Un'irrisione ai poveri del mondo
Si può essere contrari all'Expo. La si può considerare una manifestazione coloniale. La si può boicottare. Ma quello che è successo non rende certo un buon servizio all'opposizione economica e culturale
Non chiamatela rabbia. Non chiamateli anarchici. Non chiamateli disoccupati. Questi sono fascisti. Sono i soliti professionisti della violenza. Gente dal cuore nero come le divise che indossano. Questa volta non hanno nemmeno l'alibi del contatto con i cordoni di carabinieri e polizia. Si è visto benissimo nelle dirette.
Dentro al corteo sono apparse spranghe, bottiglie piene di benzina, bombe carta. Ed è cominciato l'attacco a Milano. Un attacco a freddo.
Si può essere contrari all'Expo. La si può considerare una nostalgica manifestazione coloniale. La si può boicottare. La si può contestare. Questa è democrazia. Ma non si può abusare della democrazia distruggendo il centro di una città. Aggredendo giornalisti, come è successo a un operatore dell'Agenzia H24, incendiando auto. I poveri del mondo, quelli veri che non hanno nemmeno i soldi di comprarsi casco e anfibi da guerra che questi violenti indossano, non li vedranno mai in azione.
Tre auto sono state date alle fiamme nel corso di un tafferuglio scoppiato tra i black bloc e le forze dell'ordine durante il corteo. I black bloc hanno iniziato una fitta sassaiola contro le forze dell'ordine in corso Magenta, nei pressi dell'incrocio con largo D'Ancona, quindi hanno spaccato i vetri delle auto e le hanno bruciate.
O se li vedranno in tv, nelle foto o su Internet, non capiranno nemmeno il perché. Attaccare una città inerme e ospitale, non sfama chi ha fame. Il modello Expo, il lavoro dei volontari gratis, la corruzione negli appalti, la fame, la migrazione dei popoli. Sono tanti i temi di discussione. Di discussione, appunto. Quelli che hanno organizzato la manifestazione, i soliti voltagabbana che con la loro ambiguità si trasformano in cavalli di Troia, lo devono ammettere: Milano, medaglia d'oro della Resistenza, ha aperto loro le porte e loro non hanno vigilato. Grazie a loro, i fascisti sono tornati a marciare su Milano.
Dentro al corteo sono apparse spranghe, bottiglie piene di benzina, bombe carta. Ed è cominciato l'attacco a Milano. Un attacco a freddo.
Si può essere contrari all'Expo. La si può considerare una nostalgica manifestazione coloniale. La si può boicottare. La si può contestare. Questa è democrazia. Ma non si può abusare della democrazia distruggendo il centro di una città. Aggredendo giornalisti, come è successo a un operatore dell'Agenzia H24, incendiando auto. I poveri del mondo, quelli veri che non hanno nemmeno i soldi di comprarsi casco e anfibi da guerra che questi violenti indossano, non li vedranno mai in azione.
O se li vedranno in tv, nelle foto o su Internet, non capiranno nemmeno il perché. Attaccare una città inerme e ospitale, non sfama chi ha fame. Il modello Expo, il lavoro dei volontari gratis, la corruzione negli appalti, la fame, la migrazione dei popoli. Sono tanti i temi di discussione. Di discussione, appunto. Quelli che hanno organizzato la manifestazione, i soliti voltagabbana che con la loro ambiguità si trasformano in cavalli di Troia, lo devono ammettere: Milano, medaglia d'oro della Resistenza, ha aperto loro le porte e loro non hanno vigilato. Grazie a loro, i fascisti sono tornati a marciare su Milano.
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