Raggi ridens
Il problema è che sotto i No non c’è nulla. O meglio c’è un’idea pauperistica e declinista di Roma, il cui destino, con la Raggi e il M5S è quello della decrescita infelice
La guerra di Roma si combatte anche a colpi di Pasquinate. S’ode a destra Ventrone: “l’hanno accerchiata dandoje er tormento/io ciò n’idea de tutta a situazione/s’è messa contro quelli der cemento./…Fate attenzione quindi “brava gente”/er Sinnaco de Roma nun se tocca”, risponde a sinistra Morassut: “Mo ce sta a riccontà a li quattro venti/che vonno falla scenne giù dar colle/perché ha pestato li piedi a li potenti/la verità è chiara ormai alle folle/Pippe, ntrujoni e pure assai buciardi/Co le parole fate solo bolle”. Dopo aver seguito l’intervista ridanciana di Virginia Raggi a Enrico Mentana ci viene dunque in mente un popolare motto romano: “Ridi, ridi che mamma ha fatto gli gnocchi”.
Nell’intervista la Raggi ridens ha snocciolato sesquipedali “bucie” e spacciato per buone delle colossali balle. La prima è che la giunta Raggi sarebbe stata la prima nella storia di Roma ad approvare il bilancio entro i termini previsti. Falso! Ecco quanto dichiarava Ignazio Marino, dopo l’approvazione del bilancio 2015 da parte dell’assemblea capitolina: “Siamo la prima città italiana ad approvare il bilancio. È giusto che sia così, ma questo non accadeva dal 1998”. E ricevette i complimenti del governo per bocca del sottosegretario Graziano Del Rio.
La seconda balla è che dal cappello della sua giunta sono usciti decine di milioni e mirabolanti piani per sanare la piaga delle buche. Falso! Ecco quando dichiarava l’assessore ai lavori pubblici della giunta Marino, Maurizio Pucci, all’indomani dell’approvazione della delibera sull’appalto triennale per la manutenzione stradale nell’agosto 2015 che prevedeva 12.221.540,00 di euro per i servizi di sorveglianza e 96.819.603,20 di euro per la manutenzione (sono le cifre di cui si parla in questi giorni per il mirabolante Piano Buche del Campidoglio: “Si tratta di una vera e propria rivoluzione che renderà più efficiente la manutenzione e quindi più sicure le nostre strade anzitutto perchè la durata triennale dell’appalto rende possibile una programmazione degli interventi; in secondo luogo perché è previsto che sorveglianza e monitoraggio delle strade siano svolti da soggetti diversi rispetto a quelli cui viene affidata la manutenzione ordinaria e il pronto intervento; in terzo luogo perché si prevede che gli interventi urgenti debbano avvenire in tempo reale con una disponibilità h 24 delle imprese aggiudicatrici degli appalti”.
Aggiungiamo che visto l’abbandono in cui è stata lasciata per anni la viabilità romana, secondo una stima dell’associazione dei costruttori per rimettere in sesto le strade romane ci vorrebbe un investimento di 100 milioni di euro all’anno per cinque anni. Dunque, se vogliamo restare alle strade, il piano approvato dalla giunta Marino e ripreso dalla giunta Raggi è solo una goccia nel mare. Servirebbero molte più risorse, che non possono certo venire da un bilancio gravato dal debito storico come quello del Campidoglio. Per esempio sarebbero state utilissime le risorse che sarebbero arrivate per le Olimpiadi: quella della manutenzione straordinaria delle strade avrebbe potuto rappresentare una delle priorità che la giunta avrebbe potuto imporre al Comitato Olimpico. Chi avrebbe potuto obiettare alcunchè all’idea che rimettere a posto la viabilità è condizione preliminare a qualsiasi altro discorso? Così per dire a un inesistente colata di cemento si è buttata via l’occasione per una bella e necessaria colata di buon asfalto.
Nello stesso momento in cui la Raggi si districava tra polizze, chat e congiure il suo assessore all’Urbanistica, l’ultras anti-stadio Paolo Berdini faceva trasmettere dai suoi uffici il No al progetto per il Nuovo Stadio della Roma: un investimento di circa 1 miliardo di euro, tutto a carico dei privati, comprese tutte le infrastrutture trasportistiche necessarie. Tra fase di costruzione, addetti allo stadio e alle strutture commerciali connesse vale circa ventimila posti di lavoro. Il No è arrivato malgrado la disponibilità dichiarata dalla Roma a rivedere e ridurre le cubature. In gioco non c’è solo il progetto Stadio, ma tutto il progetto Roma. È infatti certo che, se non avranno la possibilità di costruire uno stadio di proprietà come hanno tutte le grandi squadre europee, gli americani abbandoneranno la Roma perché verrebbe a mancare uno dei pilastri della loro strategia. Il disastro non sarebbe solo sportivo, con il ritorno a una Rometta senza mezzi e senza ambizioni, ma riguarderebbe tutta la città perché le farebbe perdere il più grande investimento straniero degli ultimi anni.
Il problema è che sotto i No non c’è nulla. O meglio c’è un’idea pauperistica e declinista di Roma, il cui destino, con la Raggi e il M5S è quello della decrescita infelice. In mesi passati a litigare sulle poltrone, cambiando vorticosamente assessori, capi di gabinetto, capi della segreteria in un via vai che sembra Helzapoppin di garanti, controllori, commissari, cerchi magici e cerchi tragici, chat, non c’è una sola proposta positiva, operativa, concreta degna di nota (le uniche iniziative, come abbiamo dimostrato, sono eredità della giunta Marino). Cacciati gli assessori e i dirigenti competenti e rigorosi, l’assessore Minenna, il capo di gabinetto Raineri, il comandante dei vigili, Clemente, nemico degli abusivi e del degrado, prevalgono i traffichini e i pasdaran del No come Berdini. Grillo non può permettersi di mollare la Raggi perché sarebbe la dimostrazione del fallimento come forza di governo ma, a parte bastonare i dissidenti, non sa come aiutarla se non con l’ennesimo cambio di giunta, ma per fare che cosa? Boh. Intanto la Sindaca, in preda a un attacco di risate, va’ pe’ tetti.
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