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ROMA - Mentre l'immondizia sta soffocando Roma e i proclami della giunta Raggi di una città pulita "il prossimo mercoledì" (ovvero tre mercoledì fa) sono caduti nel vuoto, ieri altri due impianti per lo smaltimento dei rifiuti della municipalizzata Ama sono finiti sotto inchiesta. Si procede per truffa nei confronti di nuovi indagati, funzionari dell'azienda, proprio ieri iscritti nel registro dalla procura. I loro nomi sono al momento top secret. Le centinaia di carte sequestrate in mattinata dai carabinieri del Noe nei due Tmb - impianti di trattamento meccanico biologico - Ama di Rocca Cencia e di via Salaria raccontano che si sono smaltiti meno rifiuti di quanto prescritto dalla normativa e dal contratto di servizio. Se questo sia avvenuto con la complicità o con la sciatteria di responsabili dell'azienda non è dato ancora saperlo. Ma che l'assessora all'Ambiente Paola Muraro, sia stata per 12 anni consulente e fino al 30 giugno scorso responsabile proprio dei Tmb capitolini con la mansione specifica di controllare il rispetto delle prescrizioni Aia (autorizzazione integrata ambientale) è un dato inoppugnabile. E ora i riflettori sono puntati proprio su quegli impianti su cui lei vigilava.

Già la prima polemica si era scatenata sulla Muraro qualche giorno fa, quando si presentò armata di telefonino nel quartier generale Ama, immortalando in streaming la strigliata ai vertici dell'azienda a cui ha imposto a gran voce che si usi il tritovagliatore di Rocca Cencia, di proprietà del plurindagato re delle discariche Manlio Cerroni: "Deve essere utilizzato!". Peccato che quell'impianto sia al centro di un'altra inchiesta i cui indagati sono accusati di reati pesantissimi: truffa, frode e associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti. Ma questo, malgrado gli anni passati nella municipalizzata, lei non lo sospettava.

Ieri non è stata solo la giornata dei nuovi sequestri di carte e degli indagati. Alle 15 si è chiuso nella stanza del pm Alberto Galanti il numero uno di Ama, ora dimissionario, Daniele Fortini. La sua audizione-fiume, come persona informata sui fatti, è durata cinque ore. Un tempo infinito che la dice lunga sulle cose da spiegare che hanno portato una città al collasso. Non solo Mafia Capitale, che ha prosciugato il Campidoglio con appalti assegnati alle cooperative di Buzzi e Carminati, ma anche funzionari e responsabili di settori nevralgici di Ama che hanno contribuito allo sfacelo. Tanto che Fortini, pochi mesi dopo il suo insediamento, ha raccolto documenti e ha tirato fuori 14 dossier degni di essere sottoposti all'attenzione della magistratura. Su quei 14 esposti è stato ascoltato fino alle 20. "Ho rappresentato una situazione anomala e per certi versi stravangate. C'erano dissintonie nella consequenzialità degli atti. Mai un contratto tra Ama e Colari (socio di Cerroni, ndr) per l'uso del tritovagliatore di Rocca Cencia, mai una gara d'appalto".

Fortini ha spiegato di aver depositato un'ulteriore documentazione al pm a sostegno dell'esposto che presentò nella primavera del 2015. "Quando una cosa non torna dal punto di vista del procedimento amministrativo o dei rapporti finanziari o nelle relazioni dell'azienda con fornitori e partner è opportuno che intervenga la magistratura". E sulle responsabilità della Muraro? Fortini si trincera dietro un "non posso dire niente". Dopo il tritovagliatore di Rocca Cencia, fortemente voluto dall'assessora all'Ambiente grillina, nel giro di 48 ore sono finiti nel mirino della magistratura anche i due Tmb Ama più gli altri due di Cerroni che sono Malagrotta 1 e 2. Un'inchiesta monstre che ormai coinvolge tutti e quattro
gli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, realizzati dalla stessa azienda, la società Sorain Cecchini riconducibile al re della spazzatura. E intanto, tra scarti non a norma e anomalie sui quantitativi di pattume smaltiti, i romani continuano a navigare nella sporcizia.