Fermo, l’assurda storia di Emmanuel: ucciso dopo aver difeso la moglie dagli insulti razzisti
Il 36enne nigeriano era finito in coma irreversibile dopo esser stato aggredito nella tranquilla cittadina di Fermo. Aveva voluto difendere la sua Chimiary dalle offese razziste di due cittadini italiani
Non ce l’ha fatta il migrante finito in coma irreversibile dopo un pestaggio da parte di un ultrà della Fermana, durante una lite avvenuta proprio nella città di Fermo. Emmanuel Chidi Nambdi, 36 anni,richiedente asilo ospitato presso il seminario vescovile di Fermo, era stato coinvolto in una lite perché l’italiano aveva insultato la sua compagna, dandole della «scimmia africana». Le sue condizioni erano apparse subito disperate.
La compagna Chimiary, intanto, 24enne, ovviamente distrutta dal dolore, è stata ricoverata nel reparto di rianimazione dell’ospedale. La sua storia è stata raccontata oggi da Massimo Rossi, ex presidente della Provincia di Ascoli, esponente di Rifondazione Comunista, in un post diventato virale sui social. Si tratta di una vicenda terribile, perché il compagno di Chimiary, Emmanuel è stato aggredito in maniera estremamente violenta, peraltro nel centro di una cittadina tranquilla:
Le stanno proponendo la donazione degli organi di Emanuel, per dare la vita, magari, a quattro nostri connazionali… Lui, Emanuel, che era scampato agli orrori di Boko Haram nella sua Nigeria; con lei, la sua amata compagna, era sopravvissuto alla traversata del deserto, alle indicibili violenze della Libia, alla tragica lotteria della traversata del mare. Da noi si aspettava finalmente umanità, protezione ed asilo. A Fermo, nella mia “tranquilla” provincia, ha invece incontrato la barbarie razzista che cresce nell’indifferenza, nell’indulgenza e nella compiacenza di larghi settori della comunità, della politica, delle istituzioni. L’hanno ammazzato di botte dopo averlo provocato, paragonandolo ad una scimmia, due picchiatori, figli della città, cresciuti nell’umus del fascistume infiltrato ampiamente nella tifoseria ultras. Loro, che paragonarli alle bestie offende l’intera specie animale. Le mie lacrime, le nostre lacrime e la nostra vergogna per questo orrore che si è nutrito della putrefazione della nostra insensibilità, del nostro egoismo e delle nostre paure non basta affatto. Cosa dobbiamo attendere ancora per mettere al bando con ogni mezzo, tutti noi, cittadini e Istituzioni, il razzismo e fascismo che si annida nella nostra vita sociale e politica?
EMMANUEL UCCISO A FERMO, PICCHIATO A MORTE PER AVER DIFESO LA MOGLIE
Emmanuel, nigeriano di 36 anni, era ospite con la moglie nel seminario vescovile di Fermo. Mentre passeggiava in centro con la sua compagna in cerca di una crema è stato preso a pugni da un uomo di 35 anni, conosciuto come ultrà della locale squadra di calcio, addirittura oggetto di un daspo. L’uomo avrebbe avvicinato la coppia per strada e avrebbe insultato la donna chiamandola «scimmia». Secondo le prime ricostruzioni della polizia Emmanuel avrebbe reagito alle offese ed è stato riempito di botte. Il 36ennne sarebbe stato colpito più volte (una alla nuca) da un palo della segnaletica stradale divelto. Chiarity, presente all’aggressione, ha ricevuto cinque giorni di prognosi.
LEGGI ANCHE: Il Messaggero Veneto e quell’Udine città «razzista e intollerante» su Twitter
EMMANUEL UCCISO A FERMO, MONSIGNOR ALBANESI: «CI COSTITUIREMO PARTE CIVILE»
«È stata una provocazione gratuita e a freddo, ritengo che si tratti dello stesso giro delle bombe davanti alle chiese», ha denunciato oggi in conferenza stampa monsignor Vinicio Albanesi. Il presidente della Comunità di Capodarco ha fatto un riferimento ai quattro ordigni piazzati nei mesi scorsi di fronte a edifici di culto di Fermo. Il religioso, che è presidente Caritas in veritate che assiste migranti e profughi, ha annunciato che si costituirà parte civile nell’eventuale processo a carico degli aggressori. La ricostruzione dei fatti di don Vinicio è infatti diversa da quella emersa sinora su alcune testate locali: il presule ha parlato di due picchiatori. Per stasera la comunità ha organizzato una veglia di preghiera. «Vogliamo pregare e chiedere perdono per non aver saputo proteggere e accogliere una giovane vita, sfuggita al terrore per trovare poi la morte in Italia», ha spiegato il prete sul sito della comunità. Vietato però scatenare odio su odio. «Non accettiamo vendette. C’è un ragazzo in condizioni disperate e un altro che ha rovinato la sua vita e quella della sua famiglia». Ora la realtà di Capodarco pensa di mettere a disposizione uno dei loculi che la comunità ha nel vicino cimitero. Non si sa ancora se sia possibile o meno la donazione degli organi anche perché purtroppo non ci sono documenti validi che possano dimostrare il matrimonio di Chimiary, sua compagna da una vita.
EMMANUEL UCCISO A FERMO, GIOVEDÌ MATTINA ARRIVA ALFANO
Come riferito dalle agenzie di stampa dopo averlo appreso da fonti del governo, nel tardo pomeriggio il premier Matteo Renzi ha sentito telefonicamente don Vinicio Albanesi, che il premier aveva conosciuto quando era giovane scout. Intanto per giovedì mattina, 7 luglio, alle ore 10, presso la Prefettura di Fermo, è stato previsto un comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica. A presiederlo il ministro dell’Interno Angelino Alfano con la partecipazione del Procuratore della Repubblica.
EMMANUEL UCCISO A FERMO, CON CHIMIARY LA FUGA DA BOKO HARAM
Chimiary ed Emmanuel avevano affrontato di tutto. E nonostante l’orrore della guerra, le difficoltà per raggiungere l’Italia sono rimasti insieme. Sempre. La loro storia la racconta la comunità di Capodarco. I due si sono “sposati”, seppur in maniera irregolare, nel nostro paese. A celebrare le nozze don Albanesi:
Quella di Chimiary ed Emmanuel è una storia d’amore iniziata in Nigeria, che aveva superato le terribili violenze in Libia (per le botte ricevute, la giovane in stato di gravidanza si era sentita male durante il viaggio in mare, tanto da abortire al suo arrivo in Italia), le difficoltà nel nostro Paese. Emanuel aveva avuto problemi di salute, tanto che per lui la Commissione territoriale aveva chiesto un supplemento di istruttoria nella richiesta di permesso di soggiorno per motivi umanitari. “Ci sono ottime possibilità che il permesso venga concesso”, ha sottolineato l’avvocato Letizia Astorri. Lo scorso mese di gennaio, come ricordato,era stato lo stesso don Vinicio Albanesi a unirli in matrimonio, seppur in maniera “non regolare” vista la mancanza di documenti dei due giovani. La liturgia cristiana, celebrata da don Albanesi nella veste di parroco e di presidente della Fondazione che li ha accolti, è stato infatti un matrimonio privo di effetti civili poiché i due ragazzi non avevano i documenti necessari. Questo però non aveva impedito ai due di realizzare il sogno maturato nella terra di origine.
Nessun commento:
Posta un commento