giovedì 26 gennaio 2017

E adesso andiamo al voto. Mandiamo a casa gli sciacalli leghisti e i nuovi grillini che sono vecchi come un pezzo di gorgonzola avariato.

Renzi “vede” giugno e cerca la strada per il 40 per cento

Pd
Matteo Renzi mentre arriva alla sede PD in largo del Nazareno per l'incontro sulla legge elettorale con Silvio Berlusconi. Roma 18/01/2014. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Oggi Renzi ha visto Staino sulla delicata situazione dell’Unità
 
Dopo la sentenza della Consulta che ha cancellato il ballottaggio (“perché non può valere solo per uno dei due rami del Parlamento”, ci hanno spiegato dalla Corte), ma non il premio di maggioranza (talché non si torna sic et simpliciter alla Prima Repubblica), il boccino torna ai partiti e al più “centrale” di essi.
Al Nazareno si ragiona sul da farsi, una volta accolta positivamente una sentenza che riapre di botto la possibilità di andare alle urne. E quella di giugno – da tempo nei desiderata di Matteo Renzi, in subordine ad un aprile obiettivamente difficile – torna ad essere una data con ottime chances: abbastanza lontana dalla sconfitta del 4 dicembre, abbastanza vicina per evitare il logoramento del leader del Pd e del partito nel suo complesso.
Primo problema, però: evitare quella “melina” voluta dal “partito del 2018″, pronto a fare del Parlamento, dove prima o poi ci sarà la discussione sulla armonizzazione delle normative di Camera e Senato, l’arena di un dibattito avvitato su se stesso allo scopo, appunto, di trascinare la legislatura fino all’autunno e oltre.
Non si sa come e quando il Parlamento verrà investito della questione. Secondo i vertici del Pd, l’ideale sarebbe arrivare ad un’intesa fra i partiti (ben oltre la maggioranza parlamentare, come ha auspicato il Quirinale) prima di discutere a Montecitorio e palazzo Madama, mettendo mano ad aggiustamenti che rendano coerenti le due normative. Ma c’è da fare i conti con l’indisponibilità di Berlusconi e anche con l’indecifrabilità delle reali intenzioni del M5S.
Per questo, nei prossimi giorni, forse già alla Assemblea degli amministratori del Pd di Rimini (l’ex premier parlerà sabato pomeriggio – in streaming su Unità.tv), Renzi potrebbe rivolgere un appello a tutti i partiti a calare le carte o a disporsi ad una trattativa per vedere come procedere. Partendo però da un punto: non ci sono più alibi di tipo giuridico per tirarla in lungo, la scelta è ormai tutta e solo politica.
Se alla fine si affermasse nel Paese l’idea del “voto utile”, quello per ottenere una maggioranza omogenea alla Camera e – grazie a un effetto di trascinamento – persino al Senato (dove con un po’ più del 40 in teoria si può arrivare al 50% dei seggi), allora per il Pd il gioco sarebbe relativamente più facile. In ogni caso, bisognerà avere liste forti, di governo, che guidino la competizione, con gli altri ad inseguire. Se non passasse il Mattarellum, come chiede il Pd, non ci sarebbe più nemmeno la coalizione come ai tempi dell’Ulivo ma i dem non vorrebbero neppure andare da soli come nel 2008. Ancora tutto è da definire ma insomma l’idea potrebbe essere quella di liste Pd con dentro esponenti di altri soggetti politici.
Viceversa, se nessuno raggiungesse il 40% si riaprirebbero i vecchi giochi, con le alleanze di governo strette in Parlamento dopo il voto e senza relativa indicazione popolare. Col rischio, soprattutto, di maggioranze innaturali e probabilmente litigiose. Uno scenario tutto da scrivere sul quale per adesso non ci esercita.
In queste ore sono partite telefonate e sms di vari esponenti di partiti della maggioranza per sondare le intenzioni del Pd. Si agitano soprattutto i partiti piccoli, dall’Ncd ai Socialisti a ciò che resta di Scelta civica e gruppi centristi vari: “Il Pd pensa a un listone unitario? E con quali quote?”. Al Nazareno, peraltro, si sa benissimo che siamo solo alle primissime battute; ma certo è che ci si comincia a muovere secondo una “psicologia” maggioritaria, quella che punta ad aggiudicarsi il premio raggiungendo il fatidico 40%. Obiettivo molto difficile per tutti, ma forse meno per i dem che per altri (come farà Grillo ad arrivare a una quota così alta?).
E così è anche iniziata sottotraccia una querelle con la sinistra Pd, che teme di essere esclusa dai capilista bloccati e fortemente ridimensionata nelle liste. Al contrario di Renzi, la sinistra non ha alcuna fretta di andare al voto, e vuole vedere bene le carte, come ha fatto capire Bersani.
Il Nazareno si sta disponendo comunque ad affrontare una fase politica nuova nella quale sente di essere tornato in campo. Il “mosaico” di iniziative che si sta mettendo in piedi (dalla sopra citata Assemblea alla campagna d’acolto con i pullman in tutta Italia) indica la volontà di riprendersi dalla botta del 4 dicembre.
La nuova segreteria, che verrà annunciata prossimamente, doverebbe essere politicamente più rappresentativa e politicamente più forte di quella precedente, che era più un super-staff di lavoro: i nuovo ingressi di esponenti politici come Richetti, Fassino, Martina, Nannincini (secondo quello che scrivono alcuni giornali) lo dimostrerebbe.
Infine, Renzi vuole mettere mano agli strumenti di comunicazione. Oggi infatti ha incontrato Sergio Staino per affrontare la difficile situazione dell’Unità.

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