sabato 25 gennaio 2014

Riceviamo e pubblichiamo.

Legge elettorale, la variabile imprevista:
quella partita sulla soglia di sbarramento

Il Cavaliere potrebbe accettare di ridurre il tetto per il partiti coalizzati

    LO strano derby politico (Ansa)LO strano derby politico (Ansa)
    Fino a che punto gli equilibri politici di governo reggeranno l’onda d’urto dei nuovi equilibri politici sulle riforme? Fino a quando l’asse Letta-Alfano potrà resistere ai colpi di piccone del duo Renzi-Berlusconi? Perché un conto è teorizzare, come fa il leader del Pd, il metodo delle «alleanze parallele», distinguendo l’accordo con Forza Italia sulla legge elettorale dall’intesa di maggioranza, altra cosa però è metterlo in pratica. E Renzi finora non si è curato di bilanciare la propria linea d’azione. Anzi, non passa giorno senza che si allarghi il solco tra il premier e il segretario democrat, «una vicenda - secondo il capo del Nuovo centrodestra - che sta prendendo i contorni di una saga».

    IL DELICATO EQUILIBRIO - Ormai la «profonda sintonia» tra Renzi e Berlusconi si riscontra persino nel lessico, se è vero che entrambi ieri hanno usato le stesse parole per scagliarsi contro «il potere di veto dei piccoli partiti». È stato un modo per rispondere all’offensiva di Letta che il giorno prima si era schierato con Alfano a favore dell’introduzione delle preferenze nel nuovo sistema elettorale. E c’è un motivo se nel duello il ministro Franceschini ha preso le distanze dal premier: per un verso ha voluto avvisare Renzi che non è in atto un «complotto» per sabotare il percorso delle riforme, per un altro ha segnalato con chi si schiererebbe se la disputa dovesse arrivare alle estreme conseguenze.
    È in corso uno strano derby politico, in cui le squadre sono mischiate. Renzi collabora con Berlusconi, che in futuro sarà un suo avversario, mentre si scontra con Letta, che sarà suo alleato. E lo schema va applicato anche nel campo del centrodestra, al Cavaliere e al suo ex delfino, che oggi stanno su sponde opposte e che però domani saranno costretti a ritrovarsi. Continuando a tenere questi ruoli la partita non può durare a lungo, senza che vengano messe a repentaglio le «alleanze parallele». E sta al segretario del Pd gestire il delicato equilibrio. Non c’è dubbio che abbia bisogno del leader di Forza Italia per portare a casa la riforma del sistema di voto, tuttavia se cedesse l’architrave di governo anche l’obiettivo delle riforme finirebbe sotto le macerie.

    IL «CRASH TEST» - A meno di non ipotizzare che lo stesso Renzi stia lavorando a un esecutivo di scopo con Berlusconi, pronto ad accettare l’offerta se solo gli venisse avanzata, perché sancirebbe il suo definitivo e clamoroso «riscatto». L’opzione è già stata analizzata da Letta ed è stata oggetto di discussione con alcuni ministri del Nuovo centrodestra. Al momento il leader del Pd non sta facendo nulla per smentire l’eventualità: continua a tenere le distanze dall’esecutivo, gli chiede di «correre» - come a volerne sottolineare l’immobilismo - e non accetta di farsi ingabbiare nella logica del rimpasto. Sono indizi che non fanno (per ora) una prova, ma a Palazzo Chigi sono certi che Renzi non accetterà l’idea di un Letta-bis e che al massimo asseconderà la sostituzione in corsa di un paio di ministri.
    La variabile avrebbe però un effetto dirompente, e pone già da ora un altro interrogativo: per quanto tempo ancora il Pd reggerà unito allo scontro che potrebbe provocare la crisi del governo? E accetterebbe un simile cambio di scenario? Ecco cosa si cela dietro il braccio di ferro sulla riforma elettorale. Il negoziato sulla legge è una sorta di crash test sulle «alleanze parallele», con Alfano che ha alzato il livello della trattativa annunciando emendamenti sulle preferenze e sullo scorporo dal voto di coalizione per quei partiti che non superassero lo sbarramento: è un chiaro affondo contro Forza Italia, che dovrebbe indurre il Cavaliere a ridurre dal 5 al 4% la soglia d’accesso in Parlamento per i partiti coalizzati. «Non è possibile - secondo Alfano - che Berlusconi affermi di essere avanti nei sondaggi con i voti dell’intera coalizione, e al tempo stesso miri ad affossare quei partiti della coalizione che gli consentono di stare davanti».

    CHI PUO’ FAR SALTARE IL BANCO- Al momento Verdini nicchia, apre un varco alla possibilità per un candidato di presentarsi in vari collegi, ma non sembra accettare altre correzioni. La trattativa però - per quanto travagliata - sarà destinata a sbloccarsi, «un punto d’intesa si troverà», assicura lo stesso Renzi. Anche perché quegli emendamenti del Nuovo centrodestra potrebbero rappresentare una minaccia alla tenuta degli accordi, se venissero posti al voto in Aula. Sulle preferenze infatti - come ha spiegato il ministro Quagliariello in una riunione - «c’è un problema. E il problema non è che non ci sono i numeri ma che sono troppi». Come ad avvertire che su quella modifica si concentrano le attenzioni di chi - come Ncd - lavora per cambiare il testo, ma anche di chi mira a far saltare il banco. Cioè Grillo e non solo lui... 

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