IL CASO
«M5S deve garantire il dissenso»
E il giudice riammette gli espulsi
Accolto il ricorso a Napoli: i 5 Stelle un partito «nonostante nello statuto tendano a escludere di esserlo». Per le sanzioni non basta il blog
NAPOLI Uno vale uno. Stavolta sono i giudici partenopei a ricordarlo al Movimento 5 Stelle. Venti espulsi napoletani dovranno infatti essere reintegrati. Non solo: il regolamento adottato dallo staff di Grillo in base al quale a febbraio venne decisa la loro esclusione «è illegittimo» giacché non è mai stato approvato dall’assemblea. Ancora: il movimento stesso «può essere definito un partito» perché si comporta come tale «nonostante nel suo statuto tenda a escludere di esserlo». Infine: il M5S deve garantire il dissenso al suo interno, come avviene in qualunque altra associazione, partiti compresi.
Ha del clamoroso l’ordinanza emessa tre giorni fa dai giudici della VII sezione del Tribunale di Napoli (Lucio Di Nosse, Stanislao De Matteis e Angelo Napolitano) con cui è stato accolto il reclamo presentato da venti ex pentastellati ai quali il direttorio aveva dato il benservito con la mail di rito. Erano accusati «di aver partecipato al gruppo segreto Napoli libera per manipolare il confronto per la formazione del metodo di scelta del candidato sindaco e della lista alle comunali di Napoli». Accuse, sempre sdegnosamente respinte dagli interessati. Di qui il ricorso al giudice. Mercoledì è arrivata la vittoria. Provvisoria, perché quasi certamente ora seguirà un giudizio di merito che richiederà mesi e il cui esito è incerto. Intanto però i venti sembrano intenzionati a chiedere la riammissione. L’avvocato Luca Capriello, uno dei ricorrenti, è tra i più decisi: «Faremo valere i nostri diritti, pretenderemo di rientrare nel movimento, speriamo solo non ci costringano a chiamare l’ufficiale giudiziario. In ogni caso il provvedimento è l’ulteriore dimostrazione di come a Napoli Roberto Fico abbia fallito, per noi dovrebbe dimettersi subito».
L’ordinanza della VII sezione del tribunale partenopeo, con le sue undici pagine, entra molto nel merito dell’organizzazione grillina e ne contesta la legittimità. Scrivono infatti i giudici: «Le norme contenute nel regolamento pubblicato sul portale del leader politico del Movimento (Beppe Grillo, ndr) non possono disciplinare le materie come l’esclusione degli associati, riservate dalla legge alla competenza assembleare, mancando una disposizione in tal senso dello statuto».
Un paragrafo a parte è dedicato al dissenso, che deve far parte integrante della vita politica del movimento. Nei prossimi giorni i venti ricorrenti dovranno decidere se trasformarsi in una corrente di minoranza, la prima, all’interno della galassia pentastellata. Troveranno porte aperte nella casa madre o finirà con l’ufficiale giudiziario che bussa alla porta del movimento?
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