La parola fine sulla bufala del referendum per l’indipendenza del Veneto
Il governo Zaia mette una pietra sopra il fantaprogetto referendario, poco più che una mossa che strizzava l'occhio agli indipendentisti
Il governatore leghista Luca Zaia aveva sostenuto che «il popolo, che va rispettato» e alla stampa estera aveva dichiarato che si sarebbe impegnato per portare avanti e far votare al Consiglio veneto la proposta di legge formale per l’indizione di un referendum. Oggi si è rimangiato tutto, niente referendum.
LA RETROMARCIA DI ZAIA -
Luca Zaia sapeva come san tutti che ci sono «oggettivi problemi di compatibilità con la Costituzione», ma, disse: «il diritto internazionale ci dà ragione sul fronte dell’autodeterminazione e sulla possibilità di fare il referendum». Lo Zaia indipendentista non appariva molto convinto, ma qualcosa doveva pur fare per tentare di non perdere i voti degli indipendentisti, che all’epoca sembravano in gran spolvero.
NIENTE INDIPENDENZA PER IL VENETO -
Poi nel luglio scorso è intervenuta una sentenza della sulle due leggi regionali messe in pista per aprire la strada all’ipotesi (le leggi 15 e 16 del 19 giugno 2014) accogliendo diversi punti del ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio e dichiarando in primo luogo l’illegittimità del primo testo, quello «secessionista» rispetto all’articolo 5 «perché non solo riguarda scelte fondamentali di livello costituzionale, come tali precluse ai referendum regionali, ma suggerisce sovvertimenti istituzionali radicalmente incompatibili con i fondamentali principi di unità e indivisibilità della Repubblica».
La sentenza aveva però salvato il quesito della legge 15 sulle «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» mentre aveva bocciato i quesiti referendari sull’autonomia fiscale e sull’ipotesi del passaggio della Regione tra quelle a statuto speciale.
La sentenza aveva però salvato il quesito della legge 15 sulle «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» mentre aveva bocciato i quesiti referendari sull’autonomia fiscale e sull’ipotesi del passaggio della Regione tra quelle a statuto speciale.
LA MOSSA DELLA LEGA NORD -
Il referendum di Zaia era spuntato dopo quello molto ballerino tenuto da un pattuglione di indipendentisti veneti. I promotori di ‘Plebisicito.eu’ hanno fornito i dati della consultazione e secondo loro i voti conteggiati sono stati 2.360.235, pari al 73,2% degli aventi diritto al voto in veneto; i sì all’indipendenza due milioni 102.969, pari all’89% dei votanti, i no 257.276 (10,9%). I voti ritenuti ‘non validi’, 6.615 (0,29%). Numeri alquanto gonfiati secondo più di un osservatore, ma in fin dei conti la possibilità di votare online e la gestione del server non affidata a un controllo terzo, permettevano di dare i numeri a piacere.
LEGGI ANCHE: La figuraccia della Lega finisce sul Telegraph
LA FINE DELLE FANTASIE SULL’INDIPENDENZA -
Ieri la giunta regionale di Luca Zaia messo una pietra sopra e tutta la faccenda e ha deliberato la restituzione dei fondi raccolti per sostenere il referendum, che non si può fare, ma che nei fatti era stato bocciato anche dai veneti che, chiamati a contribuire volontariamente alle spese per la consultazione, hanno risposto in pochissimi. Su quasi 5 milioni di abitanti solo 1.363 hanno donato una somma allo scopo di sponsorizzare il referendum. In tutto sono stati raccolti 114.914,88 euro, una miseria rispetto a una previsione di spesa di 13 milioni e anche rispetto alla sfilza di industriali ed imprenditori che, a detta di qualcuno, a centinaia si sarebbero messi in fila per fare sostanziosi bonifici. L’indipendenza del Veneto si conferma quindi un argomento che appassiona un numero molto ridotto di veneti, ben lontano dalla maggioranza, e che periodicamente è cavalcato dalla pattuglia leghista in regione per ragioni squisitamente elettorali. Anche i leghisti veneti preferiscono le certezze di una Roma ladrona quanto matrona, al salto nel buio del veneto indipendente.
Nessun commento:
Posta un commento