Italicum, Beppe Grillo dà del fascista a Renzi, ma sull'Italicum è pantomina. E una ventina di grillini pronti al soccorso
Alla Camera, solo l’intervento di Ettore Rosato risveglia i grillini dal torpore: “Vergogna, vergogna”. Il “reggente” del gruppo del Pd a stento riesce a parlare. È un coro dai banchi dei grillini: “Elezioni!”, “elezioni”. La Boldrini prova a rimettere ordine: “Questa è un’Aula parlamentare bisogna lasciar parlare. È questione di rispetto”.
Va in scena la finta opposizione dei grillini sull’Italicum. Alle quattro del pomeriggio, mentre i suoi in Aula urlano al fascismo, il blog di Beppe Grillo apre così: #Marcia5Stelle per il reddito di cittadinanza, quarta tappa: Firenze. Per trovare un argomento attinente con la giornata va letto il post su Gennaro Migliore, una volta contrario alla legge oggi relatore convertito sulla via del renzismo: Migliore, il trottolino amoroso #noitalicum. Uno sfottò, al massimo un attacco politico di routine. Solo quando la seduta alla Camera è finita, Grillo twitta: “Scempio #fiducia Italicum: nessun segnale da Mattarella. Dopo moniti di Napolitano, l'estrema unzione silenziosa del Quirinale. Eia eia alalà”. E poi: "Alla Camera è emergenza democratica! La Boldrini non muove un dito! Guardate cosa sta succedendo. Accadde solo ai tempi del fascismo".
Il minimo, considerati i precedenti. E fuori tempo massimo: "Che Renzi metteva la fiducia - dice un dem - lo sapevano pure i muri. Invece di twittare a cose fatte poteva riempire prima le piazze". Invece nessuna chiamata alle armi. Nulla a che vedere con i tempi di Rodotà-tà-tà, quando Grillo improvvisava discese su Roma convocando manifestazioni di fronte al Parlamento. Il quale Rodotà, tra l’altro, era a un convegno a palazzo Madama, a pochi passi dall’Aula della “vergogna” e non ha lanciato alcuna crociata. Luigi Di Majo attraversa il Transatlantico con passo rapido. Scusi, Di Majo, ma di fronte alla fiducia? “Vedremo, se Renzi ci provoca, reagiremo”. Ma la reazione è al minimo sindacale. In Aula si alza Fabiana Dadone, a nome del gruppo: “E’ un momento buio per quest’Aula e per la democrazia di questo paese. Che urgenza c’era?”. Di fronte al momento buio però, oltre le urla, il nulla. Non una manifestazione convocata fuori dalla Camera, come ai tempi dell’elezione del capo dello Stato. Nessuno sale su un tetto. E dire che, quando i grillini si arrampicarono, lo fecero di fronte all’esame preliminare della verifica della Costituzione: “Roba che sul voto di fiducia sulla legge elettorale dovresti salire sulla torre Eiffel” dice un dissidente cacciato. Nessuna occupazione della commissione, come pure è accaduto. Nessun Aventino.
Anzi Toninelli, colui che gestisce il dossier per il movimento, dice all’HuffPost con aplomb anglosassone: “L’obiettivo massimo è che l’Italicum non passi. Quello minimo è che esca indebolito con Renzi che prende meno voti rispetto alla maggioranza che ha sulla carta”. Insomma, uno schiaffetto, non una chiamata alle armi. E c’è un motivo se i pentastellati fanno la più classica delle pantomime: qualche urlo, opposizione al minimo sindacale e piazze vuote. Ed è che, proseguono fonti informate, “questa legge ai Cinque stelle va benissimo”. E non è un caso che il “reggente” Rosato, nel corso del suo intervento, ricorda che – nel corso del primo incontro in streaming – furono proprio i grillini a chiedere il premio alla lista e non alle coalizioni. Renzi ha diversi ambasciatori che parlano con Di Majo ma anche con i singoli parlamentari: “Ma dove la trova Grillo una legge migliore di così per lui? A Grillo vanno bene i due punti fondamentali della legge elettorale che sono le liste con i capolista bloccati, perché così stabilisce il gruppo parlamentare, e il ballottaggio, perché, con questi rapporti di forza, il ballottaggio è tra Renzi e lui”. Ed è per questo che tutta la tattica dei Cinque stelle, al netto della facciata, non disturba il manovratore. Anzi, sul voto finale potrebbe arrivare proprio dai cinque stelle un piccolo soccorso a Renzi. “Venti, trenta voti” dicono quelli che con i Cinque Stelle ci parlano.
Un’altra ventina arriveranno invece da Verdini. In verità sono già arrivati nel voto di oggi sulle pregiudiziali di costituzionalità e hanno bilanciato quella trentina della sinistra dem che hanno votato contro le indicazioni del gruppo. Perché è chiaro che pure l’opposizione di Forza Italia è, quantomeno inefficace. Un azzurro alto in grado dice: “Ma come diavolo facciamo a dire che siamo al fascismo su una legge uguale a quella votata al Senato? Brunetta urla, metà dei nostri la votano. E Berlusconi appare distratto mentre sui giornali leggiamo che è in trattativa con Vivendi per Mediaset. Figuriamoci se riempie le piazze contro il governo”. Già, figuriamoci. In Aula le urla. Fuori l’opposizione che non c’è. Una pantomima, appunto.
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