Minenna lascia la Raggi tra faide e parentopoli
L'assessore al Bilancio era l'architrave istituzionale della sindaca di Roma. Senza di lui resta un M5s in preda a correnti, 'figli di', mogli e fratelli. Il punto.
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01 Settembre 2016
(© Ansa) La sindaca di Roma Virginia Raggi.
L'addio di Marcello Minennaalla Giunta del sindaco Virginia Raggi a Roma lancia un'ombra sinistra sul futuro del Movimento 5 stelle.
Non solo romano, ma nazionale. L'uomo della Consob, il manager, il “vero primo cittadino” secondo alcuni, o anche il “commissario” con deleghe pesanti come quelle al Bilancio e alle partecipate, era di fatto l'unico esponente istituzionale di una classe dirigente dilaniata dalle lotte intestine, dalle correnti, dalla guerra sulle nomine e persino da una parentopoli nel peggiore stile della Prima Repubblica.
Direttori o mini direttori non sono serviti a nulla a quanto pare.
PARTITO NEL CAOS. Per questo motivo le dimissioni di Minenna, dopo appena due mesi di insediamento dell'amministrazione, rischiano di gettare il partito di Beppe Grillo nel caos, tanto che c'è già chi parla di scissioni tra il gruppo intorno alla Raggi, il cosiddetto ''Raggio magico'', e il resto del Movimento, in mano ai due capibastone Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. Minenna, a quanto pare, era stato spinto dal secondo.
Non solo romano, ma nazionale. L'uomo della Consob, il manager, il “vero primo cittadino” secondo alcuni, o anche il “commissario” con deleghe pesanti come quelle al Bilancio e alle partecipate, era di fatto l'unico esponente istituzionale di una classe dirigente dilaniata dalle lotte intestine, dalle correnti, dalla guerra sulle nomine e persino da una parentopoli nel peggiore stile della Prima Repubblica.
Direttori o mini direttori non sono serviti a nulla a quanto pare.
PARTITO NEL CAOS. Per questo motivo le dimissioni di Minenna, dopo appena due mesi di insediamento dell'amministrazione, rischiano di gettare il partito di Beppe Grillo nel caos, tanto che c'è già chi parla di scissioni tra il gruppo intorno alla Raggi, il cosiddetto ''Raggio magico'', e il resto del Movimento, in mano ai due capibastone Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio. Minenna, a quanto pare, era stato spinto dal secondo.
Qualcun altro dovrà occuparsi del buco di 12 miliardi nei conti della Capitale
(© Ansa) Marcello Minenna.
Fu Di Maio, l'esponente del direttorio più vicino ai cosiddetti poteri forti (basti pensare agli inviti all'Aspen Institute o all'intervista concessa a Paolo Mieli sul Corriere della sera), a portare avanti la nomina di Minenna per risolvere la voragine nei conti della Capitale, con un debito pregresso di 12 miliardi di euro: quasi una finanziaria di governo.
E questo laureato alla Bocconi con 110 e lode si era già messo al lavoro, forte anche delle sue conoscenze politico-istituzionali.
FIGLIO DI UN DIRIGENTE ANAS. Marcello è infatti figlio di Michele Minenna, per quasi 40 anni in Anas, il gestore della rete stradale e autostradale italiana, con incarichi di spessore tra cui la direzione dell'Ufficio speciale infrastrutture durante il Giubileo di papa Giovanni Paolo II nel 2000.
Un uomo di spessore, molto stimato dai Ds, in particolare da Massimo D'Alema, ma con ottime entrature anche nella Dc della prima Repubblica, che ha trovato in Anas per anni un avamposto della lottizzazione.
Le cadute di Minenna e del capo di gabinetto Carla Raineri, quindi, sconvolgono il quadro e lasciano sul selciato le guerre di posizione dei grillini.
E questo laureato alla Bocconi con 110 e lode si era già messo al lavoro, forte anche delle sue conoscenze politico-istituzionali.
FIGLIO DI UN DIRIGENTE ANAS. Marcello è infatti figlio di Michele Minenna, per quasi 40 anni in Anas, il gestore della rete stradale e autostradale italiana, con incarichi di spessore tra cui la direzione dell'Ufficio speciale infrastrutture durante il Giubileo di papa Giovanni Paolo II nel 2000.
Un uomo di spessore, molto stimato dai Ds, in particolare da Massimo D'Alema, ma con ottime entrature anche nella Dc della prima Repubblica, che ha trovato in Anas per anni un avamposto della lottizzazione.
Le cadute di Minenna e del capo di gabinetto Carla Raineri, quindi, sconvolgono il quadro e lasciano sul selciato le guerre di posizione dei grillini.
De Vito, Stefano e Taverna: parentopoli in salsa grillina
(© Ansa) Marcello De Vito (M5s).
Perdono tutti.
Perde la Raggi, perde Di Maio che aveva cercato di sedare le guerre in vista del referendum costituzionale dell'autunno 2016 che potrebbe fare fuori Matteo Renzi.
Perde pure Di Battista, fresco di tour per dire ''no'' alla riforme.
Perde soprattutto Roma, una città che presenta gli stessi problemi delle Giunte precedenti, a guida Gianni Alemanno o Ignazio Marino.
FAIDE E SOSPETTI. Non è ormai una notizia raccontare il clima dei ''lunghi coltelli'' che da mesi caratterizza il Campidoglio, una faida iniziata già alle Comunarie a cinque stelle, tra i veleni su Marcello De Vito e il pesante sospetto che la Raggi avesse confezionato un dossier per screditarlo.
Di Battista sarebbe stato lo sponsor della Raggi, mentre dall'altra parte della barricata si sarebbe posizionata la corrente di Roberta Lombardi e Paola Taverna, più vicina a De Vito, poi diventato presidente del Consiglio comunale della Capitale.
E così, per non scontentare nessuno e tenere a bada gli animi, si è visto di tutto.
Dalla nomina di Giovanna Tadonio, moglie di De Vito, come assessore alla Polizia locale nella giunta del Municipio III, fino a Veronica Mammì, compagna del consigliere comunale Enrico Stefano, ora con Deleghe sociali al VII.
Oppure ancora a quella di Stefano Vignaroli, compagno della Taverna, nel mini direttorio che doveva sorvegliare la Giunta.
Perde la Raggi, perde Di Maio che aveva cercato di sedare le guerre in vista del referendum costituzionale dell'autunno 2016 che potrebbe fare fuori Matteo Renzi.
Perde pure Di Battista, fresco di tour per dire ''no'' alla riforme.
Perde soprattutto Roma, una città che presenta gli stessi problemi delle Giunte precedenti, a guida Gianni Alemanno o Ignazio Marino.
FAIDE E SOSPETTI. Non è ormai una notizia raccontare il clima dei ''lunghi coltelli'' che da mesi caratterizza il Campidoglio, una faida iniziata già alle Comunarie a cinque stelle, tra i veleni su Marcello De Vito e il pesante sospetto che la Raggi avesse confezionato un dossier per screditarlo.
Di Battista sarebbe stato lo sponsor della Raggi, mentre dall'altra parte della barricata si sarebbe posizionata la corrente di Roberta Lombardi e Paola Taverna, più vicina a De Vito, poi diventato presidente del Consiglio comunale della Capitale.
E così, per non scontentare nessuno e tenere a bada gli animi, si è visto di tutto.
Dalla nomina di Giovanna Tadonio, moglie di De Vito, come assessore alla Polizia locale nella giunta del Municipio III, fino a Veronica Mammì, compagna del consigliere comunale Enrico Stefano, ora con Deleghe sociali al VII.
Oppure ancora a quella di Stefano Vignaroli, compagno della Taverna, nel mini direttorio che doveva sorvegliare la Giunta.
Polemiche su Facebook e genitori e figli che siedono in Consiglio
(© Twitter) La prima Assemblea capitolina della Giunta Raggi a luglio 2016.
In tutto questo, per non volersi far mancare niente, spicca anche l'attivismo della sorella di De Vito, Francesca, che già il 23 agosto 2016 bersagliava la Raggi e il vice Daniele Frongia su Facebook.
«Che Virginia abbia sentito il bisogno di circondarsi di 'persone di fiducia' ci può anche stare... malgrado alcune scelte lascino il boccone amaro in bocca a molti... che poi però ogni persona di fiducia, compreso Daniele, debba circondarsi di 'amichetti di merende'... questo diventa inaccettabile!!! Nessuno ha mai pensato di arricchirsi con il Movimento né tantomeno di fare 'piaceri' a qualcuno... non vi permettete di cominciare voi... non ce lo meritiamo e non se lo merita Roma. Ciò che sta avvenendo è inaccettabile!!!... e noi saremo il vostro peggior nemico!!!».
STESSO SANGUE, STESSO MUNICIPIO. Parole chiare, fin troppo. Che seguono le polemiche per la nomina di Mario Podeschi, assistente del deputato Enrico Baroni, come assessore al Sociale nel V municipio.
O alla situazione surreale che si trova nel VIII municipio dove in Consiglio siedono madre e figlia, Teresa Leonardi ed Eleonora Chisena, e anche Giuseppe Morazzano e Luca Morazzano, padre e figlio.
Insomma, Minenna ha lasciato. E forse ha fatto bene.
«Che Virginia abbia sentito il bisogno di circondarsi di 'persone di fiducia' ci può anche stare... malgrado alcune scelte lascino il boccone amaro in bocca a molti... che poi però ogni persona di fiducia, compreso Daniele, debba circondarsi di 'amichetti di merende'... questo diventa inaccettabile!!! Nessuno ha mai pensato di arricchirsi con il Movimento né tantomeno di fare 'piaceri' a qualcuno... non vi permettete di cominciare voi... non ce lo meritiamo e non se lo merita Roma. Ciò che sta avvenendo è inaccettabile!!!... e noi saremo il vostro peggior nemico!!!».
STESSO SANGUE, STESSO MUNICIPIO. Parole chiare, fin troppo. Che seguono le polemiche per la nomina di Mario Podeschi, assistente del deputato Enrico Baroni, come assessore al Sociale nel V municipio.
O alla situazione surreale che si trova nel VIII municipio dove in Consiglio siedono madre e figlia, Teresa Leonardi ed Eleonora Chisena, e anche Giuseppe Morazzano e Luca Morazzano, padre e figlio.
Insomma, Minenna ha lasciato. E forse ha fatto bene.
Twitter @ARoldering
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