sabato 18 marzo 2017

Ma per quale motivo non si chiedono le dimissione di questo personaggio? Uno che parla in questo modo può fare il vicepresidente della Camera?

Di Maio inneggia alla violenza, Grillo pubblica le liste di proscrizione. Chi è l’eversivo?

Politica
Il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, partecipa ad una manifestazione a Napoli sui costi della Rca auto, 29 gennaio 2016.
ANSA/CIRO FUSCO
Come si fa ad accettare che si parli di eversione inneggiando alla violenza?
 
“Poi non lamentatevi se i cittadini ricorrono alla violenza”. Così il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio tuonava dopo il parere negativo del Senato circa la decadenza del forzista Augusto Minzolini. Parole pronunciate dal candidato premier in pectore del Movimento 5 Stelle in una conferenza stampa inscenata in fretta e furia appena dopo il voto.
Al di là del giudizio giuridico (e politico) su quanto accaduto in Senato – su cui, intendiamoci, ci sarebbe molto da dire – non è accettabile che un “uomo” delle istituzioni si esprima così. Luigi Di Maio, con il suo look impeccabile da studente medio o da impiegato di banca, ha usato (e non è la prima volta) un linguaggio eversivo e irresponsabile.
La strategia del Movimento 5 Stelle è sempre la stessa. Spostare l’attenzione dai disastri amministrativi di Roma – quello che doveva essere il vero banco di prova di governo è si è rivelato un mix di incapacità, inettitudine, trasparenza sbandierata ma mai praticata da “quattro amici al bar”, uno dei quali finito in carcere e l’altro a stipulare polizze a insaputa dei destinatari – su altro, alzando continuamente ed esasperatamente i toni. Anche per dare mano libera a Beppe Grillo che dispone del Movimento (vedi caso Genova) e ne fa ciò che vuole.
Alle parole di Di Maio fanno seguito le ormai note liste di proscrizione pubblicate prima da Grillo e poi da Travaglio. Nomi e cognomi dei senatori del Pd che hanno votato contro la decadenza di Minzolini e anche di quelli che hanno lasciato l’Aula al momento del voto. Il Fatto pubblica addirittura un editoriale a firma Barbara Spinelli dal titolo “Di Maio dice bene: il voto eversivo del Senato chiama violenza”.
Ora, al di là del fatto che il Pd stia facendo di tutto per dare a Grillo e alla stampa giacobina la possibilità di sposare l’attenzione su questioni che prestano il fianco a questo tipo di speculazioni, come si fa ad accettare che si parli di eversione inneggiando alla violenza? Avanti di questo passo dove potremmo arrivare? La combinazione tra lo sdoganamento della violenza e la pubblicazione di liste di proscrizione a cosa può portare? Se l’è mai chiesto Di Maio prima di recitare il suo compitino con tanta leggerezza? E se dovesse succedere qualcosa a quei senatori esposti alla pubblica piazza da Grillo e Travaglio?
Sono tempi bui, di un totalitarismo dilagante che se non viene in qualche modo arginato non porterà a nulla di buono per questo Paese.

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