L’ambasciatore israeliano Gilon: rigurgiti antisemiti “D’Alema ossessionato da noi, Renzi è un grande amico”
La Stampa intervista oggi l’ambasciatore israeliano Naor Gilon, arrivato a fine mandato, il quale fa una lista di buoni e cattivi della politica e dell’informazione su Israele. I giudizi, molto severi, coinvolgono il Fatto, il MoVimento 5 Stelle e la sinistra:
«Nonostante tutti i governi si siano sempre espressi in modo forte e chiaro contro l’antisemitismo, qualche elemento ancora c’è anche in Italia: come ha detto l’ex presidente Napolitano, si tratta di un tipo nuovo, che si definisce anti-sionismo, contrario alla politica di Israele, ma in realtà è spesso basato sull’antisemitismo».A cosa pensa?«Ad esempio c’è un giornale italiano, Il Fatto quotidiano, che propone spesso teorie della cospirazione e usa i rapporti con Israele come elemento per attaccare i politici, come se Israele fosse il male assoluto e il Mossad ancora di più. Ci sono anche politici italiani che parlano la stessa lingua».Chi?
«E’ chiaro a tutti chi considera l’unica democrazia del Medio Oriente come il male assoluto, usandola a fini di politica interna». Lei ha avuto polemiche con Massimo D’Alema. «Per me chi rappresenta il Pd è il suo segretario, Matteo Renzi, che è un grande amico di Israele».Ma qual è il problema con D’Alema? E’ troppo critico con Israele?«Deve chiedere a D’Alema della sua ossessione per Israele».
Ma Gilon ne ha soprattutto per i grillini. Prima dice che nessuno del MoVimento 5 Stelle ha aderito all’associazione parlamentare di amicizia tra Italia e Israele, poi fa sapere di aver incontrato Manlio Di Stefano e Alessandro Di Battista, e di aver avuto l’impressione che “in parte siano animati da pregiudizi, e in parte ci sia un’ignoranza della realtà”. Infine:
Di Maio ha annunciato che, se vincerà il M5S, riconosceranno la Palestina. Sarebbe un problema per voi?«Tutti i governi israeliani dagli accordi di Oslo in poi hanno accettato il principio di due popoli e due Stati. Ma ci si può arrivare solo attraverso negoziati diretti tra Israele e l’Autorità palestinese: se creiamo un Paese debole, rischia di diventare un covo di Daesh. Creare un altro Paese instabile sarebbe un problema per il mondo intero, e per Israele un vero suicidio».L’M5S dice riconoscimento senza condizioni. Siete in pieno disaccordo?«Sicuramente sì. Il riconoscimento deve avvenire dopo un processo e dopo che i palestinesi hanno mostrato la loro capacità di controllare il Paese».La preoccupa che l’M5S possa andare al governo?«No, noi lavoriamo con tutti tranne con gli antisemiti. E abbiamo esempi in altri Paesi di persone molto critiche con Israele all’opposizione, che al governo hanno cambiato idea, come Syriza in Grecia. Come recita un detto israeliano, le cose che si vedono da una posizione, si vedono diversamente da un’altra».
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