La Famiglia Di 'Ndrangheta Dei MAFODDA, Il M5S Ed Il “Bravo Carmine” Per L'Alice Salvatore
Abbiamo ricostruito al dettaglio la storia (dagli Atti) dellafamiglia di 'ndrangheta dei MAFODDA insediatasi nella roccaforte imperiese, a partire da Arma di Taggia. Abbiamo posto una domanda semplice, alla luce del fatto che uno dei principali attivisti del M5S è MAFODDA Carmine (della famiglia MAFODDA - nella foto a sinistra, in basso, con giacca chiara) non risulta essersi mai dissociato da tale famiglia 'ndranghetista e non abbia, quindi, mai tagliato i ponti e rapporti con i suoi componenti. La domanda era: ma al M5S va bene così?
Risposte ufficiali pervenute: zero. Risposte rintracciate sul web molte (anche condite da insulti e idiozie eclatanti), a partire da quella degli esponenti del M5S (dagli eletti nei Comuni ai candidati alle regionali M5S di Imperia alle prossime regionali sino a quello della candidata alla Presidenza della Regione Liguria, Alice Salvatore), sono un coro che si può sintetizzare così: va bene così, è un attacco al M5S!
Ed allora adesso andiamo avanti...
Il fatto che la famiglia MAFODDA sia, dai tempi di TEARDO, epicentro del “voto di scambio” in quel territorio, per le diverse tornate elettorali, lo si è già dettagliatamente ricostruito attraverso gli Atti ufficiali (vedi qui), così come si è anche ricordato che nella nota inchiesta “MAGLIO 3” - tanto citata dagli esponenti del M5S – si evidenzia che due esponenti - già conosciuti per essere strettamente legati alla famiglia MAFODDA, ovvero LA ROSA Vincenzo ed il GANGEMI Massimo (nipote del capo-locale di Genova GANGEMI Domenico detto "Mimmo") - erano coloro che si trovavano in prima linea nella trattativa con i politici in occasione delle più recenti tornate elettorali (SAJETTO, MINASSO, SASO).
Per gli esponenti del M5S intervenuti a difesa (come vedremo dopo) del MAFODDA Carmine, solo illazioni,invenzioni della Casa della Legalità, anzi: menzogne e fango gettati dal Presidente della Casa della Legalità, Abbondanza, che qualcuno, quindi, auspica finisca “affogato nella merda”.
Senza ripetere quanto già documentato (vedi qui) portiamo, quindi, per iniziare, un ulteriore elemento documentale. Anche questo è un documento ufficiale agli atti del processo “LA SVOLTA” (l'altro tanto citato dagli esponenti del M5S) e, precisamente, un Rapporto del ROS alla DDA di Genova del 14 febbraio 2006 in riferimento all'indagine “ROCCAFORTE”. Ecco cosa si legge nel capitolo dedicato al “GRUPPO MAFODDA”:
«Ma nell’area del Ponente ligure una altro gruppo criminoso, operante nel comprensorio di Arma di Taggia (IM), ha rivelato la sua pericolosità ed è stato coinvolto in varie inchieste nelle quali era al centro di un proficuo traffico internazionale di stupefacenti.
L’escalation criminale del gruppo, guidato dai fratelli MAFODDA, e con loro i cugini, incominciava a partire dagli anni ’80, riuscendo ad intimidire la piccola delinquenza di Taggia, Arma, Riva Ligure e Santo Stefano al Mare, con la quale iniziavano poi un’intensa attività criminale legata alle estorsioni ed al commercio di stupefacenti.
Il capostipite, MAFODDA Luigi nato a Palmi (RC) il 9.6.1917, giunto in Liguria nei primi anni ‘60 come sorvegliato speciale, inizialmente si stabiliva nella cittadina di Sanremo, come operaio impegnato nella costruzione dell’”Autostrada dei Fiori”.
Verso la fine degli anni ‘70, veniva registrata la presenza nella località di Taggia dell'intera famiglia MAFODDA, in particolare di Aldo nato a Palmi (RC) il 9.6.1952 (deceduto), Mario nato a Palmi (RC) il 19.2.1959, Rodolfo nato a Palmi (RC) il 19.7.1956, Palmiro nato a Palmi (RC) il 27.9.1947 e Letterio nato a Palmi (RC) il 14.11.1946, che evidenziavano ben presto una spiccata propensione a delinquere diventando oggetto di attenzione ed indagine degli organi di polizia.
Nel 1980, infatti, i MAFODDA erano coinvolti in una vasta operazione, nel corso della quale venivano tratti in arresto MAFODDA Aldo, ritenuto il capo di una associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, unitamente ai fratelli Mario e Rodolfo ed altri.
Nella seconda metà degli anni Ottanta, dopo che i componenti del clan MAFODDA avevano scontato pene detentive di diversa entità, riapparivano sulla scena espandendo le propria attività delinquenziali anche nel campo delle estorsioni, mediante incendi dolosi ed attentati dinamitardi a discoteche ed altri esercizi pubblici.
Nel 1986, il gruppo raggiungeva il proprio apice criminale con il sequestro di persona del piccolo BALBONI Lorenzo, figlio di un farmacista di Bussana, delitto per il quale erano arrestati e condannati a lunghe pene detentive i principali componenti del clan: MAFODDA Rodolfo, Mario e Palmiro, DEL DUCA Antonino, MICHELIZZI Francesco e MANDARANO Mario.
Il nome di detta famiglia, tornava tragicamente di attualità nel 1990 quando Umberto NARDELLI, componente della famiglia calabrese dei LUCÀ, uccide a colpi di pistola MAFODDA Aldo e feriva gravemente il fratello Letterio.
Il fatto delittuoso, avvenuto a Riva Ligure davanti alla discoteca “Jimmy’z”, di fatto gestita dai fratelli MAFODDA, era ascrivibile a contrasti sorti per il controllo del territorio fra i due gruppi malavitosi, causati anche dal temporaneo indebolimento del clan MAFODDA, in parte detenuto.
Nella seconda metà degli anni Ottanta, dopo che i componenti del clan MAFODDA avevano scontato pene detentive di diversa entità, riapparivano sulla scena espandendo le propria attività delinquenziali anche nel campo delle estorsioni, mediante incendi dolosi ed attentati dinamitardi a discoteche ed altri esercizi pubblici.
Nel 1986, il gruppo raggiungeva il proprio apice criminale con il sequestro di persona del piccolo BALBONI Lorenzo, figlio di un farmacista di Bussana, delitto per il quale erano arrestati e condannati a lunghe pene detentive i principali componenti del clan: MAFODDA Rodolfo, Mario e Palmiro, DEL DUCA Antonino, MICHELIZZI Francesco e MANDARANO Mario.
Il nome di detta famiglia, tornava tragicamente di attualità nel 1990 quando Umberto NARDELLI, componente della famiglia calabrese dei LUCÀ, uccide a colpi di pistola MAFODDA Aldo e feriva gravemente il fratello Letterio.
Il fatto delittuoso, avvenuto a Riva Ligure davanti alla discoteca “Jimmy’z”, di fatto gestita dai fratelli MAFODDA, era ascrivibile a contrasti sorti per il controllo del territorio fra i due gruppi malavitosi, causati anche dal temporaneo indebolimento del clan MAFODDA, in parte detenuto.
MAFODDA Mario veniva poi nuovamente arrestato in data 13.3.1998, in quanto sorpreso a detenere armi ed ingenti somme di denaro in un appartamento di Milano, ove risiedeva agli arresti domiciliari [tratto in arresto dalla Squadra Mobile di Milano per detenzione di due pistole, un silenziatore e lire 135.000.000 in contanti, verosimilmente provento del commercio di stupefacenti] . E’ opinione degli inquirenti, supportata dal ritrovamento di numerosi telefoni cellulari nonché di una macchina “conta-soldi”, che il MAFODDA si stesse nuovamente imponendo nell'ambito criminale, in particolare nel settore degli stupefacenti avvalendosi della collaborazione anche di cittadini extracomunitari.
«… Sulla scorta di tutte le precedenti risultanze, come sopra criticamente apprezzate, non può dubitarsi oltre circa l’esistenza di un’associazione malavitosa ruotante introno ai fratelli MAFODDA, munita dei caratteri di cui all’art. 416 bis c.p. ed operativa nell’ambito locale di Taggia e dintorni…».
«… Sulla scorta di tutte le precedenti risultanze, come sopra criticamente apprezzate, non può dubitarsi oltre circa l’esistenza di un’associazione malavitosa ruotante introno ai fratelli MAFODDA, munita dei caratteri di cui all’art. 416 bis c.p. ed operativa nell’ambito locale di Taggia e dintorni…».
Tuttavia un’altra sentenza di giudizio abbreviato nr. 217/99 Reg. Sent. del 15 aprile 1999, emessa dal GIP presso il Tribunale di Genova, nei confronti ancora di MAFODDA Rodolfo, MAFODDA Mario eGUGLIELMELLI Giuseppe, condannati anche per associazione di tipo mafioso, rivela l’esistenza della mafia calabrese:
a pag. 7: «… La natura “mafiosa” dell’organizzazione criminale dei MAFODDA emerge con chiarezza anche dalle motivazioni dei singoli reati di estorsione, dalle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, nonché da quelle delle numerose parti lese …», ed ancora: «… Tutte le suddette dichiarazioni convergono nel dire che l’organizzazione dei MAFODDA (che peraltro disponeva e faceva uso ampiamente di armi ed esplosivi) era in grado di compiere, in modo sistematico estorsioni ai danni di commercianti e privati cittadini della zona di Taggia e limitrofe; che era nota in quell’area la pericolosità del gruppo e che, come dimostrano, i numerosi fatti estorsivi e dinamitardi commessi, induceva le vittime a pagare o a chiedere protezione agli stessi MAFODDA… »;
- a pag. 11 si ribadisce: «…Può ritenersi, pertanto, sufficientemente provato che limitatamente ai reati commessi dai MAFODDA nel periodo in cui l’associazione mafiosa da loro capeggiata è stata operativa, il disegno criminoso comprendesse sia la creazione del gruppo stesso che la commissione dei singoli reati – fine…».
- a pag. 11 si ribadisce: «…Può ritenersi, pertanto, sufficientemente provato che limitatamente ai reati commessi dai MAFODDA nel periodo in cui l’associazione mafiosa da loro capeggiata è stata operativa, il disegno criminoso comprendesse sia la creazione del gruppo stesso che la commissione dei singoli reati – fine…».
Quanto finora enunciato, non può che essere ulteriormente avvalorato da quanto accaduto a due soggetti appartenenti al sodalizio dei MAFODDA: si tratta del già citato MANDARANO Mario nato a Cosenza il 10.3.1959, e di GANGEMI Massimo nato a Sanremo (IM) il 18.7.1964 [entrambi i soggetti sono emersi essere in contatto con GANGEMI Domenico, uno dei principali indagati dell’indagine “MAGLIO”, condotta da questa Sezione A/C.]
In data 9 ottobre 2002, in località Arma di Taggia (IM), la Squadra Mobile di Imperia li traeva in arresto, per detenzione illegale di armi da guerra e detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente [borsone 1: fucile a pompa marca Browning munito di nr. 7 cartucce cal. 12 nel caricatore; fucile a pompa marca Winchester Defender cal. 12, con matricola parzialmente abrasa; pistola semiautomatica cal. 9 mod. HS con caricatore con 15 cartucce cal. 9x19 incamiciate; pistola semiautomatica cal. 7.65 mod. 70 marca Crvena Zastava munita di caricatore con nr. 6 cartucce; pistola semiautomatica marca Beretta cal. 6.35 munita di caricatore e silenziatore; nr. 2 silenziatori di diversa fattura; una bomba a mano integra “a frammentazione” prestabilita del tipo “ananas”; una bomba a mano integra a corpo liscio di colore verde; vario munizionamento; borsone 2: pistola mitragliatrice cal. 7.65, con caricatore a banana contenente nr. 20 cartucce; mitraglietta cal. 9 marca Ero Croatia, con caricatore contenente nr. 29; una pistola con la dicitura Vape Magic contenente nr. 49 munizioni cal. 12 caricate a pallini; numeroso munizionamento; nr. 2 bombe a mano a “frammentazione” prestabilita del tipo “ananas”; una bomba a mano a “frammentazione” prestabilita del tipo “ananas” con accensione a miccia a lenta combustione; borsa 3: una pistola marca Beretta cal. 6.35; munizionamento vario; borsone 4: pistola a salve marca Olimpic 38; apparato radio portatile; munizionamento vario; due bilancini di precisione; nr. 2 copriviso (mefisto) di colore nero; materiale per il confezionamento di quantitativi di sostanze stupefacenti]. Nella fattispecie era eseguita una perquisizione all’interno di un garage nella disponibilità dei predetti, dove erano rinvenuti tre borsoni sportivi ed un’ultima borsa, tutti contenenti materiale di armamento di varia fattura. L’operazione si collocava all’interno di un’articolata indagine, coordinata dalla D.D.A. Di Reggio Calabria, tesa a disgregare un sodalizio criminoso di matrice ‘ndranghetista, dedito al traffico di sostanze stupefacenti, operante in Calabria e con appendici in altre aree della Penisola.
Le armi oggetto del sequestro erano, con ogni probabilità, destinate ad un circuito criminale di stanza in Francia, collegato alla ‘Ndrangheta ed in particolare al noto FACCHINERI Luigi, tratto in arresto dopo anni di latitanza proprio a Cannes (F). Infatti nella circostanza all’interno dell’appartamento di cui aveva la disponibilità il latitante, erano rinvenute delle armi (due fucili cal. 12, una carabina cal. 45 e nr. 3 pistole) con provenienza simile a quella dell’armamento ritrovato in Arma di Taggia (IM).»
Le armi oggetto del sequestro erano, con ogni probabilità, destinate ad un circuito criminale di stanza in Francia, collegato alla ‘Ndrangheta ed in particolare al noto FACCHINERI Luigi, tratto in arresto dopo anni di latitanza proprio a Cannes (F). Infatti nella circostanza all’interno dell’appartamento di cui aveva la disponibilità il latitante, erano rinvenute delle armi (due fucili cal. 12, una carabina cal. 45 e nr. 3 pistole) con provenienza simile a quella dell’armamento ritrovato in Arma di Taggia (IM).»
Nello stesso Rapporto relativo alla manovra investigativa “ROCCAFORTE” viene poi ancora richiamato il ruolo dei MAFODDA, unitamente a quello degli altri elementi della 'ndrangheta dell'estremo ponente ligure, nell'inchiesta TEARDO (di cui si sono erano già riportati estratti della Sentenza) ed altro. Tra quanto altro viene indicato, con richiamo ai MAFODDA, si legge:
«In data 2.3.2000, nella periferia occidentale di Nizza (Francia), la polizia di quel centro rinveniva il cadavere carbonizzato di un soggetto rinchiuso all’interno di un’autovettura Mercedes data alle fiamme.
I successivi accertamenti permettevano di verificare che l’uccisione risaliva alla notte del 29 febbraio precedente e l’uomo era identificato in CELEA Salvatore nato a Molochio (RC) il 21.8.1954, residente in Ventimiglia (IM), di fatto domiciliato già da qualche tempo proprio in Nizza, in quanto latitante essendo esistente a suo carico un ordine di esecuzione della Procura Generale della Repubblica di Genova per una condanna ad anni due, mesi undici e giorni cinque per estorsione, usura ed altro.
Il predetto CELEA, quando era residente a Ventimiglia, si accompagnava a diversi pregiudicati di origine calabrese, tra cui PALAMARA Antonio.
La polizia francese, nell’immediatezza del fatto, fermava un altro cittadino italiano, peraltro anch’egli latitante, identificato in SCADUTO Ivo nato a Bolzano il giorno 11.12.1941, già residente in Sanremo, poiché l’autovettura Mercedes sulla quale era rinvenuto cadavere il CELEA risultava intestata alla sua convivente. Lo SCADUTO, allorquando viveva in Italia, era solito accompagnarsi con pregiudicati calabresi ed in particolare con IAMUNDO Antonino nato a Rizziconi (RC) il 28.4.1945, residente in Ventimiglia (IM), con precedenti di polizia per associazione per delinquere di tipo mafioso, con SANTORO Martino nato a Ginosa (TA) il 31.8.1946, LUCÀ Francesco nato a Rosarno (RC) il 29.9.195, e comunque con elementi appartenenti al sodalizio dei MAFODDA, di cui si è detto».
Il predetto CELEA, quando era residente a Ventimiglia, si accompagnava a diversi pregiudicati di origine calabrese, tra cui PALAMARA Antonio.
La polizia francese, nell’immediatezza del fatto, fermava un altro cittadino italiano, peraltro anch’egli latitante, identificato in SCADUTO Ivo nato a Bolzano il giorno 11.12.1941, già residente in Sanremo, poiché l’autovettura Mercedes sulla quale era rinvenuto cadavere il CELEA risultava intestata alla sua convivente. Lo SCADUTO, allorquando viveva in Italia, era solito accompagnarsi con pregiudicati calabresi ed in particolare con IAMUNDO Antonino nato a Rizziconi (RC) il 28.4.1945, residente in Ventimiglia (IM), con precedenti di polizia per associazione per delinquere di tipo mafioso, con SANTORO Martino nato a Ginosa (TA) il 31.8.1946, LUCÀ Francesco nato a Rosarno (RC) il 29.9.195, e comunque con elementi appartenenti al sodalizio dei MAFODDA, di cui si è detto».
Anche la Procura Nazionale Antimafia non ha mancato di indicarli. Nella Relazione del dicembre 2011scriveva nel capitolo sulla Liguria:
«Infine, il 24/6/2011, è stato rinvenuto un piccolo arsenale di armi a seguito delle intercettazioni ambientali in carcere che hanno riguardato MAFODDA Rodolfo, condannato in 1° grado per tentato omicidio in danno di GAETA Rosario (entrambi con pregiudizi per associazione per delinquere di tipo mafioso). Per tale ritrovamento è stato richiesto un ulteriore provvedimento cautelare. L’aspetto da chiarire risiede nel fatto che sono state trovate, oltre a due armi lunghe e ad esplosivi, numerosissime munizioni per pistole (di vario calibro) circostanza che induce a ritenere che tali armi corte siano ancora in circolazione».
Non vi è questione di “omonimia”, ed era già chiaro che non ci fosse ombra di dubbio in merito. Ed allora di cosa stiamo parlando? Della famiglia di 'ndrangheta dei MAFODDA.
MAFODDA Carmine è attivista del M5S, fondatore del Meetup di Arma di Taggia, sostenitore del principale candidato imperiese alle regionali - che ha vinto le “primarie” online dei Cinque Stelle - Comandini Daniele, di cui si è parlato nella già richiamata pubblicazione del 20 aprile scorso (vedi qui).
Come ricordato MAFODDA Carmine è figlio di MAFODDA Palmiro (indicato negli Atti come “elemento di spicco” del sodalizio 'ndranghetista - vedesi Informativa "MAGLIO 3") e nipote degli altri componenti della 'ndrina MAFODDA, ovvero, ad esempio, di Aldo (ammazzato in un regolamento di conti), di Rodolfo, Letterio e del Mario (l'esecutore del duplice omicidio del 2012 a Milano in via Muratori di cui si è già parlato).
Sul fatto che la famiglia di MAFODDA Carmine sia famiglia di 'ndrangheta non vi è dubbio alcuno!
Sul fatto che la famiglia di MAFODDA Carmine sia quella famiglia di 'ndrangheta che dai tempi di TEARDO è “bacino” di voti per i politici "prescelti" dal sodalizio non vi è dubbio alcuno!
MAFODDA Carmine si è dissociato da quel nucleo familiare? Ha “condannato” la propria famiglia? Ha tagliato i ponti da questa? Non risulta.
Uno che nasce in una famiglia di 'ndrangheta non ha colpa per il fatto di essere nato in quel contesto. Ma se non sceglie di staccarsi completamente da quel nucleo familiare, se non sceglie di disconoscere e "condannare" quella famiglia, che è famiglia di 'ndrangheta, se non sceglie di tagliare i ponti con quella famiglia allora la questione è diversa, non è "il fato" bensì una scelta.
Ancora di recente MAFODDA Carmine si è personalmente prodigato con i suoi parenti per “conquistare” quanto desiderato, così come, ad esempio, nell'ottobre 2014 era con il papino Palmiro ed uno degli zii, presso il Comune di Arma di Taggia, per ottenere gli aiuti/sovvenzioni dai Servizi Sociali per il Palmiro.
E' più cristallina ora la questione? Non appare proprio alcun allontanamento ed alcun disconoscimento da parte di MAFODDA Carmine dal nucleo familiare, nucleo di 'ndrangheta conclamato da Atti investigativi e giudiziari).
Gli esponenti del M5S dell'imperiese [tra cui eletti nei Comuni come, ad esempio, Silvia Malivindi(Ventimiglia) e Paola Arrigoni (Sanremo); i candidati alle prossime Elezioni Regionali, come gli imperiesi Comandini Daniele o Fimmanò Veronica] hanno apprezzato la “risposta” del MAFODDA Carmine che nega che la sua famiglia sia la nota famiglia di 'ndrangheta.
La Candidata alla Presidenza della Regione Liguria del M5S, Alice Salvatore, commenta con “Bravo Carmine provano a indebolirci, ma noi siamo infiniti”...
MAFODDA Carmine afferma che lui ha compiuto “prese di distanza” e che “ha fatto della sua vita una lotta per la legalità.. contro ogni tipo di mafie e di malaffare”. Ma se non ha tagliato i ponti con il suo nucleo familiare (a partire dal padre Palmiro “elemento di spicco” della cosca – vedesi Informativa “MAGLIO 3”) e se anzi è ancora in stretto contatto con questo nucleo familiare (nucleo di 'ndrangheta che comprende oltre al padre gli zii che abbiamo citato con assoluta attinenza agli Atti) di quali “prese di distanza” parla? Ed ancora. Siamo andati a vedere sino al 2010 sulla sua bacheca (pubblica su facebook – salvando tutto, ovviamente). Abbiamo trovato i post di“adesione” alla mobilitazione dei FORCONI (che nell'imperiese – e non solo - hanno visto – come avevamo denunciato – esponenti legati ai nuclei di 'ndrangheta in prima linea); i post contro lo STATO; i post a favore del candidato sindaco di Arma di Taggia Mauro Albanese... poi tanti post sulla discarica di Collette Ozotto ma NESSUNO sulla discarica di Rocca Croaire (paradiso della 'ndrangheta... gestito dagli amici della famiglia MAFODDA). Non c'è traccia di post contro la 'ndrangheta... Eppure dal 2010 tra operazione “CRIMINE”, gli arresti, i processi ed i sequestri ai PELLEGRINO-BARILARO, i sequestri agli SGRO', l'Operazione “MAGLIO 3” e quindi “LA SVOLTA”, gli scioglimenti delle Amministrazioni dei Comuni di Bordighera e Ventimiglia, l'autoscioglimento di Vallecrosia e non ultimo il contesto del Comune di Diano Marina, di cose ne sono successe... Strano quindi che uno che “ha fatto della sua vita una lotta per la legalità.. contro ogni tipo di mafie e di malaffare” non abbia mai postato una virgola su tutto questo... Mai una parola.
Così come mai un'iniziativa pubblica del Meetup di Arma di Taggia, che MAFODDA Carmine ha fondato con Comandini Daniele e Cerutti Alberto, sulla questione 'ndrangheta e nemmeno sulla discarica di Rocca Croaire(degli amici di famiglia dei MAFODDA, dove operavano i PELLEGRINO, gli SGRO', i FOTIA ed il CHIARO, uomo legato ai GULLACE-FAZZARI)... unico tema affrontato la Discarica di Collette Ozotto.
Paola Arrigoni (consigliere comunale del M5S a Sanremo) scrive che Carmine MAFODDA le “distanze” le ha prese “lottando a favore della legalità ed ecco perché ha cercato il M5S”... Vi è però il particolare che nell'estremo ponente ligure (e non solo) il M5S di battaglie per “la legalità”, di impegno concreto contro la mafie ed in particolare contro la 'ndrangheta che lì ha una delle sue più consolidate colonie nel Nord Italia, non ne fa...
Abbiamo recentemente sollevato la questione del Porto di Ventimiglia (vedi qui), dove la 'ndrangheta ha avuto grandi interessi. Una questione su cui il M5S tace davanti all'ipotesi assurda di “trattative private” che permettano alla Beatrice Parodi ved. Cozzi di sgusciare via e selezionare lei il sostituto, quando invece l'unica strada percorribile, pienamente ancorata alla legalità, è quella decadenza della concessione demaniale. Se l'Amministrazione di Ventimiglia fa finta di nulla, il M5S fa altrettanto.
Abbiamo recentemente sollevato la questione dell'appalto da oltre 4 milioni di euro che vede, a Bordighera(vedi qui), l'assegnazione ad un ATI di imprese con i RASCHELLA'. Anche qui se l'Amministrazione fa finta di non vedere, il M5S fa altrettanto.
Abbiamo sollevato da tempo la questione di Diano Marina, chiedendo ed ottenendo che arrivasse la Commissione d'Accesso e facendo anche emergere pubblicamente tutto ciò che caratterizza quel territorio il rapporto delle famiglie di 'ndrangheta con la politica, il “voto di scambio” e quant'altro fosse necessario per far sì che l'attenzione rimanesse alta e si procedesse in merito. Anche qui, il M5S dove è? Dove è stato?E' una realtà che certamente conosce perché lì vi è uno dei Meetup (che però non vede traccia di iniziativa, discussione o anche solo "attenzione" sull'argomento!). Lì opera anche, con appalti pubblici, il padre della consigliera comunale del M5S di Imperia... Non è quindi una realtà sulla luna, bensì sotto gli occhi... ma anche qui silenzio assoluto del M5S.
Abbiamo sollevato la situazione di Ceriale (come di Albenga) dove la cosca GULLACE-RASO-ALBANESE domina da decenni. Ci abbiamo fatto anche un Convegno. Ed il “portavoce” del M5S di Ceriale che ha fatto? Ha preso le difese, pubblicamente, degli SCIGLITANO, affermando che loro sono puliti e lo può dire lui perché li conosce... Peccato che gli SCIGLITANO siano tra i tasselli più importanti del sodalizio che fa capo al GULLACE Carmelo detto “Nino”... tanto da svolgere (prima dell'arresto del Ninetto) anche incontri alla luce del sole, come abbiamo documentato, anche, ad esempio, nel caso della "riunione" dei fratelli GULLACE Carmelo ed Elio con l'ACCAME Fabrizio e, per l'appunto gli SCIGLITANO Giovanni detto “Gianni” e SCIGLITANO Giuseppe detto “Pino”.
Questa è la realtà (devastante) tra contiguità, negazionismo e silenzi assordanti in tema di mafia ed 'ndrangheta... di legalità, che trovano come protagonista il M5S in questo pezzo di Liguria. Dove sono quindi le battaglie che segnerebbero la discriminante per cui "sostenendole" si diventerebbe "di fatto" soggetti che lottano per legalità e contro le mafie?
Per ora ci fermiamo qui... davanti ad una NON risposta ufficiale da parte del M5S, davanti a quello che di fatto è un “ci va bene così” da parte del M5S che è contornato da tanti insulti (su cui si valuterà, a questo punto, se procedere per vie legali) contro la Casa della Legalità ed il suo Presidente.
[Ma vi immaginate se questa situazione avesse visto protagonista un'altra lista alternativa al M5S quale casino avrebbero piantato pubblicamente gli esponenti del M5S? Noi si, ed a sollevare e denunciare la questione, chiedere risposte e soluzione, avrebbero avuto pienamente ragione... Ma visto che riguarda loro preferiscono far finta di nulla, i pacchetti di voti sotto elezioni non si buttano via]
P.S.
Leggendo i commenti degli esponenti del M5S sulla questione (commenti su cui probabilmente ritorneremo in altra occasione), ritrovati in rete (e salvati), si comprende che a loro, in pratica, piacerebbe che la Casa della Legalità sollevasse solo i casi che riguardano gli altri (come ad esempio, per citare i fatti più recenti, quello del prestanome del GULLACE, il CASSANI Paolo, responsabile di uno dei Comitati Elettorali della Paita ad Albenga - il caso sollevato dalla Casa della Legalità insieme a Mario Molinari di Ninin e ripreso da "Il Secolo XIX", che piace ricordare spesso il M5S - o come nel caso delle Primarie taroccate del PD), ma come Casa della Legalità abbiamo l'abitudine di non essere mai strabici e guardare sempre a 360 gradi.
Ciò che si trova lo si indica, qualsiasi movimento, partito o coalizione riguardi. L'intransigenza e indipendenzasono due caratteristiche che non intendiamo abbandonare, manco per un secondo.
Il nostro lavoro (senza contributi pubblici o sponsor privati) lo facciamo ogni giorno dell'anno, non conosciamo festivi... E quindi anche la “palla” secondo cui sollevare la questione MAFODDA, ponendo le necessarie ed opportune domande, è un “attacco elettorale”, è davvero triste e patetica, come la consigliera comunale del M5S di Savona Milena Debedenetti che classifica la questione MAFODDA come una delle “provocazioni” che, a suo dire, facciamo “sempre” in campagna elettorale... Se per lei questa è una “provocazione” si comprendono, nitidamente, anche le ragioni dei silenzi del M5S in Comune a Savona sugli affari dei DELLEPIANE, così come sui FOTIA ed oltre... Certi argomenti meglio non toccarli perchè sono troppo pesanti, vero? Ma se non si ha il coraggio di affrontarli non ci si candidi alla gestione della cosa pubblica e non ci si riempa la bocca di "legalità" e "lotta alle mafie".
Ciò che si trova lo si indica, qualsiasi movimento, partito o coalizione riguardi. L'intransigenza e indipendenzasono due caratteristiche che non intendiamo abbandonare, manco per un secondo.
Il nostro lavoro (senza contributi pubblici o sponsor privati) lo facciamo ogni giorno dell'anno, non conosciamo festivi... E quindi anche la “palla” secondo cui sollevare la questione MAFODDA, ponendo le necessarie ed opportune domande, è un “attacco elettorale”, è davvero triste e patetica, come la consigliera comunale del M5S di Savona Milena Debedenetti che classifica la questione MAFODDA come una delle “provocazioni” che, a suo dire, facciamo “sempre” in campagna elettorale... Se per lei questa è una “provocazione” si comprendono, nitidamente, anche le ragioni dei silenzi del M5S in Comune a Savona sugli affari dei DELLEPIANE, così come sui FOTIA ed oltre... Certi argomenti meglio non toccarli perchè sono troppo pesanti, vero? Ma se non si ha il coraggio di affrontarli non ci si candidi alla gestione della cosa pubblica e non ci si riempa la bocca di "legalità" e "lotta alle mafie".
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