alla povertà non ha parlato in maniera esplicita di reversibilità. Poletti chiarisce: “Per il futuro non è allo studio nessun intervento a riguardo”
“La polemica sulle pensioni di reversibilità è totalmente infondata”. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti chiarisce senza mezzi termini la controversia nata dopo l’arrivo a Montecitorio della delega del governo sul sostegno alla povertà. A mettere in guardia i pensionati era stato il ddl del governo giunto ieri in Commissione lavoro della Camera, un testo pensato per riordinare le prestazioni di natura assistenziale e previdenziale come strumento unico di contrasto alla povertà con misure legate al reddito e al patrimonio. Una delle ipotesi è stata quella di legare all’Isee, e quindi al reddito, la pensione di reversibilità, ossia la pensione erogata agli eredi di chi ha già maturato i requisiti per l’assegno. Da qui l’accusa al governo di avere l’intenzione di cancellare quel diritto. “Evidentemente – spiega Poletti – c’è chi cerca facile visibilità dilettandosi a inventare un problema che non c’è per poi poter dire di averlo risolto. La proposta di legge delega del governo – assicura – lascia esplicitamente intatti tutti i trattamenti in essere e per il futuro non è allo studio nessun intervento sulle pensioni di reversibilità. Tutto quello che la delega si propone è il superamento di sovrapposizioni e situazioni anomale”.
Come nasce dunque la polemica? Nella relazione al ddl vengono citate a pagina 10 le pensioni di reversibilità. Ma nel testo – composto di un unico articolo – la reversibilità non viene mai riportata in maniera esplicita. Per essere precisi, al punto E (pagina 18 del testo) si parla di “razionalizzazione delle prestazioni di natura assistenziale, nonché di altre prestazioni anche di natura previdenziale,sottoposte alla prova dei mezzi, inclusi gli interventi rivolti a beneficiari residenti all’estero, fatta eccezione per le prestazioni legate alla condizione di disabilità e di invalidità del beneficiario”.
Alcuni hanno pensato alla reversibilità perché la tabella F della legge 335 del 1995 prevede – proprio per le pensioni di reversibilità – una riduzione in base al reddito del titolare.
“Sulla reversibilità si è creato un terrore incredibile”, chiarisce l’onorevole del partito democratico, Maria Luisa Gnecchi, anche perché “il governo nel testo presentato non ha parlato in maniera esplicita di reversibilità, la polemica è infondata”. A ogni modo, aggiunge, “il Pd non permetterà che venga tolto neanche un solo euro dalle pensioni. Solo se fossimo in un mondo in cui dalla culla ci fossero pari opportunità tra uomini e donne – spiega ancora la deputata dem – si potrebbe pensare di modificarla. In quel caso, infatti, ognuno potrebbe contare sul proprio lavoro, sulla propria retribuzione e sulla propria possibilità di fare carriera arrivando a una pensione dignitosa. Ma fino a quando le donne sono a part-time per accudire figli, genitori, suoceri e mariti, fino a quando guadagnano di meno, hanno meno possibilità di carriera, la pensione di reversibilità non può essere messa in discussione: è il minimo compensativo per assicurare un minimo di giustizia e dovranno passare sul cadavere di molti di noi prima di toccarla”, conclude Gnecchi.
Nessun commento:
Posta un commento