domenica 19 giugno 2016

La smemorata e la giunta blocca Capitale

Amministrative
ANSA/ ANGELO CARCONI
Oltre a incappare in una serie incredibile di infortuni sul curriculum, la candidata M5S non può neanche esibire quella “bella squadra” che aveva annunciato nell’ultimo confronto tv con Giachetti
 
Presentarsi al grido di “onestà, onestà” e incappare in una serie incredibile di infortuni sul curriculum, sui compensi (l’ultimo caso è quello degli incarichi che potrebbero essere non regolari dalla Asl di Civitavecchia) non è certo un bel biglietto da visita. Ma Virginia Raggi, la candidata del M5S a sindaco di Roma, non può neanche esibire quella “bella squadra” che aveva annunciato nell’ultimo confronto tv con Roberto Giachetti: i due nomi forti che circolavano, Tommaso Montanari (docente universitario fiorentino, allievo di Salvatore Settis) alla cultura e Marcello Minenna (alto dirigente Consob e attualmente nella squadra tecnica del commissario Tronca) al bilancio non possono essere infatti annunciati. L’uno ha spiegato che, malgrado il consiglio di Massimo D’Alema che, lo ha detto (non smentito) lo stesso Montanari, gli ha suggerito di accettare la proposta della Raggi, ha onestamente ammesso che lui vive a Firenze, non sa nulla di Roma e quindi non si ritiene adatto al ruolo di assessore alla cultura. Quanto a Minenna, al momento non c’è alcun accordo per poter annunciare il suo nome come assessore al bilancio.
Cosa resta, dunque? Resta, se la candidata pentastellata dovesse vincere il ballottaggio, un programma fatto solo di no e di patti con le corporazioni che, come nel caso dell’Atac o dei tassisti, si oppongono a qualsiasi cambiamento. Senza contare poi il fatto che, come da contratto sottoscritto da Virgina Raggi con la Casaleggio associati, l’ultima parola sulle scelte strategiche dell’amministrazione toccherà a Beppe Grillo e al figlio di Casaleggio.
Pur rifiutando la proposta dell’assessorato e malgrado non voti a Roma, Montanari consegna tuttavia al Fatto un endorsement per la candidata pentastellata. La motivazione non attiene affatto alle qualità della candidata e al suo programma su Roma, della quale Montanari non si sente parte, ma per una ripicca contro Renzi che ha “mutato geneticamente il Pd” il quale pertanto dimostra “di non essere più un partito di sinistra”. Votare M5S, dunque, per “condizionarlo” e fare vivere al suo interno “i valori propri della sinistra”. Un tempo si sarebbe detto che si tratta del tipico comportamento da “mosca cocchiera”, ovvero di chi pensa di poter guidare il carro dei voti altrui. Come quando, negli anni ’70, Lotta Continua faceva votare il Pci per “spostarlo a sinistra”.
Del resto, se Montanari pensa che nel M5S possano vivere i veri valori della sinistra, Alemanno e Salvini pensano invece evidentemente che lì possano trovare spazio quelli di una destra che ha portato Roma al disastro.
È del tutto evidente che i grillini cercano di raccogliere il voto contro. Pertanto non hanno alcuna idea positiva del futuro di Roma, ma si limitano a raccogliere la furia di una città sull’orlo del baratro. Il problema è che, se dovesse davvero vincere la candidata del M5S, la città cadrebbe immediatamente proprio in quel baratro.
Intendiamoci, il voto è libero e il giudizio degli elettori è sempre da rispettare, ma la costituency che si intravede dietro il bel volto di Virginia Raggi è un cartello del No, che mette insieme, a destra e a sinistra, tutti quelli che votano in odio a qualcosa o a qualcuno. E così mette insieme un blocco di resistenze corporative che sono il principale ostacolo al cambiamento della città: contro Uber a favore dei tassisti che da sempre sono una potente lobby al servizio della destra romana; in Atac non appoggia la coraggiosa opera di cambiamento del direttore generale Rettighieri che denuncia alla magistratura il malcostume trovato in azienda, ma si appoggia a quei sindacati corporativi che in cambio di appalti e assunzioni sono stati complici della cogestione consociativa, a scapito dell’efficienza e della qualità del servizio per i cittadini.
Quanto al debito di Roma, invece di aggredire subito il nodo della ricontrattazione con il governo centrale per liberare risorse, annuncia l’ennesima commissione per fare un “audit” e nel frattempo dice che non pagherà le rate (ma poi ritratta perché le hanno spiegato che sarebbe fuorilegge). E poi il No a tutto: alle Olimpiadi, allo Stadio della Roma, alla Metro C.
Altro che nomi altisonanti: la giunta della Raggi sarebbe una giunta blocca-Roma.

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