giovedì 28 maggio 2015

Riceviamo e pubblichiamo.

SCANDALI

Il verbale choc: "Ecco la maxi tangente Eni in Nigeria" 

Un giacimento di petrolio in mano a politici e faccendieri. Che la compagnia paga un miliardo di dollari. Ma i pm: soldi mai arrivati allo Stato africano

Il verbale choc: Ecco la maxi tangente Eni in Nigeria
«Il vicepresidente dell'Eni in Nigeria mi ha rivelato che i quattro massimi dirigenti del gruppo italiano volevano fare un accordo con noi per alzare il prezzo dell'affare petrolifero e portare via 200 milioni di dollari alla loro società. Ho risposto a muso duro: questa è una frode, è riciclaggio, “it's criminal”. Voi volete rubare 200 milioni all'Eni: rischiate la prigione».

“L'Espresso” pubblica in esclusiva il verbale di Dan Etete, l'ex ministro del petrolio nigeriano che è il principale beneficiario dell'affare da un miliardo e 92 milioni di dollari concluso dall'Eni, nell'aprile 2011, con l'acquisto senza gara del maxi-giacimento OPL 245 nel Delta del Niger. La Procura di Milano ha aperto da mesi un'inchiesta che ipotizza una corruzione internazionale di dimensioni enormi. Tra gli indagati compaiono l'attuale amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi, il suo predecessore, Paolo Scaroni, e i manager Roberto Casula e Vincenzo Armanna.

La testimonianza di Etete con le accuse ai dirigenti dell'Eni è stata resa in un processo a Londra: una causa civile tra l'ex ministro e il mediatore nigeriano Emeka Obi, che rivendicava una parcella di 215 milioni di dollari. Il tribunale di Londra, nel luglio 2013, ha dato ragione a Obi, ma ha ridotto il compenso a 112 milioni. Pochi giorni dopo, però, il pm milanese Fabio De Pasquale, con una rogatoria d'urgenza, ha convinto i giudici inglesi e svizzeri a sequestrare l'intera somma, indicandola come una parte dei profitti di una maxi-corruzione internazionale. In quel documento la Procura aveva formulato per la prima volta l'ipotesi che alla spartizione delle presunte tangenti petrolifere avessero partecipato anche manager dell'Eni.

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Etete, nel verbale di Londra, sostiene che il primo a parlargli dei 200 milioni destinati ai dirigenti italiani fu Vincenzo Armanna, allora vicepresidente dell'Eni in Nigeria, in un incontro a Lagos, nel dicembre 2009, alla presenza del mediatore Obi. La Procura di Milano non è ancora riuscita a interrogare Etete. Armanna invece si è presentato ai pm il 30 luglio 2014 e ha confermato la sostanza delle accuse dell'ex ministro nigeriano, negando però di aver partecipato personalmente alla presunta spartizione.

Nel processo di Londra le parti hanno depositato anche documenti, sms ed email da cui risulta che Etete, titolare della società offshore Malabu che controllava il giacimento, avrebbe incontrato personalmente Descalzi, nell'aprile 2010, all'hotel Principe di Savoia di Milano. L'attuale numero uno dell'Eni, sempre stando alle carte di Londra, avrebbe avuto anche un incontro non ufficiale con il mediatore Obi, nel novembre 2010, al bar Coin di Milano.

Interpellata da “l'Espresso”, l'Eni ha respinto qualsiasi accusa di corruzione, in Italia o all'estero: «Non commentiamo fatti specifici relativi a indagini della magistratura. Confermiamo che la società ritiene che Eni e Shell abbiamo posto in essere una regolare transazione con il governo nigeriano per il rilascio nel 2011 di una nuova concessione per il campo OPL 245 pagando il relativo corrispettivo al governo nigeriano. Il rilascio della nuova licenza richiedeva ovviamente la definizione da parte del governo nigeriano dei contenziosi in essere sul medesimo campo con Shell e la società Malabu. Inoltre, sottolineiamo che è stata completata di recente una verifica interna da parte di uno studio legale indipendente americano che non ha rilevato condotte illecite in relazione alla transazione OPL 245. Gli esiti di tale verifica interna sono stati messi a disposizione delle autorità alle quali Eni assicura la doverosa cooperazione».

L'inchiesta integrale su l'Espresso in edicola da venerdì 29 maggio e online su Espresso+

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