sabato 24 settembre 2016

M5s, la trasformazione da Imola a Palermo

Tutto pronto per la convention siciliana. Dopo le faide, gli scivoloni, le liti, il M5s fa un passo indietro. Archivia la linea di Di Maio e spera nel potere del Vaffa.

24 Settembre 2016
Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
(© Imagoeconomica) Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
«Non passiamo il testimone a nessuno», disse Gianroberto Casaleggio. «Perché candidare gente per mezzo della tivù? Senza di me non eravate niente, siete dei miracolati», gli fece eco Grillo rivolto alle 'pentastar' riunite intorno a Luigi Di Maio.
Era il 19 ottobre scorso, alla chiusura della Festa M5s di Imola.
LA PROFEZIA DI IMOLA. È passato un anno e quelle parole, che allora parevano boutade sibilline e battute da cabaret, assumono ora un significato più circoscritto, quasi profetico.
Le carte sul tavolo pentastellato, i rapporti di forza e le faide, sono cambiati. O, meglio, sono venuti alla luce grazie alla cartina di tornasole del caos romano.
La Capitale che un anno fa doveva essere una delle tappe della corsa stellata e la dimostrazione che il Movimento era diventato grande abbastanza per ambire con credibilità a Palazzo Chigi si è trasformata nella forza e insieme nella debolezza dei cinque stelle.

Palermo, festa a rischio gelata

Beppe Grillo e Luigi Di Maio.
(© Ansa) Beppe Grillo e Luigi Di Maio.
Ora il palcoscenico si sposta a Palermo per la due giorni di dibattiti, tavole rotonde e gazebo. Una festa a metà, però.
Le cronache raccontano di un Beppe Grillo sempre più isolato, tenuto all'oscuro dal Direttorio.
DIRETTORIO SPACCATO. Solo Carla Ruocco e Roberto Fico sono rimasti fedeli allo spirito delle origini. Difficile immaginarli sul palco abbracciati a Di Maio e Alessandro Di Battista.
E che dire di Paola Taverna e Roberta Lombardi, le due sabotatrici di Virginia Raggi? L'ex Faraona ha addirittura lasciato il mini-direttorio capitolino per dedicarsi, questa la spiegazione ufficiale, proprio all'organizzazione della manifestazione siciliana. Mentre la sindaca di Roma ha scelto di rinviare di un giorno la sua partecipazione alla kermesse, trattenuta nella capitale dal crollo di una palazzina a Ponte Milvio.
Beppe Grillo e Davide Casaleggio sono presenti. Anche se tra i due, come svelato dal libro Supernova di Marco Canestrari e Nicola Biondo, i rapporti non sarebbero idilliaci. Anzi.
LA RESISTENZA DI BEPPE. Il comico per ora non molla. Resta sempre proprietario del simbolo. E non intende abdicare ai nuovi capetti che, tra l'altro, stanno perdendo smalto.
Di Maio, leader in pectore acclamato dalla folla ai funerali di Casaleggio, dopo le mail non comprese, i silenzi sull'affaire Muraro e le confusioni tra Cile e Venezuela si è indebolito. A favore, apparente, di Di Battista che sta raccogliendo i frutti del suo movimentismo per il No al referendum costituzionale.

Pizzarotti e le altre grane locali

Imola non è stata l'ultima festa solo per Gianroberto Casaleggio, ma anche per Federico Pizzarotti.
Sospeso e dimenticato (volontariamente), il sindaco di Parma su Facebook ha lanciato l'ennesimo J'accuse.
IL J'ACCUSE DI PARMA. «I vertici del Movimento hanno negato a Parma, ai suoi consiglieri comunali e agli attivisti la possibilità di installare il gazebo informativo, al contrario di quello che è avvenuto nelle edizioni precedenti», ha scritto venerdì. «Il gazebo non è soltanto un tendone e quattro aste, ma rappresenta e simboleggia l’esistenza del Movimento 5 Stelle nei vari territori».
Poi l'affondo: «Non si rispettano le poche regole che ci sono, mentre alcune vengono palesemente inventate per far fuori chi non è allineato. L’indifferenza non rende piccolo chi la subisce, ma chi la attua. Per quanto mi riguarda, e al contrario dei vertici, io posso guardare le persone negli occhi senza provare vergogna».
In molti tra gli ex e gli espulsi sperano in una mossa del sindaco. Sono pronti, almeno a parole, a seguirlo in una nuova impresa politica.
Lo stesso Pizzarotti accarezza l'idea di una sua candidatura anti-Di Maio. Ma in ballo ci soino le Amministrative a Parma, e l'ipotesi di ripresentarsi in caso di espulsione con una lista civica resta in piedi.


In questo anno, poi, il Movimento è scivolato maldestramente sul caso Quarto e si è riscoperto improvvisamente garantista a Livorno. Due pesi e due misure che hanno disturbato la fetta più ortodossa degli attivisti.
Ha dovuto poi riammettere, previa sentenza, una piccola frotta di espulsi a Napoli e Roma.
LA PROMESSA TRADITA. E rivedere la scelta online dei candidati sindaco promessa dallo stesso Casaleggio a Imola. «A ridosso delle elezioni, anche quelle Comunali, saranno gli iscritti a decidere i candidati con le votazioni online», aveva detto il fondatore-ideologo.
Così non è stato. A Torino, Chiara Appendino è stata proclamata senza consultazioni. A Bologna, il fedelissimo Max Bugani invece è stato calato dall'alto e dopo non aver centrato l'obiettivo del ballottaggio col Pd nominato nella dirigenza di Rousseau. A Milano, le primarie cartacee effettuate col metodo Condorcet che avevano incoronato la sconosciuta Patrizia Bedori sono state stravolte dopo il passo di lato della candidata a favore, tra mille polemiche, di Gianluca Corrado che col suo 10% non  è riuscito a sfondare. A Napoli, il monzese Matteo Brambilla ha fatto flop.
IL CAOS DI ROMA. Ma è a Roma, come prevedibile, che sono puntati i riflettori.
A quasi tre mesi dalla sua proclamazione, Raggi è ancora in cerca di due assessori: alle Partecipate e al Bilancio, dopo le dimissioni di Marcello Minenna (voluto da Di Maio) e dell'ex procuratore regionale della Corte dei Conti Raffaele De Dominicis.
Il no alla candidatura alle Olimpiadi del 2024, ma soprattutto lo sgarbo istituzionale con i vertici Coni rientrerebbero nell'operazione di restaurazione pentastellata.
Ritorno alle origini, insomma, al Vaffa perduto dopo il feeling con lobbisti e poteri forti portato avanti da Di Maio. L'obiettivo è recuperare consensi, dare un segnale agli attivisti duri e puri. Fare dimenticare il polverone suscitato dalla nomina di Paola Muraro e dall'avviso di garanzia. E archiviare, almeeno per il momento, la rivoluzione normalizzatrice di Di Maio.
L'«onestà-onestà-onestà» e l'attacco al Pd renziano al momento devono bastare come assicurazione per il popolo pentastellato.
Se a Imola la parola d'ordine era siamo pronti a comandare, oggi l'aria sembra cambiata.
Il rilancio in questi giorni del sistema proporzionale contro l'Italicum, viatico per un'eventuale vittoria del Movimento alle urne, può essere un indizio. E il dubbio a pensar male viene: paura di vincere?



Twitter. @franzic76

Nessun commento:

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...