L’inciucio populista Lega-M5S nel nome di Trump e Putin
Alla luce di quanto fanno e dicono i leader giallo-verdi, sembra prendere corpo l’ipotesi di un’alleanza anti-establishment in vista delle prossime elezioni
“Trump e Putin possono fare tanto nell’interesse del mondo dell’Italia”. Di chi sono queste parole? Sono di Matteo Salvini ma le avrebbe potuto pronunciare (anzi, descrivendoli come due “giganti” e due “statisti”, in qualche modo l’ha fatto) anche Beppe Grillo. E’ questo l’ultimo, eclatante, punto di contatto tra due movimenti politici che ormai sono l’uno la fotocopia dell’altro. La sintonia tra grillini e leghisti è evidente e preoccupante. Gli uni rincorrono gli altri, in un’escalation sempre più pericolosa all’insegna delle bandiere classiche del populismo dei nostri giorni.
Da tempo – almeno dalla campagna referendaria – all’interno del M5s si ragiona di una possibile apertura a Matteo Salvini, preferibilmente dopo le elezioni (in caso di restaurazione del proporzionale) o, in casi estremi, anche prima, per esempio con la “desistenza” in alcuni collegi del Nord a favore della Lega, nel caso si tornasse al Mattarellum (che peraltro Grillo, dopo averlo magnificato in passato, ha ora duramente sconfessato, mentre Salvini, al contrario, s’è detto disponibile a firmare la proposta insieme al Pd “pur di votare presto”).
Non è un caso, quindi, che lo stesso Grillo, nel suo attacco quotidiano sul blog, prenda di mira “Pd, Forza Italia e compagnia” che vogliono rinviare il voto, giungere a fine legislatura, e creare il sistema elettorale ritagliato su misura per impedirci di andare al governo”. Nessun cenno alla Lega di Salvini o a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
E benché il leader del Carroccio si affretti a reclamare la sua titolarità nel ruolo di ‘Trump italiano’ (“Io su di lui non ho mai cambiato idea, Grillo dice una cosa il lunedì e la cosa opposta il martedì”, ha detto), oggi come oggi, è difficile capire quali siano le differenze tra i due partiti, tanto che, anche i maggiori media internazionali li inseriscono entrambi nel grande elenco dei movimenti anti-sistema che rischiano di mettere in crisi il modello democratico tradizionale.
D’altronde, non è un caso che, anche a livello di politica estera, le idee (?) coincidono o quasi. E allora sia per Salvini (e Meloni) che per i grillini, Obama diventa il peggior presidente della storia degli Stati Uniti. Sia per Salvini che per i grillini, Putin diventa uno statista da imitare, Angela Merkel la nemica del popolo da cacciare, Nigel Farage un alleato da ammirare, Donald Trump un paladino dell’anti-establishment da idolatrare.
Anche le modalità di comunicazione sono ormai diventate simili tra loro. Se all’inizio i primi si concentravano solo sui social network e sul web e i secondi sul presenzialismo televisivo di Salvini, ora possiamo dire che il “terreno di caccia” è stato contaminato. E così, mentre i grillini costruivano un vero e proprio sistema di produzione di fake-news decisamente impattante dal punto di vista politico (come ha rivelato un’inchiesta di BuzzFeed), il “felpato” e i suoi sodali invadevano Facebook e Twitter con post sempre più spregiudicati, volti ad aumentare il numero di follower e fomentare la rabbia dei cittadini. Ugualmente, dopo il grande rifiuto iniziale, anche i “portavoce” pentastellati sono diventanti i protagonisti indiscussi del profluvio televisivo.
I due elettorati, d’altronde, si sono già mescolati più o meno spontaneamente: non soltanto al referendum, ma anche e soprattutto nei ballottaggi per le amministrative della scorsa primavera. A Torino i leghisti hanno esplicitamente appoggiato Chiara Appendino al secondo turno, mentre a Bologna sono stati i grillini a votare (ma senza endorsement pubblici) la candidata leghista, Lucia Borgonzoni.
Questo ammiccamento pre-elettorale continuerà? In un quadro tripolare o addirittura quadripolare, con un’architettura proporzionale, il primo partito è obbligato a cercare convergenze in Parlamento per poter pensare di governare. E se questo primo partito sarà il M5S c’è da scommettere che il primo interlocutore politico sarà proprio il Carroccio. Uno scenario, quello di una Grosse Koalition “giallo-verde”, che non è assolutamente da escludere, nonostante Salvini continui a sostenere di lavorare a una proposta alternativa al M5S.
Evidentemente, la teoria dei vasi comunicanti (per cui quando i grillini crescono nelle intenzioni di voto, la Lega cala) è ben nota anche dalle parti di via Bellerio. E far convergere gli estremisti di destra verso un movimento politico che, per bocca di uno dei suoi principali esponenti, Alessandro Di Battista, sostiene che l’antifascismo non ha più senso di esistere, non è una buona idea per conservare il peso elettorale acquisito in questi ultimi anni: una teoria che certo i leghisti condividono. E che rafforza una volta di più la sensazione che un’alleanza di governo Carroccio-M5S è possibile.
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