martedì 21 giugno 2016

Ha fatto diventare la Lega Nord un partito di estrema destra. Ora forse dovrebbe andare a casa insieme ai suoi collaboratori. Quelli che parlano e agiscono come lui. Gli estremisti di destra come Centinaio.

Lega Nord, dopo le urne tramonta la pax salviniana: il segretario sul banco degli imputati per il flop al Sud e la linea lepenista

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SALVINI

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Nella Lega, dopo la delusione per i risultati delle comunali, si sta riaprendo un’antica ferita, mai davvero suturata: la questione del Nord. La sconfitta a Varese, più ancora che a Milano, e il flop nel centrosud, rimettono in discussione la linea lepenista e nazionale che il leader Matteo Salvini sta portando avanti da tre anni. E venerdì 24, al consiglio federale convocato in via Bellerio, Salvini rischia di finire sul banco degli imputati. E’ lo stesso leader, in un‘intervista al quotidiano “Il dubbio”, a smussare quello che aveva scritto nel suo libro “Secondo Matteo”: “La menata delle primarie e della leadership non mi interessa”, spiega. Una conversione a U rispetto a poche settimane fa, quando affermava che “la Lega oggi è il partito più forte della coalizione e quindi tocca a me l’onere e l’onore di guidare l’opposizione contro il Pd”. “Dopo le comunali cambia tutto”, aveva annunciato, riferendosi alla necessità che fosse Berlusconi con Forza Italia a seguire il traino vincente della Lega. I numeri delle urne dicono invece che ora Salvini è costretto a ripensare la linea, e a mettere da parte- almeno per il momento- il sogno di fare il candidato premier.
Le comunali a Milano e Roma hanno tolto benzina al motore di Salvini: in un colpo solo sono sfiorite sia la possibilità di fare il botto nella Capitale accanto alla Meloni sia la supremazia su Forza Italia, visto che a Milano il Carroccio ha preso circa la metà dei voti, e Salvini è stato superato nelle preferenze dalla Gelmini. La botta al ballottaggio a Varese è stato il colpo finale di una tornata elettorale pesantissima per la Lega lepenista. Solo grazie al flop del Pd e al successo del M5s il tema è rimasto un po’ sotto tono sui mass media.
Ma ora dentro il partito la pax salviniana- garantita in questi anni dai voti in crescita- sembra in crisi. E torna in auge la vecchia questione mai sanata: aver abbandonato la vocazione federalista, quel “Prima il Nord” che era stato lo slogan dell’era di Maroni. Bossi è tornato all’attacco con più furore del solito: “Salvini ha tutta la colpa della sconfitta, ora vuole andare al Sud, ma non ho mai visto un programma, vuole solo raccattare un po' di voti e scappare, è un'idea peregrina che non porta da nessuna parte". Bossi accusa anche sul sostegno ai grillini ai ballottaggi. 
Fosse solo per l’anziano Senatur, l’altro Matteo potrebbe dormire sonni tranquilli. A uscire allo scoperto è invece un giovane dirigente come Paolo Grimoldi, segretario della lega lombarda, e già sodale di Salvini al tempo dei giovani padani. “Non è andata come pensavamo. Percentuali alla mano, non posso esimermi dall'ammettere una sconfitta. In tutto il Nord, salvo alcune eccezioni, la lista Lega Nord ha perso voti, anche laddove abbiamo vinto il sindaco, e questo denota un allontanamento di una parte del nostro elettorato storico, soprattutto a mio avviso quello composto da chi fa impresa o dal popolo delle partite Iva”, scrive in un lungo post su Facebook. “Credo si debba tornare a essere un Movimento-Sindacato dei nostri territori: un movimento la cui priorità sono i nostri lavoratori e le nostre imprese, da aiutare con proposte concrete, percorribili e realizzabili! Torniamo ad affrontare le questioni irrisolte del Nord, che ancora attende risposte su maggiori forme di autonomia e di federalismo”.
Sotto il post compaiono decine di commenti di militanti che chiedono di tornare alle ragioni fondative della Lega: federalismo e Padania. Venerdì al consiglio federale, anche Bossi porrà il tema con forza. E Maroni ha già detto di essere d’accordo con Grimoldi, come il suo potente assessore Gianni Fava: “Mi ritrovo nella sua analisi, rimane da valutare se il messaggio della Lega è stato sufficientemente forte”. “Mi pare che ci sia uno spaesamento rispetto al progetto politico della Lega a livello nazionale”, avverte Gianluca Pini, vice capogruppo alla Camera.
Sul tavolo di via Bellerio ci sarà il tema di cosa fare del progetto sud che non decolla, della linea lepenista che non sfonda. E ancora, a microfoni spenti, alcuni parlamentari accusano il cerchio magico intorno al segretario, “i consulenti economici che fanno proposte poco praticabili che non convincono i nostri elettori”. E ancora, l’accusa sarà di “scarsa collegialità nelle decisioni”. “Matteo decide tutto da solo con pochi intimi e occupa tutti gli spazi tv, ma questo schema ormai è logoro”. I salviniani sono pronti a replicare con le preferenze prese da Maroni come capolista a Varese, solo 300. “Vorrei più verve e incisività nell’azione della Regione Lombardia”, dice Salvini, con una stoccata al governatore. A dividerli anche il giudizio sul futuro del centrodestra. Maroni loda il modello Parisi a Milano, Salvini lo ha già archiviato: “Modello perdente”. Dice il governatore: “L’operazione di Parisi è stata convincente e può essere un investimento per il futuro, a prescindere dalle persone. Essere riusciti a tenere insieme tutta la coalizione che governa in Regione Lombardia non era facile né scontato".
Un tema, quello del futuro del centrodestra, che divide la Lega in modo molto pesante. A difesa del leader si schiera il capogruppo alla Camera Massimiliano Fedriga, fresco dei successi nel suo Friuli. “In tre anni Salvini ha preso un partito al 3% e ha fatto un miracolo. Ora c’è delusione perché non abbiamo trionfato, ma la Lega ha raddoppiato i suoi sindaci. E il progetto al Sud è un seme piantato che germoglierà…”. Lo stesso Salvini mette le mani avanti: “Tornare solo al Nord? Ma per favore, qualcuno è rimasto fermo al passato. Io voglio cambiare questo Paese”, dice al Corriere. La discussione – lo stesso giorno della direzione Pd - si annuncia altrettanto calda.

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