sabato 13 agosto 2016

Grillini bugiardi e ipocriti. Difendono l'indifendibile. E che forse Il nostro bravissimo Tito Boeri era uno della stazione Termini quando ha rinunciato a 250 mila euro all'anno e più per prenderne meno di 100 mila all'INPS. E forse fare il capo gabinetto a Roma è più complicato che fare il gestore dell'INPS? E si, certo, fare il capogabinetto alla Raggi vuol dire fare due mestieri: il capo gabinetto ed il sindaco. La nostra Raggi/Previti cosa fa al fin fine.

Il capo staff della Raggi guadagna troppo? L’autodifesa M5S è tragicomica

Roma
La sindaca di Roma Virginia Raggi in aula Giulio Cesare in Campidoglio, durante l'assemblea comunale straordinaria sul caso rifiuti, Roma, 10 agosto 2016. ANSA/ANGELO CARCONI
Prima le interviste della diretta interessata, poi la presa di posizione del gruppo grillino in Campidoglio: i goffi tentativi di mettere una toppa a un buco scavato in casa
 
Quando si dice che la toppa è peggio del buco. Ancora non si sono spente le polemiche per la decisione di Virginia Raggi di “assumere” la capo gabinetto più costosa della storia del Campidoglio, ed ecco la diretta interessata che (evidentemente ancora priva di un ufficio stampa che le dia qualche buon consiglio) rilascia due interviste (a Messaggero e Corriere della Sera) in cui cerca di spiegare la sua posizione, ossia il suo stipendio. Uno spavaldo tentativo di autodifesa che denota una totale mancanza di stile e un vero e proprio disprezzo per Roma.
Giustificare il proprio compenso (cosa sarebbe successo se Pd e M5S in questo caso fossero stati a parti invertite?) con frasi del tipo “certo se vogliono risparmiare, possono andare alla Stazione Termini e prendere uno a caso” oppure “al Campidoglio ci rimetto, ci perdo soldi a venire a Roma, tornerò presto a Milano” o ancora “ma secondo voi mi trasferisco a Roma per rimetterci?” è l’esatto opposto di una concezione della politica che almeno si avvicini a quell’idea di servizio ai cittadini che tra l’altro, mai come in questo momento, la situazione amministrativa della Capitale d’Italia richiederebbe.
“Io non guadagno tanto, la differenza con il mio stipendio precedente è di 1.000 euro al mese, e con quei soldi devo pagare i viaggi per Milano dove risiede la mia famiglia e l’albergo a Roma”, spiega al Corriere della Sera Romana Raineri. “Io lavoro dalle 7 alle 24 tutti i giorni, non vedo la mia famiglia, faccio una vita complicata: se fossi rimasta a Milano, nella mia casa a cento metri dal palazzo di Giustizia, starei meglio. Non voglio essere usata dal Pd per fare battaglia politica, non voglio essere usata per mettere in difficoltà la sindaca. Io non raccolgo margherite, a fare il mio lavoro non ci può essere chiunque. Certo possono risparmiare, vanno alla stazione Termini e prendono una persona qualsiasi”.
Come se non bastasse, in mattinata è arrivata anche la presa di posizione del Movimento 5 Stelle romano: “Carla Romana Raineri è un giudice e come tale il suo stipendio è conforme all’imponibile complessivo che da magistrato ammontava prima a 207 mila euro. Gli attacchi giunti in queste ore dal Pd non possono non considerarsi un vero e proprio editto contro tutta la magistratura che combatte la mafia, il malaffare, e che combatte per la giustizia”.
E’ chiaro che c’è qualcosa che non torna. Nessuno, nelle fila del Pd o degli altri partiti si sarebbe mai sognato di fare una polemica sul compenso della Raineri o di altri dirigenti del Comune di Roma. Il problema è che se un movimento politico che ha basato la propria esistenza sulla sistematica demolizione pubblica di chi ricopre incarichi pubblici a causa soprattutto dello stipendio che percepisce, poi mette a libro paga il capo di gabinetto più caro della storia di Roma, non può pretendere che gli altri partiti non facciano notare la contraddizione. E risposte come quelle della Raineri o invenzioni fantasiose come quelle del gruppo M5S in Campidoglio non fanno che confermare i timori che non basti costruire una piattaforma d’opposizione demagogica e populista se poi, alla prova del governo, non si è in grado neppure di perseguire le proprie istanze.

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