giovedì 23 giugno 2016

Inutile fare la Direzione, il Fatto taglia corto: “Renzi sta sulle palle a tutti”

Il Fattone
L'intervento del Presidente del Consiglio Matteo Renzi al Meeting di Rimini, 25 agosto 2015. ANSA/ PALAZZO CHIGI - TIBERIO BARCHIELLI   +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++
L’analisi raffinata dell’organo grillino rende vana la riunione del Pd di domani
 
Ora è finalmente tutto chiaro, la Direzione di domani ormai del tutto superflua, l’analisi della sconfitta alle amministrative non più necessaria: Renzi è antipatico, fine della discussione.
Anzi, per essere più precisi, “è andato sullo stomaco al Paese”, come spiega il Fatto di oggi in una documentata inchiesta fra peones, “notissimi deputati del Pd” rigorosamente anonimi, dirigenti della minoranza ed esperti vari con la citazione sempre pronta.
Attenzione, però: Renzi non è antipatico come lo erano una volta i capi della sinistra. “Quella – scrive il Fatto – era la sinistra supponente, moralmente superiore, quella alla D’Alema, per intenderci, che nel postcomunismo è stato l’Antipatico per antonomasia”. Bei tempi, ma inesorabilmente tramontati: oggi siamo di fronte ad un fenomeno diverso, ad una mutazione genetica dell’antipatia, ad una sua torsione involutiva.
“Il fenomeno nascente dell’antirenzismo – prosegue dunque il Fatto – richiama invece il Marchese del Grillo: ‘Io sono io e voi non siete un cazzo’. Insomma, ha un’origine paraberlusconiana, non radical chic da salotto capalbiese”.
A dire il vero, fra il “ghe pensi mi”, distillato di pragmatismo ambrosiano fatto proprio dal Cavaliere nei suoi anni migliori, e l’adorabile arroganza di uno dei più grandi personaggi creati da Alberto Sordi, tutta giocata sull’appariscenza barocca della Roma papalina, la distanza è enorme.
Ma questi sono dettagli: la sostanza – il Fatto lo ripete per una pagina intera, e noi gli siamo grati della chiarezza – è che Renzi “sta sulle palle”, ha subìto “la mutazione genetica della sboronaggine”, è uno “sbruffone”. D’accordo. Però un dubbio rimane.
“Quando sei sull’onda e vinci – spiega infatti Matteo Richetti al Fatto – la gente ti perdona l’arroganza, ma quando perdi no”. Dunque è il risultato finale a decidere, non le posizioni di partenza. Renzi non ha perso le elezioni perché è antipatico, ma è diventato antipatico perché ha perso.
Ne consegue che quando vincerà il referendum l’antipatia si trasformerà nuovamente in simpatia, l’arroganza verrà perdonata, e il Marchese del Grillo tornerà a riscuotere l’immensa popolarità di cui ha saputo godere per una vita intera mandando tutti a quel paese. Un’analisi davvero brillante.

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