“Non accetterò più di stare al governo con i miei carnefici. Sulla decadenza ci giochiamo tutto. I ministri e Alfano decidano da che parte stare. O con me o contro di me”. È tutta all’interno del Pdl la battaglia finale. Perché Silvio Berlusconi ha deciso che la crisi di governo è inevitabile. E che va aperta proprio in Aula sulla decadenza.
È “Alfano” il grande accusato. La linea delle colombe non ha portato un risultato né sulla Severino, né sulla grazia né sull’amnistia. E ora si è messo a remare contro: tradimento, è l’accusa. I due ormai vivono da separati in casa. Il rapporto è logoro, avvolto da reciproca sfiducia e recriminazioni. Tanto che, dopo che Berlusconi ha annullato il pranzo con i ministri, i contatti sono stati prossimi allo zero. Angelino, chiuso a palazzo Chigi, ha convocato i ministri a lui vicini per valutare l’ipotesi della scissione: “Non lascerò il governo – è il ragionamento che ha fatto al Cavaliere - col voto sulla decadenza. E’ controproducente per lei, presidente. Non possiamo rompere noi, faremmo il gioco di Renzi e di chi vuole il voto anticipato”. Il problema è che Berlusconi, a questo punto, ha messo anche in conto un semplice ritorno all’opposizione, in caso di scissione dei filo-governativi: “Nascerebbe un governo debolissimo – spiega un falco di rango - che dura poco. E qualche mese di opposizione a questo governo delle tasse ci consente di ricostruire la coalizione e fare voti”
È una distanza profonda con Alfano. Pure la nota di solidarietà al Cavaliere vergata dal vicepremier è arrivata dopo oltre quattro ore dalla decisione sul voto palese ed è suonata alle orecchie del Capo solo come un atto fiacco e dovuto. Berlusconi, chiuso a Grazioli con i falchi, era invece sul punto di scrivere un comunicato di fuoco per aprire la crisi di governo. E ai dichiaratori ha dato ordine di minacciare “conseguenze” per il governo.
E tra i due ora si gioca una drammatica battaglia sui tempi. Alfano vorrebbe provare a frenare il Cavaliere, aspettando la legge di stabilità. Un ultimo tentativo prima di varare una scissione che assomiglia a un salto nel vuoto. Perché “garanzie non ci sono”. A Enrico Letta il vicepremier ha confidato la sua paura: se rompo – è il suo ragionamento – mi devi dare la garanzia di avere tempo per organizzarmi, se il governo non va avanti fino al 2015 sono nei guai; non posso lasciare Berlusconi per morire nelle mani di Renzi. Una paura che non ha trovato rassicurazione nelle risposte del premier. Che a sua volta non ha certezze sulle mosse del sindaco Rottamatore: qua nessuno garantisce nessuno, e ognuno si deve prendere le sue responsabilità; per me fa fede quello che è successo il 2 ottobre.
Ecco perché Angelino appare titubante coi suoi. La sua strategia, se di strategia si può parlare ora che sono saltati tutti gli schemi, è tentare di placare il Cavaliere, trascinando il voto sulla decadenza dopo che la legge di stabilità approderà in Aula, perché – è il suo ragionamento – a quel punto per Berlusconi è più difficile rompere. Eccola, la distanza dei separati in casa. Col Cavaliere pronto a utilizzare il voto in Aula per lo showdown finale. E sulla legge di stabilità ha dato ordine di “scatenare l’inferno”. Tanto che quando Angelino Alfano piomba a palazzo Chigi per un incontro con Letta e i suoi capigruppo, proprio sulla legge di stabilità, si ritrova un Brunetta particolarmente combattivo. E un percorso particolarmente stretto. Perché il premier non si sposta di una virgola rispetto alla linea tenuta fin qui: “Non accetto aut aut sulla legge di stabilità. Va bene modificarla in Parlamento, ma impianto e saldi non cambiano”. Per Letta è impensabile che si possa tornare allo schema pre-2 ottobre.
E adesso Angelino ha davvero paura. Per la prima volta sente sulla sua pelle cosa significhi avere Berlusconi contro. Gli house organ di famiglia hanno già recapitato i primi “pizzini” che già evocano il metodo Boffo. E parecchi parlamentari hanno cominciato a firmare il documento che prevede il ritorno a Forza Italia, quello per intenderci, non condiviso dai lealisti. Il tempo ha cominciato a correre più in fretta. A Palazzo Grazioli Angelino non è più di casa: “O con me o contro di me” gli ha ripetuto il Cavaliere congedandolo dopo l’ultimo incontro.