ROMA - "Se avessimo fatto ciò che avremmo dovuto fare prima, quando le riforme le hanno fatte gli altri Paesi, l'economia sarebbe oggi più forte: se avessimo fatto la riforma del lavoro nel 2004 come la Germania e non oggi, la condizione occupazionale sarebbe diversa". Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nel suo intervento a 'The state of the Union' a Firenze, ha richiamato alle loro responsabilità le premiership che lo hanno preceduto alla guida del governo. Ma la giornata è segnata anche da un nuovo duro scambio tutto interno al Partito Democratico.

In serata, intervenendo a Genova a una manifestazione elettorale a sostegno della candidata alla presidenza della Regione Liguria, Raffaella Paita, il premier e segretario dem ha lanciato una stoccata inedita, e particolarmente dura, contro i non allineati del suo partito:  "C'è un solo Pd - premette Renzi - ma ci sono due sinistre: una che prova a cambiare e una che vuole perdere e far perdere". A seguire, un non casuale commento sul nefasto esito elettorale per il Labour nel Regno Unito. "Quando un partito di sinistra sceglie di non giocare la sfida riformista, ma sceglie l'estremismo, perde le elezioni".

Poi Renzi ha dedicato un passaggio del suo intervento alla replica a Massimo D'Alema, che ha criticato gli "atteggiamenti del premier", una "arroganza" che sta facendo perdere consensi", e che ha definito le attuali riforme come "di ispirazione di destra" mentre quelle fatte dall'oggi "tanto vituperato, secondo l'analisi politica corrente, centrosinistra, erano migliori perché percepite dai cittadini come un accrescimento di democrazia e partecipazione, mi riferisco alla legge Mattarella e a quella dei sindaci che hanno allargato la partecipazione dei cittadini". La risposta di Renzi: "Oggi vedo che c'è qualcuno che dice che perdiamo iscritti: sono i nostalgici del 25%, quelli che stavano bene quando si perdeva, quelli che hanno avuto la loro occasione e l'hanno persa. E' possibile giocare a dividere il Pd? A questa sinistra masochista noi diciamo che siamo un'altra cosa: vogliamo cambiare l'Italia e la cambieremo. Non ci faranno passare la voglia di farlo".

"Noi - ha aggiunto Renzi - non siamo i 'risolvi problemi' ma siamo persone semplici che a fronte di un dibattito pluridecennale hanno detto a loro stessi e alla politica: sarà il caso di fare le cose che abbiamo promesso tutti insieme di fare?. Le nostre riforme non le abbiamo partorite di notte, di nascosto, ma sono riforme di cui si parla da anni". E sulle critiche all'Italicum e le accuse di "deriva autoritaria", Matteo ha utilizzato come pietra di paragone ancora una volta le elezioni Gb. "In inghilterra oggi Cameron ha vinto le elezioni e ha preso la maggioranza dei seggi con il 36% dei voti. In Italia, con l'Italicum, con il 36% dei voti si va al ballottaggio. Quanta superficialità e studiata disinformazione c'è stata nel dibattito sulla legge elettorale".

Lo stato dell'Unione. Tornando al discorso sullo "Stato dell'Unione", Renzi di una Italia "che ha visto l'Ue come il problema, come si è visto in campagna elettorale: noi abbiamo avuto il desiderio di raccontare una storia diversa: era l'Italia che non facendo l'Italia rendeva l'Ue meno forte, e la pensiamo ancora così", ha sottolineato Renzi, che ha dato la colpa ai politici italiani che lo hanno preceduto: "I problemi in Italia sono nati dall'incapacità dei politici italiani a gestire le sfide e prendere decisioni".

Riforme, Renzi: "Se le avessimo fatte 10 anni fa oggi l'economia sarebbe più forte"