Lorena La Spina: "Io, rappresentante della polizia, avrei fatto come Patrizia Aldrovandi per cercare la verità"
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A dieci anni esatti dalla morte di Federico Aldrovandi durante un controllo di polizia, la famiglia del ragazzo incontrerà per la prima volta dei rappresentanti sindacali delle forze dell'ordine. L'occasione è un dibattito pubblico a Ferrara, dove il 25 e il 26 settembre l'associazione che porta il nome del ragazzo ha organizzato eventi musicali e iniziative per ricordarlo.
Per Patrizia Moretti, la mamma di Federico, sarà anche un modo per chiudere definitivamente il sipario su una delle vicende di cronaca che hanno maggiormente segnato l'Italia negli ultimi anni. A luglio, d'accordo con il marito Lino, ha ritirato le querele nei confronti del Coisp, di Carlo Giovanardi - che disse "non è sangue ma un cuscino rosso" riferendosi alla foto del diciottenne massacrato - e dell'agente Pietro Forlani, uno degli agenti incriminati che scrisse di Federico "è un cucciolo di maiale".
"Penso sia un buon segnale che la signora Moretti abbia deciso di coinvolgerci in questa manifestazione. Forse stiamo per chiudere un cerchio", dichiara all'HuffPost Lorena La Spina, segretario nazionale dell'Associazione Nazionale Funzionari di Polizia (Anfp). ""Come mamma, avrei compiuto lo stesso percorso per cercare la verità e ottenere giustizia sulla morte di un figlio. Sento grande solidarietà ed empatia per una tragedia così enorme e perciò mi auguro che l'incontro sarà costruttivo".
La Spina è consapevole che la richiesta dei famigliari di Federico - togliere la divisa ai quattro agenti condannati per la sua morte - rimarrà inascoltata: "Il regolamento di polizia è una legge e come tale va rispettata. Per l'omicidio colposo non è prevista la destituzione ma è stato deciso di far lavorare questi poliziotti in ufficio. Mi rendo conto che non è abbastanza ma questo è quello che prevede il codice disciplinare".
"Si tratta di persone che hanno errato nell'uso dei mezzi di contenimento ma non volevano uccidere Federico", aggiunge La Spina. "La prima colpa è quella di non aver deciso un approccio di dialogo e di tipo medico ma di aver scelto l'approccio contenitivo e repressivo. A ciò si aggiungono, sulla base delle sentenze, ulteriori profili di colpa, come quello di aver mantenuto Federico in posizione prona per un tempo eccessivo. Purtroppo va comunque considerato che i contesti operativi sono spesso assai difficili da gestire e rischiosi anche per gli stessi operatori.”
La rappresentante dell'Anfp, negli anni, ha sempre giudicato sbagliate le esternazioni di alcuni sindacati di polizia come il Sap o il Coisp, e ha spesso ripetuto di non aver apprezzato gli applausi dei colleghi agli agenti condannati durante un convegno del Sap, o le pesantissime offese rivolte agli Aldrovandi anche dai poliziotti responsabili della morte di Federico: "Il mondo sindacale è variopinto, io cerco di confrontarmi con episodi dolorosi e la vicenda di Federico è dolorosa anche per la polizia, perché chi entra in contatto con le forze dell'ordine deve essere sicuro che la sua integrità sia rispettata, così come siano rispettati i suoi diritti".
Ecco perché La Spina trova "suggestiva ma non reale" la frase che oggi Cecilia Strada ha consegnato a Facebook per ricordare quel 25 settembre del 2005: "Non riesco a dormire se penso che possa succedere a mio figlio": "Se si incrina la fiducia nelle forze di polizia entra in crisi un settore strategico della collettività e cioè la sicurezza. Va, inoltre, considerato che gestiamo ogni anno centinaia di migliaia di interventi operativi, in maniera professionale e senza incidenti. Una delle priorità - come anche il tragico epilogo della vicenda di Federico dimostra - è senz’altro costituita dalla necessità che l’aggiornamento e l’addestramento professionale siano adeguati e ripetuti nel tempo: per questo servono maggiori risorse.”
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