Terremoto al Tribunale di Foggia, giudice si vendeva agli avvocati: 5 indagati
Secondo l’accusa, il Gip incassava denaro dagli avvocati in cambio di sentenze pilotate
Avrebbe incassato somme di denaro da due avvocati che in cambio avrebbero ottenuto provvedimenti favorevoli per i propri assistiti. Questa è la gravissima accusa che pende su Domenico Zeno, giudice in servizio all’ufficio gip del Tribunale di Foggia. Uno scandalo anticipato dal quotidiano “La Repubblica” che fa tremare l’intero Palazzo di Giustizia del capoluogo dauno.
A finire nei guai non è solo il magistrato, a cui la Procura di Lecce ha notificato un avviso di chiusura delle indagini, ma anche altri quattro soggetti: si tratta dei due legali, entrambi di Cerignola, Pietro Barbaro e Rosario Marino, Michele Vigorita, commesso al servizio del Tribunale di Foggia, e Loredana Chieti, collaboratrice di uno dei due studi legali.
Due finora gli episodi contestati secondo la ricostruzione dell’accusa, entrambi risalenti al 2012. In un episodio il giudice Zeno avrebbe ricevuto denaro dall’avvocato Pietro Barbaro in cambio, secondo l’accusa, di una revoca di un provvedimento di sequestro di un impianto di autodemolizione. In questo caso il gip avrebbe accolto la richiesta della difesa della proprietaria dell’officina, richiesta su cui la procura aveva espresso parere negativo. Determinante in questo episodio fu il ruolo di Michele Vigorita, commesso alla sezione distaccata di Cerignola, che avrebbe fatto da intermediario tra il giudice e l’avvocato per la consegna del denaro, avvenuta il 17 agosto del 2012.
Nel secondo caso contestato, il giudice Zeno avrebbe concesso i domiciliari ai fratelli Luigi e Antonio Bonaventura. I due erano stati arrestati nel febbraio del 2012 a San Severo con l’accusa di estorsione per la restituzione di mezzi rubati. L’avvocato dei due fratelli, Rosario Marino, si vide respingere inizialmente la richiesta di attenuazione della misura cautelare dal giudice che aveva firmato le misure cautelari. Passati sei mesi però il gip Zeno ha concesso i domiciliari, nonostante il pm avesse espresso parere contrario. Anche in questo caso, secondo la procura di Lecce, il giudice avrebbe ottenuto una somma di denaro e anche qui a fare da intermediario con Zeno sarebbe stato il commesso del Tribunale di Cerignola Vigorita. Coinvolta anche Loredana Chieti, segretaria dell’avvocato Marino.
Il reato contestato ai cinque soggetti coinvolti è corruzione in atti giudiziari. Ora gli indagati hanno 20 giorni di tempo per difendersi. Dopodiché, se non dovessero convincere la magistratura inquirente, per loro scatterà la richiesta di rinvio a giudizio.
La Redazione
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