sabato 3 settembre 2016

Il movimentismo arruffone dei Cinque Stelle non può portare da nessuna parte

Roma
La sindaca di Roma Virginia Raggi in aula Giulio Cesare in Campidoglio, durante l'assemblea comunale straordinaria sul caso rifiuti, Roma, 10 agosto 2016. ANSA/ANGELO CARCONI
Roma adesso ha bisogno di riconciliarsi con se stessa e il Pd romano può avere un ruolo importante se farà coincidere il suo destino con quello della città
 
Nei prossimi giorni gossip e interpretazioni di quanto è avvenuto a Roma, delle motivazioni delle dimissioni di vari esponenti dell’amministrazione capitolina, delle lotte e delle contese interne ai 5 stelle, terranno banco. Ma questa cronaca politica non può e non deve essere il tema dominante. Ben più importante è discutere del che fare per il futuro della Capitale.
Per quanto riguarda l’amministrazione 5 stelle l’unica scommessa che potrei fare, ma per puro spirito sportivo, è su quanto tempo passerà prima del prossimo commissariamento del Campidoglio. Il totale deserto di idee, la evidente mancanza di leadership della Raggi, la completa confusione fra ruoli istituzionali, governi provvisori di vario tipo di origine pentastellata e movimentismo arruffone non possono portare da nessuna parte. In tutte le cose ci vuole una logica e qui la logica manca del tutto. Ma non credo che questa sia una buona notizia e non mi dispiacerebbe essere smentito.
Vorrebbe dire che anche i 5 stelle possono migliorare. Certo, osservare i talebani della trasparenza, dell’”uno conta uno”, dell’onestà , dello streaming perpetuo esibiti come armi di ricatto nei confronti di tutti affogare invece nell’esatto contrario (a proposito, che dice il loro Rousseau?) dà buoni argomenti alle opposizioni e agli sfottò sui social network . Ma non aiuta a creare un’alternativa. Né tanto meno a produrre una classe dirigente, un set di idee e di progetti, leadership autorevoli utili per il futuro.
Lo sforzo fatto da Giachetti durante la sua campagna elettorale è stato notevole e lascia un discreto serbatoio da cui attingere. Ma non sarebbe onesto nascondersi che la reputazione e la forza necessarie per il Pd a ricominciare e candidarsi come forza completamente credibile sono ancora lontane. Problema che non riguarda solo il Pd, ma l’insieme delle forze politiche romane, compreso il centrodestra e la sua improbabile alleanza con Salvini. È necessaria, anche da questo punto di vista, una radicale opera di ricostruzione della credibilità e dell’autorevolezza delle classi dirigenti romane. Il Pd romano può avere un ruolo importante, se fa coincidere il suo destino con quello della città. Non ricercando improbabile e poco utili rivincite. U n’altra campagna elettorale, tutti contro tutti, verrebbe vissuta come un incubo da parte della città e, c’è da scommetterci, aumenterebbe solo l’astensionismo e la sfiducia. 
Roma ha bisogno di respirare, di riflettere, di discutere con calma e di riconciliarsi con se stessa. Di una contesa democratica senza insulti e orientata invece al «che fare». Il Pd dovrebbe essere disponibile a fare un passo indietro, a mettersi al servizio, come si diceva una volta, per chiamare a raccolta tutte le forze migliori della città in un vero e proprio progetto di «rinascita» civile e politica. Anche rinunciando nella futura contesa elettorale al proprio simbolo a favore di una coalizione democratica che abbia questo obiettivo, la rinascita, perché di questo si tratta, come assolutamente prioritario. Walter Tocci fece una proposta simile prima della ultima contesa elettorale. È stato forse un errore lasciarla cadere. Chi ha il dovere di farlo, rifletta.

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