Adesso la vera posta in gioco è il controllo del partito: “Se prevalgono gli estremismi il sogno di una nuova Forza Italia non si avvererà. So bene che quelle posizioni sono interpretate da nuovi Berlusconiani ma, se sono quelli i nuovi berlusconiani, io sarò diversamente berlusconiano”. È lo spettro della scissione che evoca Angelino Alfano. Quello di un altro partito, che stia in coalizione con Forza Italia, alleato di quello dove comandano i falchi alla Santanchè. E’ la sua “testa” la richiesta Angelino Alfano. Non il governo.
Per la prima volta il segretario mette il suo dissenso nero su bianco. Con una nota che arriva dopo un crescendo. Lo strappo dei ministri, una raffica di dichiarazioni. O il delfino resta segretario della rinata Forza Italia, o si scatena l’inferno. Il piano è stato organizzato da Angelino subito dopo l’obbedisco risposto al “dimettetevi” di Berlusconi. Perché essere licenziato senza saperne nulla è uno smacco troppo grande. E a questo punto va tutelata la nomenklatura entrata al governo o quelli che avevo come terminali di riferimento i ministri. Se c’è posto nel Pdl bene, altrimenti l’ipotesi sul tavolo è quello di una separazione consensuale. Con Alfano che si tiene il Pdl e Berlusconi che si fa Forza Italia. Bad company e new company, alleate ma separate.
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Quanto Berlusconi c'è nella vita della Santanchè
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Come in un remake del film delle primarie, con Alfano&Co che fondavano Italia Popolare per archiviare Berlusconi, accade che il fuoco parte dai ministri entrati in area Colle, Quagliariello e Lorenzin. Che mettono a verbale il proprio “dissenso”. E annunciano che non entreranno in una Forza Italia intesa come una “Lotta continua” del centrodestra. È lo strappo. La posizione più dura. Espressa da quelli che, per dirla non i maligni, “non hanno né peso né voti nel partito” e che “con lo strappo affidano a Giorgio Napolitano le proprie speranza di sopravvivenza”.
È la prima raffica. Che viene seguita da una seconda, più morbida. Ecco Maurizio Lupi: “Così non va. Forza Italia non può essere un movimento estremista in mano a degli estremisti. Noi vogliamo stare con Berlusconi, con la sua storia e con le sue idee, ma non con i suoi cattivi consiglieri”. Significa che il corpaccione centrale di quella che fu Italia Popolare vuole restare dentro. A meno che, dice un azzurro di rango, “non si continua con l’andazzo che le decisioni le prende Berlusconi solo con la Santanchè”. L’idea cioè è di seguire Berlusconi, ma a patto di avere degna rappresentanza. È la linea di Cicchitto, Saltamartini, Augello. Che si dice “preoccupato per come si fanno le scelte nel partito” e per la scarsa collegialità. Già, per come si fanno, non per quali sono. Perché la verità è che, nel Pdl, quelli disponibili a un Letta bis, al momento si contano sulle dita di una mano. “Cinque o sei al Senato” trapela dai ben informati.

La faida è sugli organigrammi. Per questo Alfano sceglie la via della conta. E si mette a capo di una parte del partito in nome di una Forza Italia che non sia una Salò nelle mani della Santanchè. Raccontano che per ora Berlusconi è assai poco interessato all’assalto delle colombe. È già in campagna elettorale, con la testa e col linguaggio, come si è capito dal saluto ai fan napoletani e dal messaggio diffuso via facebook. Lunedì i gruppi parlamentari. Con Berlusconi. Sarebbe la prima volta che qualcuno di alzasse, alla presenza di Berlusconi, criticandolo. Per ora gli attacchi sono solo alla Santanchè. E via comunicati stampa.
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