Effetto domino: ora per il Regno Unito l’incubo è la disgregazione
La Scozia verso un altro referendum sull’indipendenza. E in Irlanda del Nord i cattolici chiedono l’unificazione dell’isola verde
Il drammatico voto sulla Brexit rischia di provocare effetti immediati all’interno del Regno Unito. La mappa del voto, infatti, ci consegna un Paese spaccato. Il Leave è maturato, come ampiamente previsto, nell’Inghilterra profonda, quella lontana dalla ricchezza e dalla maturità cosmopolita di Londra, quella rurale lontana dai grandi centri come Manchester e Liverpool, quella che ha sofferto sulla propria pelle gli effetti della crisi economica, quella dove una volta le miniere e i cantieri navali assicuravano a tutti un lavoro e un futuro dignitoso, quella che ha visto nell’emergenza profughi un’invasione sociale e culturale, quella anziana, contrapposta a quella giovane che ha votato per l’In.
La geografia del voto, però, oltre che un valore sociologico, ha anche un valore politico importante. Sì, perché, come risulta evidente dalle mappe del voto, nulla sarà più come prima. La Brexit è stata voluta dagli inglesi e dai gallesi, mentre è stata osteggiata dai nordirlandesi e, soprattutto, dagli scozzesi che hanno votato in massa per il Remain(oltre il 62% dei votanti).
Ora l’effetto domino della disgregazione è la prima minaccia che la Gran Bretagna deve affrontare. E’ la sopravvivenza stessa del Regno per come lo abbiamo conosciuto fino ad ora ad essere messa in discussione. La Scozia, infatti, viaggia molto veloce verso un nuovo referendum sull’indipendenza, dopo che quello del 2014 aveva sancito il legame con Londra. La prima ministra scozzese, a scrutinio ancora in corso, ha dichiarato che il voto “chiarisce come la gente della Scozia veda il proprio futuro come parte dell’Unione europea“.
L’ex ‘first minister’ scozzese ed ex leader dello Scottish National Party, Alex Salmond, ha glissato le domande specifiche della Bbc, ma da Edimburgo alcuni rappresentanti del partito indipendentista hanno detto che “ora ci saranno conseguenze”, parlando di “una decisione presa dagli inglesi che impatterà anche sugli scozzesi“. Il 18 settembre del 2014 in Scozia si tenne un sofferto referendum per l’indipendenza, che fu tuttavia bocciata alle urne. Lo Scottish National Party ha già fatto intendere, per voce di alcuni suoi rappresentanti, “che bisognerà trovare qualche meccanismo per preservare il nostro rapporto con Bruxelles”.
Discorso simile, anche se ancora più inquietante (visto il recente passato macchiato dalla violenza dei Troubles) quello che viene dall’Irlanda del Nord. Qui il voto su Leave o Remain è già stato interpretato come un referendum popolare di tipo settario. Gli unionisti protestanti hanno votato Leave, i cattolici indipendentisti hanno votato Remain. I risultati che assegnano oltre il 55% all’Infotografano una situazione sociale e demografica ormai definita: i cattolici repubblicani sono più dei protestanti lealisti. Questo aspetto è stato immediatamente trasformato dal Sinn Fein, il movimento indipendentista del Nord dell’Irlanda, in una richiesta politica: un referendum per l’unificazione dell’Irlanda. Il partito repubblicano ha sottolineato che l’esito del voto ha “conseguenze enormi sulla natura dello Stato britannico” a fronte del fatto che sia Scozia, sia Irlanda del Nord hanno votato a favore della permanenza nella Ue.
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