Rabbia senza precedenti di Matteo Renzi contro Bindi: attacco politico al governo. E teme per la Liguria
Pubblicato: Aggiornato:
Le ultime parole sull’argomento pensava di averle dette due sere fa a Virus su Raidue: “Io non attacco la Bindi…”. Ma oggi la rabbia di Matteo Renzi contro la presidente dell’antimafia è esplosa fuori dalle mura di Palazzo Chigi, subito via sms ai suoi parlamentari, immediatamente con i suoi. Furioso. Il premier era a Roma in procinto di partire per la tappa elettorale in Toscana quando all’ora di pranzo Bindi ha letto in diretta sul sito web della Camera e sui canali all-news la sua ‘black list’ di impresentabili candidati alle regionali di domenica. Gelo, sudore a freddo e rabbia è esplosa quando lei, la pasionaria Rosy anti-renziana finora in buoni rapporti con i renziani, ha pronunciato quel nome: Vincenzo De Luca. E’ questa la doccia fredda, del tutto inaspettata, che ha fatto esplodere la rabbia del premier e dei suoi. Un attacco politico contro il governo, a due giorni dalle elezioni: è la linea. “Mi fa molto male che si utilizzi la vicenda dell’antimafia per una discussione tutta interna, per regolare i conti interni al Partito Democratico: l’antimafia è un valore per tutti, non può essere usata in modo strumentale”, dirà il premier da Ancona. Ma ora la frittata è fatta: nuvole di preoccupazione si addensano sulla Liguria, la regione dove il Pd potrebbe pagare i pasticci fatti in Campania.
Può sembrare strano, ma è questo il contraccolpo che i renziani temono di più. Perché, dopo la mossa di Bindi, è l’immagine tutta del ‘nuovo Pd’ a pagare le conseguenze laddove il partito è già spaccato per via della candidatura del civatiano Luca Pastorino e la renziana Raffaella Paita soffre la concorrenza della grillina Alice Salvatore, che infatti ha vinto al televoto su Sky tra i candidati governatori in Liguria, per quello che può contare un televoto. Insomma, stavolta Bindi l’ha fatta grossa. In Liguria “si rischia di vincere senza la maggioranza per governare”, si sbilancia un renziano sotto anonimato. Il che sarebbe un caos grosso: esclusa un’alleanza con il M5s e anche con i civatiani. Gli unici alleati possibili potrebbero essere i consiglieri di Ncd, che alle elezioni stanno con Forza Italia e Giovanni Toti. Oppure si farà l’alleanza con Toti? Scenari che non valgono nulla prima dell’apertura e chiusura delle urne. Ma dicono tanto delle paure disturberanno i sonni del Pd da qui a domenica.
Tuttavia, assicurano i renziani di più stretta osservanza, il premier non sta maturando piani di rimozione dalla presidenza dell’Antimafia. Tanto più che le presidenze delle commissioni bicamerali non rientrano nel turn over degli incarichi istituzionali in scadenza subito dopo le amministrative. E comunque, al momento, nessuna ritorsione contro Bindi è in programma, o per lo meno “nessuna vendetta a caldo”, dice una fonte vicina al premier. Innanzitutto si aspetta il voto di domenica. E sbaglia chi pensa che lo strappo fortissimo consumatosi oggi possa portare il premier a usare la sua ‘arma letale’: l’Italicum, per riportare tutti al voto. Non lo permette la fragilità dell’euro, la crisi greca, problemi più ampi dell’orizzonte italiano.
Come al solito, Renzi ragiona day by day. Anche in questo caso. Anzi: ‘il caso’, tra i più complicati che abbia dovuto gestire nei rapporti con la minoranza Dem. Oggi però il premier fa leva sull’unità del Pd. “Il Pd rimarrà unito e non si farà danneggiare dai rancori personali”, è convinto David Ermini, toscanissimo, renzianissimo e responsabile Giustizia del Pd. Perché al quartier generale renziano notano come laBindi sia isolata nel partito, come la sua battaglia non abbia scatenato la rivoluzione della minoranza. E allora Pd unito, con Pierluigi Bersani che forse mai si sarebbe sognato di andare in giro a fare campagna elettorale per la Paita. Eppure l’ha fatto. Però l’attacco “politico”, come dicono in una nota congiunta a sera i due vicesegretari del Pd Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, l’attacco c’è tutto. Ed è sofferto. Almeno fino ai dati di domenica notte. Ansia e panico.
E allora via agli attacchi alla Bindi. Che ha sbugiardato le ultime parole di Renzi sugli impresentabili, quelle che recitavano: “Non sono nelle liste del Pd”. Via agli attacchi: “Non si possono trattare con leggerezza i diritti costituzionali delle persone, sbattendo in prima pagina i loro nomi, affermando però contemporaneamente che tale giudizio non ha alcun valore dal punto di vista degli effetti giuridici”, dicono Guerini e Serracchiani. Il riferimento è alla presunzione di innocenza di un condannato che non sia arrivato al terzo grado di giudizio. E inoltre il caso De Luca “grida vendetta”, si scatenano i renziani lontano dai taccuini, “perché è stato incluso in black list sulla base di un processo nel quale lui stesso ha rifiutato la prescrizione chiedendo l’assoluzione piena dall’accusa per concussione”. Insomma, continuano gli sfoghi dei renziani: “Così facendo Bindi delegittima una commissione importante come l’antimafia…”. E ha anche violato il codice dell’antimafia, stabilisce il costituzionalista Stefano Ceccanti, perché “a 48 ore dal voto non c’è tempo per la replica dei diretti interessati e così la moral suasion della commissione diventa imposizione…”. E ha “deciso da sola”. “Avevo il mandato dell’ufficio di presidenza”, si difende lei. “Ma i componenti Dem della commissione sono impalliditi di fronte alla lista con De Luca: l’hanno appreso a cose fatte”, dicono dal quartier generale Dem. "Imbarazzante e inutile lo show di Bindi..", conclude il senatore Andrea Marcucci.
"La Bindi ha raggiunto il suo obiettivo: un lavoro fatto male e gestito peggio che entra a piedi uniti nella competizione elettorale. Le giustificazioni preventive parlano da sole", insiste Ermini, che a sera è a Firenze, come tutti i renziani di stretta osservanza, a dar man forte al premier al Teatro Puccini, piccolo teatro di periferia, teatro ‘operaio’, lo definiscono in città, perché parte del complesso industriale dell’ex tabaccheria fiorentina. Lì si consuma la chiusura della campagna elettorale di Renzi per le amministrative 2015. Un massimo di mille posti dentro, maxi schermi fuori. E tra i capannelli c’è chi fa pronostici. Non sul voto di domenica ma sull’addio di Bindi al Pd. Già, tra i renziani c’è chi se lo aspetta, “ha messo non un piede, ma due fuori dal partito”.
Nessun commento:
Posta un commento