M5S: Barbara Lezzi assume la figlia del compagno
La grillina: Per gli assistenti personali noi non abbiamo stabilito nessuna norma interna
"A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina". Così verrebbe da pensare in merito alle vicende che stanno coinvolgendo la senatrice del Movimento 5 Stelle, Barbara Lezzi. Colpevole, più moralmente che legalmente, di aver assunto come portaborse la figlia del suo compagno. Per quell’incarico da assistente personale hanno mandato il curriculum, in perfetto stile pentastellato, circa ventimila persone, inviando la richiesta tramite il sito del movimento. E la scelta, guarda caso, è caduta proprio sulla figlia del compagno.
La vicenda rispetta perfettamente il clichè dello scandalo che riguarda qualche parlamentare o senatore, dove avviene uno scandalo: qualcuno ne dà notizia, si rincorrono smentite e scarichi di responsabilità fino ad arrivare a delle ammissioni senza però assumersi le responsabilità. Infatti la senatrice Lezzi ha dichiarato: «Per gli assistenti personali noi non abbiamo stabilito nessuna norma interna se non quella prevista dal Senato. Che prevede che non vengano assunti familiari, conviventi, parenti o affini. Io ho assunto una ragazza, che ho conosciuto ai meet-up insieme al padre, con il quale adesso ho anche una relazione. Io non convivo con il padre: sono molto tranquilla a dirla questa cosa. Io tra l'altro ho assunto non il padre, ma la figlia, che è una ragazza laureata in Economia, e io sono vicepresidente della commissione Bilancio».
I partiti hanno abituato i cittadini all’idea che gli scandali siano connaturali all’azione politica, tanto che si parla di scandali un giorno sì e l’altro pure e in molti è radicato il sospetto che la loro diffusione sia solo figlia di una strategia mediatica. Lo stupore, quindi, non nasce tanto dallo scandalo in sé, anche di poca rilevanza, ma dal fatto che a compierlo e a giustificarlo (in maniera alquanto fragile) sia un senatore del Movimento 5 Stelle che ha fatto della moralità ad ogni costo, quasi fosse un’imposizione, uno dei capisaldi della propria politica. Certo, si dirà, è l’idea di uno e non del Movimento, ma non si capisce perché per gli altri partiti questo metodo di valutazione non sia applicabile. E ci si domanda se davvero, con il M5S, ci sia qualcosa di diverso rispetto alla vecchia politica.
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