I balzelli che frenano la crescita
di Pietro Monsurrò*Caro Letta, mantieni l’Imu ma taglia l’Irap
Lo ha detto oggi il segretario Ocse Gurrìa: la vera emergenza sono le tasse su imprese e lavoro
Foto da Flickr di Steys
Giorni fa c’è stato un lungo dibattito su un articolo di Carlo Stagnaro che affermava che l’abolizione dell’IMU non è la priorità, avendo il sistema fiscale italiano ben altri e più gravi problemi. Supponiamo infatti che un (improbabile) governo, grazie a tagli di spesa e riforme per la crescita, accumuli 25 miliardi da dedicare alla riduzione della pressione fiscale: dovrà decidere quali tasse tagliare.
Si potrebbero ridurre le imposte sui consumi: IVA e accise su sigarette, alcol e benzina; oppure le imposte ricorrenti sugli immobili (IMU) o quelle non ricorrenti, come le imposte sui cambi di proprietà (più distorcenti dell’IMU); oppure le imposte sul lavoro: IRPEF, contributi previdenziali, IRAP; o infine quelle sulle aziende e gli investimenti: Conto Titoli, IRES, imposta sui redditi da capitale. I criteri da adottare possono essere economici: diminuire le tasse che maggiormente danneggiano la crescita, l’occupazione, gli investimenti e la sostenibilità del debito.
In base a questi criteri la priorità non è l’IMU, ma l’IRAP, i contributi INPS, l’IRES, le patrimoniali finanziarie, l’addizionale IRES sui produttori di energia pateticamente chiamata “Robin Hood Tax”. Potremmo adottare altri criteri, come ridurre le imposte regressive quali l’IVA. In ogni caso alcuni ne saranno avvantaggiati, altri saranno indifferenti, altri ancora subiranno perdite, come i commercialisti nel caso (auspicabile) di semplificazione delle regole fiscali. Adam Smith ne “La ricchezza delle nazioni” proponeva una lista di ‘desiderata’: la certezza, l’equità contributiva, l’efficienza, la ‘vicinanza’ al beneficiario del servizio.
Nel dibattito ho trovato un’argomentazione valida: l’IMU è pagata anche da chi ha un patrimonio ma non un reddito (ad esempio perché disoccupato), e le imposte patrimoniali hanno spesso il difetto di essere in alcuni casi incompatibili con la ‘capacità fiscale’: ci sono quindi miglioramenti da apportare. Ma se per miracolo l’Italia potesse decidere come ridurre di 25 miliardi le imposte, e decidesse di abolire l’IMU, perderebbe l’opportunità di rendere meno inefficiente il sistema fiscale, riducendo i vantaggi dei tagli sulla competitività, la crescita, gli investimenti, l’occupazione.
L’Italia è prima al mondo per la pressione fiscale su lavoro e imprese, e ridurre queste imposte è la priorità. L’aumento scellerato della pressione fiscale prodotto dai governi Berlusconi e Monti sarebbe stato ancora più distruttivo se invece dell’IMU avessimo inasprito l’IRAP, l’IRES, l’IRPEF: la scelta di non tagliare la spesa ha seppellito di tasse l’economia reale, ma si sarebbe potuto fare di peggio, senza l’IMU. Per un motivo o per un altro, l’IMU ha reso, a parità di entrate (da ridurre!), il sistema fiscale italiano meno peggiore.
Tutte le tasse sono nocive, ma non tutte lo sono ugualmente: a parità di gettito (che in Italia è a livelli criminali) è preferibile minimizzare gli effetti economici negativi, anche perché il primo problema del paese è la crescita. Se invece si vuole fare la morale, la si faccia su un caso concreto, spiegando perché sacrificare lavoratori e imprese sarebbe preferibile a sacrificare i proprietari di immobili: la morale non applicata a questioni reali non ha valore, e la coscienza che rimane pulita perché priva di contatto con la realtà non serve.
*Pietro Monsurrò è fellow dell’Istituto Bruno Leoni. Articolo originariamente pubblicato su Libertiamo
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/caro-letta-mantieni-l-imu-e-taglia-l-irap#ixzz2S9FknHFu
1 commento:
E' più di un anno che dico questo. Ma i due clown sono d'accordo sull'IMU.
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