Ilaria Capua siamo noi (ma a noi sarebbe andata peggio)
La vicenda della scienziata di fama mondiale sbattuta in prima pagina come “trafficante di virus” racconta, per l'ennesima volta, cosa non va nel legame malato tra giustizia e media. Ma il suo (quasi) lieto fine è un’eccezione
6 Luglio 2016 - 12:27
«Ora mi sento sfregiata», dice Ilaria Capua a Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera, nel giorno del proscioglimento dall’accusa di essere una trafficante di virus. Peggio ancora, di aver «posto le condizioni per il reato di epidemia», punibile con l’ergastolo. E poco importa, in fondo, che sia stata inserita dalla rivista “Scientific American” tra i 50 scienziati più importanti al mondo, e dall’Economist tra i personaggi più influenti del pianeta.
Poco importa, dicevamo, perché al suo posto poteva esserci un Signor Nessuno e sarebbe stato lo stesso. Anzi, pure peggio.
E allora immaginiamo di essere noi, quel Signor Nessuno. Di finire in prima pagina sul più importante settimanale italiano con una copertina che recita, testuale, di «accordi tra scienziati e aziende per produrre vaccini e arricchirsi», e di «ceppi di aviaria contrabbandati per posta, rischiando di diffonderli», accusa questa che se fosse stata confermata le sarebbe costata l’ergastolo. E ancora, di leggere nell’articolo di una serie di presunti «episodi choc descritti in un’inchiesta top secret della procura di Roma». Top secret, ma pubblicata da un settimanale.
Proviamo a pensare che ci sia il nostro nome, nell’articolo, che siano rese pubbliche le nostre telefonate peggiori, il nostro turpiloquio, le nostre battute più ciniche. Immaginiamo di leggere le nostre dichiarazioni, generiche e decontestualizzate, nascoste all’interno dell’articolo, mentre si da piena evidenza a brogliacci secondo cui è «esplicita», la nostra «condotta corruttiva».
Immaginiamo che ci sia gente che usa queste accuse come una clava sul nostro posto di lavoro. Immaginiamo di leggere sui social network commenti di questo tipo: «Poi la fanno ministro della sanità, troia». «Grandissima zoccola!» «Se la notizia fosse vera, meriterebbe di iniettarglielo a forza il virus...» «Hija de puta». «Iniettatela a lei!!!!» «Alla gogna!!!!». Immaginiamo che li leggano anche familiari, amici, colleghi, conoscenti.
Immaginiamo di leggere sui social network commenti di questo tipo: «Poi la fanno ministro della sanità, troia». «Grandissima zoccola!» «Se la notizia fosse vera, meriterebbe di iniettarglielo a forza il virus...» «Hija de puta». «Iniettatela a lei!!!!» «Alla gogna!!!!». Immaginiamo che li leggano anche familiari, amici, colleghi, conoscenti
Immaginiamo anche di sapere già che l’inchiesta è piena di errori, che la «società segreta 444» in cui sarebbero stati occultati i proventi dei commerci illegali non fosse altro che il centro di costo del laboratorio in cui lavorate. Che le royalties del vostro «brevetto milionario» di cui parla l’accusa ammontassero a poche migliaia di euro; che un virus trasportato in valigia non è «una bomba atomica radioattiva che colpisce tutti quelli che passano nelle vicinanze» e che «neanche se lo bevi ti infetti»,come aveva raccontato a Linkiesta Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano. E che, nonostante tutto questo, il procuratore aggiunto che ha avviato l’inchiesta, Giancarlo Capaldo, non vi convochi mai per chiedervi spiegazioni.
Cambiamo il finale, però. Perché non a tutti capita, come alla Capua, di trovare un’università che vi chiama per dirigere un dipartimento d’eccellenza, nonostante la bufera. Non a tutti capita di avere tra i propri difensori penne del calibro di Paolo Mieli, Gian Antonio Stella, Riccardo Luna. Non a tutti capita che l’odissea giudiziaria si risolva in due soli anni. Non a tutti capita di evitare, in questo lasso di tempo, leforche caudine della carcerazione preventiva, come invece è successo, tra i tanti, a Mario Rossetti, ex manager di Fastweb, che ha raccontato nel suo libro “Io non avevo l’avvocato” di un’odissea giudiziaria ancora peggiore di quella capitata alla Capua. Odissea, peraltro, che ha come protagonista lo stesso procuratore Capaldo.
No, in effetti: non siamo Ilaria Capua. A noi sarebbe andata molto peggio.
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