Caro Zaia il problema (della corruzione) è politico
8 febbraio 2015 in In evidenza, Prima pagina
Gironzolando in rete vedo la sbrasata di Oliviero Toscani sui veneti ubriaconi e la crociata di Zaia a difesa dei corregionali. Ma a guardar oltre questa scemenza di distrazione di massa c’è altro. Zaia, in tempi di lotta alla corruzione, ha promosso due dirigenti pesantemente indagati. C’erano tempi in cui quelli della Lega agitavano i cappi contro Roma ladrona. Ebbero potere e poltrone locali in quantità. Poi il fondatore Bossi e il suo cerchio magico furono coinvolti in passaggi di denaro e spese folli di cui non s’è mai venuto a capo. Uno dei fedelissimi, Maroni, impugnò le scope, e ci fu una caccia alla strega (Rosy Mauro) che però venne scagionata. Ma a Maroni, a Zaia e a Tosi quella strega e quelle scope vennero utili per passare “quasi” indenni attraverso la bufera di indagini, che (finora) ha coinvolto il Veneto e la Lombardia sempre amministrate dalla Lega e dai suoi alleati, come lo era era stato in Piemonte, dove le carte erano truccate. Così c’è stato “il rinnovamento”: “Roma ladrona e i Napoletani che puzzano” viene messo tra parentesi; oggi, con Salvini e la crisi del centrodestra, la “lotta” si sposta sul Mediterraneo e contro i “negher”. Nella neo-Lega può accadere che mentre il fascio-leghista Salvini denuncia la corruzione con toni forconsechi, il governatore Zaia diventa così “garantista” da affidare i controlli anticorruzione ad un dirigente pesantemente indagato. Il dirigente, innocente fino a prova del contrario, è però passato dalle Relazioni Istituzionali per le Opere Pubbliche (sic) all’Anticorruzione, anzi ai “sistemi di monitoraggio” dell’anticorruzione. È bene ricordare che secondo la stampa il governatore neoleghista della Lombardia Maroni aveva un avvocato che “monitorava” per telefono con un magistrato se le indagini fossero univoche o no. Speriamo non si tratti di un monitoraggio del genere.Zaia, insomma, sceglie una persona che è al riparo della presunzione (per noi intoccabile) di innocenza, con una legge anticorruzione che interdice chi amministra anche quando è ancora innocente, e non chi governa o chi siede in Parlamento. La legge non obbliga alla prudenza, ma, carissimo e impomatato Governatore del Veneto, non le viene in mente che esiste un problema di “opportunità”? Nemmeno in campagna elettorale? Dev’essersi trattato di un “bisogno impellente”. Un dirigente indagato per numerosi reati, senza per questo togliergli né i diritti né il saluto, non poteva occuparsi d’altro? Che so di far funzionare un ufficio, o di turismo. Tutti Savonarola con gli indagati degli altri? Todos caballeros con i propri. Il problema è politico. Ecco dove sbaglia Toscani, non sono i Veneti ad esser tutti ubriaconi, è la Lega vecchia e nuova ad essere attaccata al potere, come un ubriaco al Tavernello. Ha tagliato qualche ramo, ma ha occupato più poltrone degli acari della scabbia. Non a caso è stata l’unica forza politica a difendere le Province. È più statalista della Corea del Nord, ama il Putin perché vorrebbe una federazione di oligarchi. La delibera di nomina di due indagati è un comportamento spiegabile solo con un legame esasperato e patologico con il sottobosco dirigenziale locale. Zaia, in vista delle elezioni, qualche dubbio ce lo deve avere, se per lui il controllo sull’anticorruzione è così prioritario da metterci a capo un indagato, quando altri mettono magistrati. Ma si sa, le stanze dei bottoni per i leghisti, sono come camere isobariche: se escono troppo presto rischiano l’embolo. Vogliono tenere in mano le province, mantenere tutte le regioni, anzi, trasformarle in feudi secessionisti come i signorotti medioevali. Piccoli politici, per patrie sempre più piccole, dove la fedeltà conta più dell’onestà. Una corsa al controllo totale, anche a costo di esporsi anche a breve ad una pessima figura. Eppure, oltre alla prudenza, c’è anche la medicina della trasparenza: spieghi perché lo ha fatto, perché non l’ha messo online e ci ripensi. Viene il dubbio che la difesa dei Veneti dalla insinuazione di … , fosse una sorta di “excusatio non petita” da parte di chi come Zaia soffre della forma più grave di ubriachezza: quella che da il potere. Come si fa a fidarsi?
Caino Mediatico
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