MALCONTENTO
Veneto, aumentano i mugugni leghisti contro Salvini
Matteo sempre in tivù. Gli altri esponenti oscurati. E Zaia tallonato dalla Moretti. Se perde il Veneto, il n.1 del Carroccio va 'a processo'. «Che errore espellere Tosi».
di Paola Sacchi
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30 Aprile 2015
Luca Zaia si mostra tranquillo.
Dal suo entourage trapela sempre lo stesso sondaggio che lo vede di 10 punti sopra la sfidante del Partito democratico Alessandra Moretti.
Ma il governatore leghista uscente, che cinque anni fa fu il più votato d’Italia con oltre il 60% dei consensi, ora non supererebbe il 40%.
E il rischio sarebbe quello di non godere di una forte maggioranza.
Ma questo sarebbe il minimo, perché, secondo altre rilevazioni riservate, Moretti gli starebbe invece incollata a soli due o tre punti di distanza.
MATCH ANCORA APERTO. Sia come sia, la battaglia del Veneto per la Lega Nord è ancora molto aperta.
Tanto più se Matteo Renzi andrà a fare una campagna elettorale a tambur battente, come sembra intenzionato a fare, per recuperare lo svantaggio della sua candidata.
È chiaro che in Veneto Matteo Salvini rischia di bruciarsi la leadership, o quanto meno di vederla per la prima volta seriamente incrinata.
PESA L'INCOGNITA TOSI. L’espulsione di Flavio Tosi (dato dai suoi fedelissimi addirittura al 13% e dai leghisti invece al 7, massimo 8%) e “lo sfascio” di Forza Italia che sarebbe addirittura precipitata al 5% mettono a rischio per la prima volta la riconferma di Zaia che in altre epoche sarebbe stata del tutto sicura.
Questa incertezza, intanto, sta alimentando tra i fedelissimi di Silvio Berlusconi un desiderio inconfessabile: quello di mitigare la sconfitta alle elezioni regionali con un “6 a 1”.
Significa: 6 Regioni al Pd, Veneto compreso, la Campania riconfermata a Forza Italia.
SILVIO PUÒ BATTERE MATTEO. Tradotto in termini politici: «Se si perde il Veneto, la sconfitta è tutta della Lega, Berlusconi toglierebbe di mezzo Salvini nella contesa per la futura leadership del centrodestra e noi dimostreremmo che l’unico luogo dove il centrodestra vince ancora è grazie a noi in Campania».
Dal suo entourage trapela sempre lo stesso sondaggio che lo vede di 10 punti sopra la sfidante del Partito democratico Alessandra Moretti.
Ma il governatore leghista uscente, che cinque anni fa fu il più votato d’Italia con oltre il 60% dei consensi, ora non supererebbe il 40%.
E il rischio sarebbe quello di non godere di una forte maggioranza.
Ma questo sarebbe il minimo, perché, secondo altre rilevazioni riservate, Moretti gli starebbe invece incollata a soli due o tre punti di distanza.
MATCH ANCORA APERTO. Sia come sia, la battaglia del Veneto per la Lega Nord è ancora molto aperta.
Tanto più se Matteo Renzi andrà a fare una campagna elettorale a tambur battente, come sembra intenzionato a fare, per recuperare lo svantaggio della sua candidata.
È chiaro che in Veneto Matteo Salvini rischia di bruciarsi la leadership, o quanto meno di vederla per la prima volta seriamente incrinata.
PESA L'INCOGNITA TOSI. L’espulsione di Flavio Tosi (dato dai suoi fedelissimi addirittura al 13% e dai leghisti invece al 7, massimo 8%) e “lo sfascio” di Forza Italia che sarebbe addirittura precipitata al 5% mettono a rischio per la prima volta la riconferma di Zaia che in altre epoche sarebbe stata del tutto sicura.
Questa incertezza, intanto, sta alimentando tra i fedelissimi di Silvio Berlusconi un desiderio inconfessabile: quello di mitigare la sconfitta alle elezioni regionali con un “6 a 1”.
Significa: 6 Regioni al Pd, Veneto compreso, la Campania riconfermata a Forza Italia.
SILVIO PUÒ BATTERE MATTEO. Tradotto in termini politici: «Se si perde il Veneto, la sconfitta è tutta della Lega, Berlusconi toglierebbe di mezzo Salvini nella contesa per la futura leadership del centrodestra e noi dimostreremmo che l’unico luogo dove il centrodestra vince ancora è grazie a noi in Campania».
Zaia potrebbe non avere la maggioranza in Consiglio regionale
È chiaro che ragionamenti simili non ci sarebbero mai stati se Salvini in Veneto avesse avuto la certezza di vincere.
Roberto Marcato, leghista vicino a Zaia, si dice sicuro: «È il Pd che mette in circolazione ad arte sondaggi che vendono i due candidati incollati. Vinceremo, perché i veneti non vogliono la novità, ma la continuità rappresentata dal nostro buon governo».
MUGUGNI SOTTERRANEI. Però lo stesso dubbio che il governatore uscente potrebbe anche non farcela oppure potrebbe spuntarla di misura, rischiando anche di non avere la maggioranza in Consiglio regionale, sta già alimentando dentro la Lega alcuni mugugni sotterranei, destinati a restare lettera morta se dovesse arrivare la vittoria.
Ma a venire allo scoperto in caso di sconfitta.
Sono per ora rumor sommessi su un certo presenzialismo di cui viene accusato Salvini.
ALTRI LEGHISTI OSCURATI. La stella del leader della Lega che ha salvato il Carroccio dall’estinzione portandolo nei sondaggi al 14%, sopra Forza Italia, brilla su tutti i media: dai social network alla tivù. Poche però sono le apparizioni degli altri leghisti.
Cosa che starebbe scontentando alcuni giovani parlamentari, dati più vicini a Giancarlo Giorgetti e a Roberto Maroni.
PARLAMENTO NON 'SUO'. Salvini, nonostante la sua travolgente ascesa, sconta un po’ lo stesso problema dell’altro Matteo (Renzi), che si ritrovò un parlamento pieno di nominati dal suo predecessore Pier Luigi Bersani.
Ancora oggi, alla Camera, per esempio, spesso tra i leghisti si sente dire: «Ce lo ha detto Giancarlo, oppure Roberto (Calderoli, ndr)...».
Roberto Marcato, leghista vicino a Zaia, si dice sicuro: «È il Pd che mette in circolazione ad arte sondaggi che vendono i due candidati incollati. Vinceremo, perché i veneti non vogliono la novità, ma la continuità rappresentata dal nostro buon governo».
MUGUGNI SOTTERRANEI. Però lo stesso dubbio che il governatore uscente potrebbe anche non farcela oppure potrebbe spuntarla di misura, rischiando anche di non avere la maggioranza in Consiglio regionale, sta già alimentando dentro la Lega alcuni mugugni sotterranei, destinati a restare lettera morta se dovesse arrivare la vittoria.
Ma a venire allo scoperto in caso di sconfitta.
Sono per ora rumor sommessi su un certo presenzialismo di cui viene accusato Salvini.
ALTRI LEGHISTI OSCURATI. La stella del leader della Lega che ha salvato il Carroccio dall’estinzione portandolo nei sondaggi al 14%, sopra Forza Italia, brilla su tutti i media: dai social network alla tivù. Poche però sono le apparizioni degli altri leghisti.
Cosa che starebbe scontentando alcuni giovani parlamentari, dati più vicini a Giancarlo Giorgetti e a Roberto Maroni.
PARLAMENTO NON 'SUO'. Salvini, nonostante la sua travolgente ascesa, sconta un po’ lo stesso problema dell’altro Matteo (Renzi), che si ritrovò un parlamento pieno di nominati dal suo predecessore Pier Luigi Bersani.
Ancora oggi, alla Camera, per esempio, spesso tra i leghisti si sente dire: «Ce lo ha detto Giancarlo, oppure Roberto (Calderoli, ndr)...».
La parte del leone la fa ancora Roberto Calderoli
Lo stesso capogruppo Massimiliano Fedriga, seppur schieratissimo con il segretario, è ritenuto più vicino a Giorgetti, al quale viene attribuita anche la new entry Barbara Saltamartini, ex Nuovo centrodestra.
Al Senato, poi, ci sarebbe solo Gian Marco Centinaio, il capogruppo, come salviniano doc.
Per il resto la parte del leone la fa ancora Calderoli, tornato in ottimi rapporti con Umberto Bossi.
MA NIENTE CORRENTI. Questo non significa che nella Lega ci siano le correnti, che non sono ammesse.
La disciplina di partito, che prevede la fedeltà al leader, è più ferrea che in altre realtà
Ma i contraccolpi dell’espulsione di Tosi e l’incertezza che ha determinato in Veneto, una piccola, seppur per ora molta piccola, scalfitura all’ascesa di Salvini l’hanno impressa.
«CHE CAVOLATA CON FLAVIO». Qualche ex parlamentare un tempo di rito bossiano ragiona così, sotto anonimato, con Lettera43.it: «Matteo aveva la grande occasione di dare dal Veneto la scalata alla leadership del centrodestra e mettere sotto scacco Forza Italia, e invece ha fatto questa cavolata di espellere Flavio...».
VIA BELLERIO IN SUBBUGLIO. Figuriamoci poi cosa accadrebbe se la Lega perdesse il Veneto e Forza Italia confermasse la Campania. Sarebbe una specie di regalo agli azzurri in grande difficoltà.
E l’inizio del processo a Salvini in via Bellerio. Anche se in quel caso il leader potrebbe sempre dire: «Io però ho portato la Lega in tutt’Italia al 14%». Ma senza il Veneto sarebbe tutt’altra musica.
Al Senato, poi, ci sarebbe solo Gian Marco Centinaio, il capogruppo, come salviniano doc.
Per il resto la parte del leone la fa ancora Calderoli, tornato in ottimi rapporti con Umberto Bossi.
MA NIENTE CORRENTI. Questo non significa che nella Lega ci siano le correnti, che non sono ammesse.
La disciplina di partito, che prevede la fedeltà al leader, è più ferrea che in altre realtà
Ma i contraccolpi dell’espulsione di Tosi e l’incertezza che ha determinato in Veneto, una piccola, seppur per ora molta piccola, scalfitura all’ascesa di Salvini l’hanno impressa.
«CHE CAVOLATA CON FLAVIO». Qualche ex parlamentare un tempo di rito bossiano ragiona così, sotto anonimato, con Lettera43.it: «Matteo aveva la grande occasione di dare dal Veneto la scalata alla leadership del centrodestra e mettere sotto scacco Forza Italia, e invece ha fatto questa cavolata di espellere Flavio...».
VIA BELLERIO IN SUBBUGLIO. Figuriamoci poi cosa accadrebbe se la Lega perdesse il Veneto e Forza Italia confermasse la Campania. Sarebbe una specie di regalo agli azzurri in grande difficoltà.
E l’inizio del processo a Salvini in via Bellerio. Anche se in quel caso il leader potrebbe sempre dire: «Io però ho portato la Lega in tutt’Italia al 14%». Ma senza il Veneto sarebbe tutt’altra musica.
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