giovedì 5 febbraio 2015

E pensare che secondo i grillini Renzi era schiavo del Patto del Nazareno quindi tutte le leggi sarebbero state a favore di Berlusconi. Vota Antonio La trippa.

Falso in bilancio, Matteo Renzi sfida Silvio Berlusconi e Ncd obbedisce

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RENZI ALFANO

Qualcosa si muove. Dopo un anno. Dopo l’insediamento del nuovo Presidente della Repubblica che alla lotta alla corruzione aveva dedicato uno dei passaggi più forti del discorso al Parlamento. E nel momento in cui il premier Renzi, congelato il patto del Nazareno da parte di Berlusconi e soci, deve per forza azionare la maggioranza a sinistra (con l’occhio ai Cinque stelle) delle tre disponibili sul risiko della legislatura.
Qualcosa si muove nella lotta alla corruzione e al falso in bilancio. E poi nella riscrittura della prescrizione. Tre dei numerosi banchi di prova a cui il governo è atteso da tempo ma su cui in questo anno ha sempre dovuto mediare con Forza Italia fuori dalla maggioranza e con Nuovo centrodestra all’interno della maggioranza per non scontentare né l’uno né l’altro. Ora Forza Italia si è messa fuori dal Patto. E Ncd non può che accettare la rotta decisa dal premier. Avanti tutta, quindi. 
“Saremo presto, tra un paio di settimane, in aula al Senato con il testo sui nuovi reati di corruzione e falso in bilancio” può dire il ministro Andrea Orlando con un sorriso che s’allunga da orecchio a orecchio. La vera novità è il viceministro Enrico Costa: “Voteremo i testi, nessuna barriera ideologica”. Costa è uomo di punta di Ncd, resta un estimatore, nonché allievo, dell’onorevole-avvocato Niccolò Ghedini, e fino a tre settimane fa ogni proposta per stringere il morso contro la corruzione veniva passato al setaccio e puntualmente fermato. Ora, invece, va tutto bene. E anche Alfano, soprattutto Alfano, è d’accordo.
Il pacchetto mette insieme il disegno di legge Grasso ormai vecchio di quasi due anni (dettaglio che poi diventerà fondamentale), il disegno di legge che il governo ha approvato a dicembre sull’onda della vergogna per “Mafia capitale” e altre indicazioni annunciate nei famosi dodici petali della riforma della giustizia che risalgono a fine agosto 2014. Il ministro Orlando sintetizza i punti qualificanti del provvedimento: “Pene più alte per il pubblico ufficiale e l'incaricato di pubblico esercizio; armonizzazione delle sanzioni tra i casi di corruzione propria, induzione e messa a libro paga, con riflessi sulle pene accessorie”. 
Sul falso in bilancio passa una linea impensabile fino a ieri: “Il reato sarà sempre perseguibile d’ufficio, senza querela di parte, e senza distinzione tra società quotate in borsa e non”. L’area della punibilità aumenta, quindi, anche se “peserà la dimensione dell’azienda e la rilevanza del fatto”.

Passa anche un’altra richiesta avanzata dalla magistratura: il nuovo disegno di legge prevede la figura del collaboratore di giustizia per i fatti di corruzione con conseguenti sconti di pena. Si tratta, anche in questo caso, di una norma che Ncd aveva fatto saltare dal testo del governo di dicembre. Oggi Ncd sorride festosa al provvedimento. 
Se Renzi era in cerca di un modo originale per dire a Berlusconi di essersi scocciato di lacci e laccioli del Nazareno, ha scelto l’arma più micidiale. Il premier non poteva scegliere modo migliore per “rispondere” al Presidente della Repubblica. “La lotta alla mafia e alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci” aveva detto il Capo dello Stato martedì mattina al Parlamento in seduta comune. 
Oggi la risposta. Messa a punto nel primo pomeriggio in una riunione in via Arenula dopo che il governo e il Capo dello Stato, alla sua prima uscita ufficiale, avevano ascoltato in mattinata le raccomandazioni di Giorgio Giovannini, presidente del Consiglio di Stato, il vertice della giustizia amministrativa. “I fenomeni di corrutella vasti e ramificati che quasi quotidianamente vengono alla luce – ha detto Giovannini - impongono la presenza di un giudice amministrativo forte, indipendentemente e autorevole che sappia ricondurre l'agire dei pubblici poteri al rispetto e al principio di legalità”. Indicando nel numero eccessivo dei centri di spesa, e quindi stazioni appaltanti (32 mila), una delle cause principali del cancro della corruzione. Sergio Mattarella era lì davanti, nella sala delle udienze di palazzo Spada. Accanto il presidente del Senato Piero Grasso. Entrambi hanno silenziosamente alzato la testa soddisfatti. Tre ore dopo l’annuncio del governo: “Tra un paio di settimane l’anticorruzione sarà in aula”. Per essere casuale, si tratta di una incredibile coincidenza. 
Con questa decisione il governo fa una scelta di campo precisa creando, nei fatti, una corsia preferenziale al testo anti corruzione. Soprattutto mette nell’angolo Forza Italia e lega a sé Ncd. “Prendo atto con piacere di questo accordo raggiunto dalla maggioranza, leggeremo il testo, valuteremo e poi sarà finalmente messo in votazione…” ammicca con sarcasmo il falco azzurro Nitto Palma, presidente della commissione Giustizia al Senato. Allude al fatto che sarà quello il primo banco di prova del governo Renzi orfano di Nazareno e Berlusconi. A palazzo Madama, con i numeri risicati del Senato e su un tema per definizione scivoloso come quello della giustizia: il premier “pokerista” insiste nella sfida e sceglie anche quella più difficile. Sulla lotta alla corruzione però non può bluffare e non potrà più tornare indietro dalle decisioni prese oggi. Neppure tra sei mesi dove si pensa che non arrivi l’esercizio della memoria. 
Ncd è della partita, sta al tavolo ed è alleata di Renzi. Va registrato che, certamente per caso, è sparito dall’agenda il tema rimpasto e il presunto addio di Alfano alla guida del Viminale. Tra i due “birichini” Silvio e Matteo, Angelino può solo stare fermo. Ed obbedire. 

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