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ORVIETO (TERNI) - "Inasprire le pene serve a poco contro la corruzione, se non si sa a chi darle: prima bisogna trovare i colpevoli e far emergere la corruzione sommersa, in un Paese come l'Italia dove non se ne denuncia praticamente mai". Il monito arriva dal presidente dell'Anm, Piercamillo Davigo, al convegno dei Cattolici democratici. Per Davigo, "a questo scopo servono incentivi per chi parla, operazioni sotto copertura e ruolo proattivo delle forze di polizia".

Nessuna vergogna. Ma il presidente dell'Associazione nazionale megistrati lancia anche un appello: "I politici perbene non dovrebbero stare seduti vicino ai corrotti", ha detto. "Nel 1992 erano molti i politici che si vergognavano di essere stati sorpresi a rubare. Ho detto, ricevendo molte critiche, che oggi in molti continuano a rubare, ma non si vergognano più. Ribadisco che molti lo fanno, che non vuol dire tutti: per distinguere le pecore bianche da quelle nere, bisogna fare i processi".

E continua: "A qualche politico ho chiesto se si rendeva conto che se continuava a sedersi vicino a un corrotto, i cittadini fossero autorizzati a pensare che siete uguali. Sarebbe meglio dire 'finché c'è lui, io qui non mi siedo'. E forse allora - ha concluso Davigo - anche chi commette reati tornerebbe a vergognarsene".

Corruzione come pizzo. Per Davigo, secondo cui "la corruzione della classe dirigente fa più danni della microcriminalità", "siamo in presenza di un sistema criminale, del tutto simile a quello di Cosa Nostra per la riscossione del pizzo. Per la corruzione in Italia, non si tratta di devianze individuali, si tratta di un sistema seriale, perché tende a ripetere il reato, e diffusivo, in quanto cerca di tirare dentro più soggetti possibile".

Il ruolo della politica. Il presidente ritiene che "il potere politico compie un errore gravissimo quando, di fronte a episodi di corruzione che riguardano esponenti politici, si limita a dire che occorre attendere che la giustizia faccia il suo corso". Per Davigo questo tipo di atteggiamento "è una sorta di delega della politica alla magistratura a compiere una selezione della classe dirigente. Ma la politica dovrebbe invece - secondo il presidente dell'Anm - dimostrare una propria, autonoma capacità di valutazione rispetto ai procedimenti giudiziari. Se la politica si avvalesse su questo tema di una sua autonomia
di giudizio questo basterebbe a far allentare la tensione, spesso al calor bianco, tra la politica stessa e la magistratura", ha ribadito Davigo, che ha concluso dicendo che vorrebbe "vivere in un Paese dove ci vuole coraggio a fare il delinquente, non a essere onesto".