domenica 10 luglio 2016

Morgante alla Raggi: sono un magistrato, non c’entro niente con le correnti M5S 

Sfogo con i suoi dopo la rinuncia all’incarico di capo di gabinetto. Duello interno sindaca-Lombardi
Il sindaco di Roma, Virginia Raggi

10/07/2016
ROMA
Con una conversazione piuttosto ferma Daniela Morgante, capo di gabinetto designato a Roma, ha comunicato a Virginia Raggi di ritirare la sua disponibilità. «Io non faccio la portaborse di partito», s’è sfogata con chi le ha parlato. «Avevo dato la disponibilità per due incarichi, compreso il capo di gabinetto, ma non immaginavo di trovarmi un giorno intero data in pasto ai giornali, logorata come se appartenessi a delle correnti. Io non c’entro niente con le loro correnti, sono innanzitutto un magistrato, col ruolo di viceprocuratore generale della Corte dei Conti, un servitore dello stato che deve garantire non una ma due istituzioni, la Corte e il comune di Roma. Per questo ho deciso di sfilarmi; non ci sono le condizioni, dunque non sono disponibile».  

E la Raggi come l’ha presa? «Ora non è più un problema mio. Ognuno si prenda le sue responsabilità», ha detto Morgante ai suoi amici più stretti. «Avevo dato la mia disponibilità nell’ottica di evitare errori al Comune, volevo aiutare il sindaco a non sbagliare, e per questo avevo offerto la mia competenza. Non avevo chiesto nulla alla politica, di cui non faccio parte». 

Ieri, poi, a un certo punto del pomeriggio aveva preso a girare un’informazione, che Morgante fosse favorevole allo stato di predissesto finanziario del Comune, scelta di cui Raggi non è così convinta. Morgante stessa ha spiegato all'Ansa che «è una notizia del tutto priva di fondamento, in quanto la valutazione della eventuale situazione di dissesto o predissesto è di competenza esclusiva dell’assessore al Bilancio Minenna, al quale solo compete la disponibilità delle informazioni circa lo stato dei conti del Comune e la valutazione dell’esistenza o meno delle condizioni che possono portare l’assessore al bilancio a proporre agli organi comunali, e in primis al sindaco Raggi, la richiesta di predissesto o la dichiarazione di dissesto». 
Insomma, come al solito, guerra di informazioni attorno alla giunta Raggi. Fatto sta che non si può dire che Virginia si stracci le vesti per questo passo indietro. La vera ragione dello stop a Morgante sta - infatti - in una decisione tutta di Virginia, che la vede troppo vicina alla Lombardi (e Di Maio da Israele ha indirettamente confermato, dicendo che «un sindaco ha tutto il diritto di scegliere il proprio capo di gabinetto; la Raggi deciderà al meglio la persona di sua fiducia che dovrà ricoprire questo ruolo»). 

Naturalmente adesso sono ripartite tutte una serie di speculazioni su chi sarà il capo di gabinetto, ma per il momento la soluzione sarà affidare l’interim a Virginia Proverbio, vicecapo di gabinetto, anche lei proveniente dall’area di Ignazio Marino. Insomma, incassato lo stop su Frongia, dirottato a vicesindaco, Virginia non vuole assolutamente nella casella operativa chiave qualcuno che non risponda, immediatamente e direttamente, a lei e a Frongia. Un’astuzia e una forma di intelligenza politica che sarebbe pregiudizio non riconoscerle in questa specifica partita. 

Tra parentesi, La Stampa possiede un documento riservato uscito ieri a Roma nei giri del M5S, che mostra che il 6 luglio Raffaele Marra ha firmato atti con qualifica da vicecapo di gabinetto, a quella data non era stato ancora stato revocato. Non è escluso che anche questa circostanza vada letta all’interno della ricerca, che ha richiesto tempo, di una pax romana tra Virginia e la Faraona, la sua avversaria Roberta Lombardi, con la Raggi che ha giocato un paio di contropiedi non male, negli ultimi due giorni. Aspettiamo e sapremo. 

Il terzo contropiede potrebbe riguardare la partita del portavoce. Raggi si è molto riavvicinata ad Augusto Rubei, che le ha gestito la non facile campagna elettorale vincente, e in questi giorni ha quasi ostentato di volere lui in occasioni importanti. Lui, non qualcuno propinatole dalla comunicazione centrale o Di Maio o, meno che mai, dalla Faraona. 

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