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Servono soldi per riparare i computer in casa della nuova compagna del funzionario comunale? Li anticipa l’imprenditore favorito negli appalti, che poi sarà rimborsato a spese della collettività. «Questa è la pubblica amministrazione», secondo Raffaele Peluso, l’agronomo in servizio presso il servizio infrastrutture del comune di San Giorgio a Cremano finito agli arresti domiciliari insieme ad altre cinque persone.

«A proposito, dobbiamo aggiustare i computer a casa tua?», chiede infatti Peluso in una lunga conversazione ambientale del luglio 2014. E quando la compagna obietta: «I soldi per comprare i computer non li abbiamo», il funzionario replica: «Li anticipa D’Alessandro (imprenditore a sua volta adesso agl iarresti domiciliari ndr) e noi li paghiamo come lavori sotto altra forma. È normale», assicura l’indagato. Assistito dall’avvocato Giuseppe De Angelis, Peluso potrà replicare nelle successive fasi del procedimento alle accuse che il pm Ida Frongillo, titolare con il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino dell’indagine condotta dalla squadra mobile, gli muove sulla base anche della testimonianza della sua ex moglie, Annamaria Crescente. Nell’inchiesta è indagato anche il sindaco di San Giorgio a Cremano, Giorgio Zinno, per il quale il gip ha respinto la richiesta di arresti per carenza di gravi indizi.

Nelle intercettazioni, Peluso ostenta invece grande spregiudicatezza. «Va bene, ma tu rubi», gli dice in un colloquio del 15 dicembre la nuova compagna. E il funzionario, senza scomporsi: «Eh certo, che cosa mi importa». Il giorno prima, l’indagato si lascia andare a quella che, nella interpretazione del giudice, rappresenta «una piena ammissione di colpevolezza, allorché confessa di mangiare e di saperlo fare con abilità». Afferma Peluso nell’intercettazione: «Tu che fai, dici che io mangio, non ti lascio proprio niente. Siccome sono migliore di te, oppure mi vogliono più bene di te, io mi fotto tutte le cose. Poi fammi vedere cosa fai».

Dalle maglie dell’inchiesta emerge anche un episodio ancora oscuro. L’incendio dell’auto della moglie di Peluso avvenuto, ha raccontato la donna, «nel febbraio 2011, poco tempo dopo la nomina di mio marito quale responsabile del settore Infrastrutture». I vigili del
 fuoco accertarono la natura dolosa dell’episodio. «Mio marito non mi ha mai detto se aveva dei sospetti», dice la teste. Ma la coppia, poco dopo, decise di cambiare abitazione. In una conversazione del 16 gennaio, invece, un’amica mette Peluso sull’avviso: «C’è stato un periodo in cui di te, di Leone e di Intoccia si parlava come di una lobby. Salvati, Lello, tirati fuori da quella triade». Un buon consiglio, ma era già troppo tardi.