sabato 22 luglio 2017

Per gli anti-renziani l’unica cosa che conta è che non ci sia un leader. Mai

Politica
Renzi urla
Non contano coerenza, democrazia, prospettiva: ogni volta che un Gulliver fa capolino i lillipuziani dei partiti, delle procure, dei giornali e delle tv escono alla luce per legarlo e neutralizzarlo
 
Sono uscito dal circo mediatico (e ne sono felice), ma non sono affatto sceso dal carro. Anzi: il pensiero unico antirenziano, per le forme e i modi in cui si manifesta, ha rafforzato in me la simpatia e la fiducia nel segretario del Pd. Tanto più che il dibattito intorno a Renzi ha ormai ampiamente superato le colonne d’Ercole del ridicolo.
Perché mai Renzi dovrebbe allearsi con un paio di partitini che si sono formati per farlo fuori, in presenza di una legge elettorale che non prevede alleanze, e con la matematica certezza che nel prossimo Parlamento nessuno schieramento avrà comunque la maggioranza? Che senso ha anche soltanto parlarne?
E perché mai Renzi dovrebbe cambiare carattere, e non invece colore della pelle o sesso o fede religiosa? Da quando in qua la psicologia da bar è diventata una branca della politologia?
A me pare che il punto fondamentale sia drammaticamente semplice: ben al di là dei difetti e dei meriti, delle tifoserie e persino delle appartenenze politiche, Renzi sconta l’insofferenza anarchica del circo politico-mediatico-giudiziario nei confronti della leadership, comunque si manifesti e chiunque la incarni.
La mediocrità di un ceto politico parassitario interessato soltanto a tutelarsi e a riprodursi, l’esondazione sistematica di alcuni settori militanti della magistratura, e la superficialità qualunquista che ha trasformato l’informazione in spettacolo, hanno progressivamente indebolito la politica fino a disintegrarne le basi, il senso, l’orizzonte. Non c’è niente da fare, ahimé: ogni volta che sulla scena compare un leader, il circo politico-mediatico-giudiziario si mobilita compatto per segargli le gambe, boicottarne le proposte, denigrarne la persona. Ogni volta che un Gulliver fa capolino, i lillipuziani dei partiti, delle procure, dei giornali e delle tv escono alla luce per imbrigliarlo e legarlo e neutralizzarlo.
L’Italia che combatte contro Renzi combatte per la propria sopravvivenza, e per questo è così accanita, irrispettosa, violenta: i politici di destra, di centro e di sinistra vogliono tornare a disporre ciascuno della propria quota di potere, così da impedire a chiunque di decidere alcunché; i pm militanti vogliono continuare ad indagare e inquisire a prescindere (purché le vittime facciano politica) per occupare le prime pagine, andare in tv e di tanto in tanto candidarsi alle elezioni; giornali e tv, il cui rapporto con la realtà è ormai paragonabile ad una puntata del Trono di spade, vogliono continuare ad allestire ogni giorno il processo alla Casta corrotta e inefficiente, di cui sono parte essenziale, e a santificare la società civile, che l’ha sempre felicemente votata perché campa dei suoi favori.
Per questa Italia Renzi è il nemico mortale, perché contro questa Italia Renzi ha combattuto fin dal primo giorno con un coraggio che rasenta l’incoscienza. Non contano i risultati: ogni volta che il Pil cresce un po’ di più, c’è un editorialista che ci spiega che il governo dei Mille giorni non c’entra niente e che siamo comunque il fanalino di coda. Non conta la coerenza: da Bersani a Orlando, la maggior parte degli oppositori di Renzi ne hanno votato tutti i provvedimenti. Non conta la democrazia: meno di tre mesi fa due milioni di italiani hanno eletto Renzi segretario del Pd, e da allora ogni giorno qualcuno riapre il congresso. Non conta la prospettiva: qualcuno ha idea, fra i tanti che abbondano di opinioni retroattive, di che cosa succederà all’Italia dopo le prossime elezioni? L’unica cosa che conta è che non ci sia un leader, mai, in nessun caso, perché i leader decidono, e ogni decisione incrina la ragion d’essere e il fatturato del circo politico-mediatico-giudiziario.
Apprezzo Renzi perché fa da sé, ha un’idea e un orizzonte, vince le primarie anche quando perde rovinosamente il referendum della vita, combatte come un diavolo e più botte prende più si rialza a combattere, anche quando i suoi amici gli consigliano di prendere fiato, perché è un leader e i leader funzionano così – cioè trasformano il consenso in decisione e azione, e in questo modo restituiscono alla politica il suo unico senso possibile.

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